L’Abi contro i revisori Mef nelle società, adesso si lavora alla possibile mediazione

L'Associazione Bancaria Italiana (Abi) chiede una revisione della norma che prevede la presenza di rappresentanti del Mef nei collegi di revisione delle società private che ricevono contributi pubblici. La richiesta, avanzata in una memoria depositata alla Commissione Bilancio della Camera, nasce dalle "incertezze interpretative" della norma stessa, in particolare per quanto riguarda la sua applicazione alle imprese private.

Secondo l'Abi, l'attuale formulazione dell'articolo della Legge di Bilancio che prevede la presenza di revisori del Mef nelle società che ricevono contributi superiori a 100 mila euro, rischia di sollevare «evidenti profili di incostituzionalità». L'Associazione chiede, pertanto, una modifica della legge che escluda esplicitamente i soggetti privati dall'ambito di applicazione della norma, al fine di evitare ambiguità e potenziali conflitti legali.

Un principio condiviso

Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ha dichiarato di essere «apertissimo a qualsiasi tipo di proposta" sulla norma, ma ha ribadito che il principio di fondo deve rimanere: chi riceve contributi pubblici dallo Stato deve rispondere dell'utilizzo delle risorse. Il Mef, ha spiegato Giorgetti, non ha alcuna intenzione di «curiosare» nelle società private, ma intende semplicemente garantire che i fondi pubblici vengano spesi in modo efficiente e responsabile. «Se serve, possiamo usare anche la Guardia di Finanza, che forse fa più paura di un revisore», ha aggiunto con una nota di ironia, ma ha sottolineato che il principio di controllo sull'uso dei fondi pubblici è non negoziabile.

La norma, che prevede la presenza di revisori ministeriali nei collegi delle società beneficiarie di contributi pubblici, ha suscitato diverse preoccupazioni tra gli operatori privati, preoccupati per l'ingerenza nelle loro pratiche aziendali e la possibile inefficienza di un controllo centralizzato. La proposta dell'Abi di escludere i soggetti privati dal perimetro applicativo della norma è vista come una soluzione per evitare conflitti e risolvere le incertezze interpretative.

La proposta di mediazione

Secondo le anticipazioni di ItaliaOggi, la soluzione che potrebbe emergere dalla discussione parlamentare prevede di mantenere il principio di controllo sui fondi pubblici, ma affidando il compito di verificare l'uso delle risorse ai sindaci delle società, già presenti nelle strutture aziendali. Questo approccio potrebbe evitare l'introduzione di nuovi revisori ministeriali e sarebbe più in linea con le pratiche aziendali esistenti.

In sostanza, l'intento è quello di trovare un equilibrio tra il controllo pubblico sui fondi e la libertà operativa delle aziende private. Il ministro Giorgetti ha chiarito che il governo è disponibile a discutere modifiche, ma ribadendo la necessità di mantenere intatto il principio di accountability per chi beneficia di risorse pubbliche. La discussione è destinata a proseguire nelle prossime settimane, con l'obiettivo di arrivare a una soluzione condivisa che rispetti tanto le esigenze di trasparenza quanto quelle di flessibilità operativa delle imprese.

Incertezze interpretative

La questione sollevata dall'Abi riguarda principalmente le «incertezze interpretative» sulla reale applicabilità della norma. Attualmente, la legge di bilancio non specifica chiaramente se la disposizione sui revisori del Mef si estenda anche alle società private che ricevono contributi, generando confusione tra gli operatori economici. Inoltre, la norma potrebbe entrare in contrasto con principi costituzionali, come il diritto all'autonomia privata, sollevando dubbi sulla sua legittimità.

Con l'evolversi del dibattito in Parlamento, la volontà di chiarire questi aspetti sembra prevalere, ma resta da vedere quale soluzione verrà adottata per garantire che le misure di controllo siano efficaci senza risultare eccessivamente onerose o invadenti per le imprese beneficiarie.

L'Abi, in questo senso, ha sottolineato l'importanza di un intervento legislativo che apporti le necessarie modifiche alla norma, per evitare che le «incertezze interpretative» possano minare la stabilità e la certezza giuridica nel sistema delle imprese che operano con contributi pubblici.

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