Accuse, offese e denunce: perché Musk è in guerra con OpenAI

Da grandi amici a eterni nemici. È la storia che racchiude il rapporto tra Elon Musk e Sam Altman, i due guru tech sotto i riflettori durante gli ultimi mesi. Tra Tesla, SpaceX e X, del primo sappiamo quasi tutto, dell'uomo che guida OpenAI, invece, si è cominciato a sapere molto proprio dopo la rapida ascesa della compagnia che grazie a ChatGpt incarna lo stravolgimento che stanno vivendo diversi settori per il cambio di paradigma determinato dall'intelligenza artificiale generativa.

Giovane startupper di (poco) successo, più di dieci anni fa Altman conquistò la fiducia di Musk anticipando l'importanza che avrebbe assunto di lì a breve l'intelligenza artificiale, rispolverando nel futuro uomo più ricco del mondo l'interesse acceso in precedenza da DeepMind, altra startup focalizzata sullo sviluppo dell’AGI (l'intelligenza artificiale generale, sistema in grado di apprendere, comprendere e funzionare in modo simile a quello umano). Musk tentò all'epoca di acquisire DeepMind, poi finita nelle mani di Google e artefice di Gemini e dei vari modelli linguistici di grandi dimensioni addestrati con enorme mole di dati e perciò capaci di replicare alcune attività dell'uomo.

Preoccupato dal potenziale monopolio di Big G nella corsa all'IA, Musk ha puntato su Altman per creare un'alternativa. Così nel dicembre 2015 è nata OpenAI, in cui il proprietario dell'ex Twitter ha riversato 45 milioni di dollari. Nel 2017 Google diffuse informazioni sui suoi primi chatbot avanzati, in grado di reagire e completare specifiche richieste, mentre OpenAI faticava a produrre risultati concreti. Per competere con Big G occorrevano ingenti risorse finanziarie, unica soluzione per assicurarsi la grande potenza di calcolo necessaria per sviluppare chatbot e software simili. Da qui l'esigenza di OpenAI di sondare il mercato per raccogliere finanziamenti, guardando in particolare al forte interesse di Microsoft, idea non condivisa da Musk, che poco dopo uscì da OpenAI per concentrarsi su altri progetti.

Il pallino per l'intelligenza artificiale, però, non si esaurì, tanto che lo scorso novembre Musk ha annunciato la nascita di xAI e del suo chatbot Grok. Nel frattempo, la diatriba con Altman e OpenAI è proseguita tra schermaglie, tweet al vetriolo e accuse, quasi sempre rispedite al mittente. L'ultima mossa però ha cambiato le carte sul tavolo, perché Musk ha citato in giudizio la compagnia che ha contribuito a fondare e il suo attuale amministratore delegato, sostenendo che OpenAI non è più una organizzazione senza scopo di lucro che mira a favorire il progresso dell'umanità, ma una azienda hi-tech che mira a fare profitti. Un'accusa assai debole perché priva di prove, cioè sulla violazione del contratto citato da Musk, che però non è mai esistito. Come riportato da The Verge, sito americano molto informato su quanto avviene in Silicon Valley, la denuncia si basa su un “accordo presente nello statuto di OpenAI e in diverse comunicazioni scritte”, cioè email scambiate nel corso degli anni tra Musk e Altman.

A sgombrare il campo dagli equivoci è arrivata la risposta di OpenAI, che ha pubblicato le email citate in precedenza. Parole da cui si evince come sia stato proprio Musk a spingere la compagnia a trovare nuove fonti di denaro per competere con Google, ipotizzando nello specifico la necessità di rimediare fondi per almeno 1 miliardo di dollari. Ma non solo, perché il tentativo ultimo di Musk è stato portare OpenAi sotto il controllo di Tesla, opzione scartata da Altman e dagli altri soci. In quel momento è finita l'amicizia tra i due co-fondatori, oggi nemici e domani in tribunale l'uno contro l'altro.

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