Viaggi
January 18 2022
A tanti piace accomodarsi accanto al finestrino, per la possibilità di godersi il panorama, scrutare il paesaggio che cambia di continuo sotto il proprio naso, avere un’anteprima della propria meta in avvicinamento. Altri preferiscono il corridoio, per essere in pole position non appena si aprono le porte (la solita fretta dopo l’atterraggio, la lotta per pochi centimetri di vantaggio sono, purtroppo, costume internazionale). In tanti bramano l’esterno per avere immediato accesso a hostess e steward in caso di necessità. O, certo, per poter andare in bagno in qualunque momento, senza svegliare, disturbare, far alzare altri passeggeri.
Infine, salvo bisogni viscerali d’intimità, ossessioni da contatto, carenze affettive, a meno di viaggiare compatti in gruppo o in coppia, tutti schifano, e schivano, il sedile centrale. Al punto che le compagnie hanno preso a guadagnarci e tanto bene, minacciando di assegnarlo a chi non compra in anticipo il suo sedile.
In tempi di coronavirus, di traversate con le mascherine, di viaggi incerti e, peggio, rischi di rimanere bloccati all’estero per un tampone positivo, più del piacere conta la strategia. Occorre scegliere il posto giusto per minimizzare il rischio di contagio, sia da Covid che da influenza e altri malanni trasmissibili con uno starnuto, un colpo di tosse e infetti dintorni. Anche solo per il tempo in cui si rimuove la protezione sul viso per bere o per mangiare o se questa non è ben salda su naso e bocca.
È vero, l’aereo è il mezzo più sicuro che ci sia, per il continuo ricircolo di aria filtrata da sistemi potentissimi. Ma come riportava a inizio 2022 un’analisi a cura di Travel+Leisure, tra le più storiche riviste di viaggi, esiste qualche accortezza supplementare. Una prudenza che coincide con un gesto minimo: decidere dove sedersi per tenere lontano il più possibile la minaccia dei virus.
Intanto, una buona notizia: a livello di probabilità, lo conferma uno studio dell’università americana Emory, quella di contagiarsi su un aereo è davvero bassa. È pari al 3 per cento. Ma se ci si trova in un’area infetta, quantificabile in 90 centimetri dal passeggero malato, quelle probabilità schizzano in alto fino all’80 per cento.
È evidente cosa starete pensando: non c’è scampo, a meno di fuggire come saette da un’altra parte, hostess permettendo, quando il nostro vicino di posto comincia a soffiarsi il naso in modo insistente o ingoia tachipirine, antibiotici e altri medicinali non meglio definiti, mentre abbiamo appena aperto un giornale o acceso il tablet.
Anziché essere ipocondriaci, tentiamo di agire in anticipo, al momento del check-in, con l’aiuto della statistica. Che recita: chi siede vicino a un corridoio, ha in media circa 64 contatti ravvicinati con gli altri passeggeri, contando il passaggio del personale di cabina, quello degli altri presenti che si alzano per andare alla toilette, l’assembramento che si crea al momento dell’uscita. Per la regola dei 90 centimetri del raggio di contagio, non va troppo meglio a chi si piazza in mezzo, tra una poltrona e l’altra: i contatti medi potenziali sono 58. Il margine di sicurezza si alza di poco.
Decolla, invece, se ci si accomoda accanto al finestrino. Lo spazio vitale percepito è maggiore – basta rivolgere la testa verso l’oblò per sentirsi parte di un immenso – e i potenziali contatti si abbassano di un quinto. In media, sono 12. Gli altri sedili fanno da barriera naturale, il traffico di gente in corridoio è un andirivieni più sfumato, al momento di scendere si può aspettare quell’attimo in cui la coda si è sfoltita o qualcuno nelle file dietro sta trafficando con le valigie rendendo sgombro il passaggio.
Lo cantava Ligabue in una canzone di vent’anni esatti fa: «Tutti vogliono viaggiare in prima». Se la business class, garanzia d’isolamento, di contatto quasi zero, non c’è o costa troppo, tanto vale ubbidire alla lettera alla strofa successiva: «Tutti con il posto finestrino». O se non tutti, almeno noi che ora sappiamo quant’è meglio.