Ai tre fratelli Elkann, e in particolare a John, il denaro pare non bastare mai. Al punto che negli ultimi 20 anni, dopo la morte di Gianni Agnelli, avrebbe fatto di tutto per mettere le mani sul patrimonio nascosto dell’Avvocato. E poi su quello di nonna Marella Caracciolo, arrivando a convincerla ad aggirare il Patto successorio stipulato con la figlia Margherita. Ecco le carte che dimostrano la spartizione di quadri e gioielli.
Di più, ancora di più, sempre di più. Denaro, naturalmente.
Tanto denaro che però sembra non bastargli mai. La storia degli ultimi vent’anni dei tre fratelli
Elkann, e in particolare di
John - così come l’hanno ricostruita i Pm di Torino - appare diretta a un obiettivo: mettere le mani sul tesoro nascosto di
Gianni Agnelli di cui, alla sua morte, la nonna
Marella ha assunto il controllo tagliando fuori la figlia
Margherita e nascondendole la parte più grande del «bottino». Tolta di scena la propria madre grazie all’accordo-trappola di
Ginevra e al Patto successorio, per
John è facile convincere la nonna a girare i propri beni a lui,
Lapo e
Ginevra. Usa parole molto convincenti: «Nonna, c’è il rischio che lei metta le mani sui beni del nonno Giovanni. Devi impedirlo». Colpisce il gran numero di comunicazioni, specie e-mail, che ha tenuto impegnato
John ogni giorno per molti anni come se la sua attività principale fosse solo quella di entrare in possesso, a poco a poco, delle gigantesche proprietà della nonna senza aspettarne la morte; di «costruire» e retrodatare un mare di «donazioni» non spontanee per evitare le tasse; di «blindare» e tenere al sicuro la finta residenza svizzera di Marella per evitare che la sua successione venisse regolata dalle leggi italiane.
L’operazione Dicembre. L’«operazione» comincia appena un mese dopo la morte dell’Avvocato, all’apertura del testamento dei beni in Italia e alla contestuale riunione della Dicembre, il bene più prezioso, la cassaforte di famiglia che contiene la maggioranza della multinazionale Exor e dell’ex Accomandita
GiovanniAgnelli. Quel giorno
Marella comincia una lunga serie di «donazioni»: cede parte delle sue quote della Dicembre a
John e gli consegna la maggioranza assoluta, rendendo inutile il pacchetto di
Margherita. Poco dopo l’accordo con la figlia, il 19 aprile 2004, la nonna completa l’opera: dà a
John il 60 per cento e il 20 per cento ciascuno a
Lapo e
Ginevra. I tre lo renderanno noto solo 17 anni dopo (30 giugno 2021) - con una scrittura privata non autenticata - e dopo che l’Agenzia delle Entrate aveva scoperto che era
Marella ad avere la nuda proprietà e non i nipoti. La nonna, rappresentata dal manager di fiducia
Gianluca Ferrero, non era in grado di chiarire il titolo giuridico delle sue quote della Dicembre poiché l’emersione di questa vicenda avrebbe comportato conseguenze rilevanti implicando un ruolo attivo di
Marella nella gestione di beni «italiani» e compromettendo di sostenere la sua residenza svizzera. Non solo: quella cessione ai fratelli
Elkann presenta gravi anomalie poiché mancano riscontri certi sull’effettivo trasferimento dei fondi e il pagamento alla nonna del corrispettivo. Dalla vicenda, di cui
John ha occultato le carte dal 2004 al 2021, emerge, oltre al coinvolgimento di Ferrero, come sottolinea il Pm, la conferma di una strutturata strategia fraudolenta nei confronti dell’amministrazione finanziaria. Ma è solo l’inizio.
718 milioni di euro. Dopo essersi presi la «cassaforte», i tre fratelli si concentrano sui 718 milioni di euro (oltre 239 milioni ciascuno) che la nonna possiede in due «trust», fondi fiduciari alle Bahamas aperti nel luglio 2004, poco dopo l’accordo-trappola con la figlia. I documenti sono stati trovati nello Studio Ferrero. Intanto, i tre fratelli possono già disporre, con la nonna in vita, di Chesa Alkyone a St. Moritz, assegnata a John (valore 42,5 milioni) più opere d’arte, arredi e pertinenze (valore 34,6 milioni); la più piccola Chesa Mezdi a
Lapo (18,2 milioni più 100 mila), Launen e il riad Marrakech a
Ginevra (11 milioni più 7,7). Leggendo gli atti emerge che ai fratelli tutto ciò non basta e prendono anche di arredi e opere d’arte nelle tre residenze italiane di cui
Marella aveva l’usufrutto (Villa Frescot, Villar Perosa, Roma): valore 16,6 milioni di euro, esclusi 39 preziosi dipinti (tra cui Goya, Modigliani, due Picasso, De Chirico, Paul Klee, due Balthus, Delacroix, Bossoli, Balla). Per la loro «sparizione»
Margherita ha denunciato i tre figli.
Difficile divisione. L’inchiesta propone anche scene da film. Si immagini un grande tavolo con i fratelli riuniti per la spartizione di un’altra fetta del tesoro della nonna, con
Marella ancora viva. Sul tavolo ci sono foto e stime di Sotheby’s e di Gurr Johns, l’organizzazione che si occupa del mercato dell’arte dal 1914. Sul «piatto» ci sono beni per 170 milioni di euro, tra cui dieci quadri (64 milioni di stima), alcuni gioielli (95 milioni) e altri oggetti minori. A John tocca un controvalore di 29,729 milioni, a
Lapo di 28,491 milioni,
Ginevra sceglie beni per 111,794 milioni. Vuole e ottiene gli orecchini in diamanti blu della nonna, 78 milioni, firmati Harry Winston. I fratelli non obiettano ma dovranno poi vedersela con le loro mogli. Anche se
Lavinia forse aveva già ricevuto da
Marella, tra il 2010 e il 2014, un anello di diamanti (2,6 milioni) e due spille con zaffiro, smeraldi e diamanti (1,4 milioni).
Andy Warhol. Per i quadri non ci sono discussioni. Fra le tre opere di Andy Warhol,
John sceglie la più preziosa (Batman, 10 milioni), a
Ginevra va un Ritratto di Marilyn Monroe (3,5 milioni), a
Lapo tocca Baskia, co-produzione Warhol-Basquiat da 2,5 milioni.
John prende anche la Tour Eiffel Rouge di Robert Delaunay e Cardinal Numbers di Robert Indiana (5,5 milioni ciascuno). Per
Lapo c’è pure una tela di Claude Monet (Glaçons, effet blanc, 17,5 milioni), mentre a
Ginevra vanno Francis Bacon (Three Studies for Portrait of Gianni Agnelli, 12 milioni), Balthus (Nudo di profilo, 4,5 milioni), Kees Van Dongen (La Marquise Casati, 2,5 milioni), Jean Dubuffet (Lieu rouge a l’auto, 500 mila). Praticamente una galleria.
Gli altri gioielli. Ma c’è altra «roba» da spartire.
Ginevra sceglie un ciondolo con diamanti di Jacques Timey per Harry Winston (cinque milioni di euro), un anello con rubini, diamanti e diamanti blu firmato Verdura (1,3 milioni), un anello di Bulgari con zaffiri e diamanti (900 mila), una collana di diamanti del 1890 con orecchino terminale (750 mila).
John preferisce quattro tabacchiere: una in oro multicolore con gioielli, realizzata nel 1765 per il Re di Prussia (tre milioni); una in oro, pietra dura, madreperla burgau, avorio e smalto, creata da Johann Christian Neuber a Dresda, nel 1770 (850 mila); una ingioiellata in oro a quattro colori di Daniel Baudesson (Berlino, 1755-60); una del 1773 in oro e pietra dura di Christian Gottlieb Stiehl (500 mila euro ciascuna).
Lapo sceglie per Joana un anello di diamanti di Bulgari (2,6 milioni) e una spilla firmata Verdura con smeraldi, zaffiri a forma di cuscino e diamanti (un milione). E infine vuole 25 piatti di porcellana dipinta della collezione dell’ultimo zar (500 mila euro). I pm osservano che i beni inventariati quali «regali» siano stati, attraverso artifici e raggiri, sottratti alla massa ereditaria, poiché non erano mai stati formalmente e realmente donati, erano sempre rimasti nella disponibilità di
Marella fino alla morte, e solo successivamente, erano stati fatti oggetto di spartizione dai fratelli
Elkann. Emerge che erano stati perfino aperti due depositi in cui accatastare altri oggetti da far scomparire. Non si conosce il destino di preziosi frammenti di mosaici romani, né se siano vere alcune donazioni al Circolo del Whist di Torino, né se l’ex marito di
Ginevra, il principe
Giovanni Gaetani dell’Aquila d’Aragona, abbia mai ricevuto un orologio da taschino e un dollaro d’oro come dicono gli elenchi. Ma, tutte queste forse sono solo inezie, poiché c’è un giallo da chiarire. Qualche mese dopo la morte della nonna avviene l’ennesimo scambio di email tra l’assistente della defunta,
Paola Montaldo, e
John cui lei si rivolge con un «Caro Ingegnere». Dopo aver predisposto gli elenchi dei finti «regali», delle date di attribuzione, degli inventari, la segretaria - fatta assumere dallo Studio Ferrero ma al servizio di
John e anche da lui retribuita con un fuori-busta di appena mille euro al mese -, gli chiede ermeticamente nel file «Notapering.doc»: «I lingotti sono da tenere?». Sono forse quelli della nonna depositati nel Free-port di
Ginevra?