Calcio
July 11 2023
Tre anni e 4 mesi di squalifica complessiva. Quasi un ergastolo per i metri di giudizio della giustizia sportiva, dove anche un calciatore condannato per aver truccato una partita per questione di scommesse, con patteggiamento nel rito ordinario, ha avuto una seconda chance dopo aver scontato 29 mesi di stop. Molto meno dei 40 che toccheranno ad Andrea Agnelli, ormai ex presidente della Juventus e, se non succederà qualcosa nei successivi gradi di giudizio, ex dirigente e uomo di sport. Al totale si è arrivati sommando i due anni di inibizione (pena confermata dal Collegio di Garanzia del Coni) per la questione plusvalenze, quella costata il -10 fatale in chiave Champions League alla Juventus, con i 16 che il Tribunale federale nazionale gli ha comminato per il secondo filone relativo a manovre stipendi, partnership sospette e rapporti con alcuni procuratori. Con l'aggiunta di 60.000 euro di multa.
Viene il sospetto che, al netto di quanto emerso nelle carte dell'inchiesta Prisma il cui percorso nel processo ordinario non è ancora quasi nemmeno iniziato, Andrea Agnelli sia diventato il bersaglio facile di tutta la vicenda Juventus. Una volta separato il suo destino da quello del club, che ha patteggiato per il filone stipendi ricevendo una multa da 718mila euro, la differenza di impostazione e giudizio è emersa. Agnelli non ha trovato l'accordo con la Procura della Federcalcio pur faticosamente cercato. Ha già fatto ricorso al Tar per la sua prima sospensione e sicuramente andrà fino in fondo nella sua battaglia anche per questa seconda squalifica.
Però ci sono alcune incongruenze evidenti nel doppio trattamento ricevuto da lui rispetto a tutti gli altri. Ad esempio, Agnelli diventa l'unico dirigente inibito per la manovra stipendi perché tutti gli altri se la sono cavati (patteggiando) con sanzioni pecuniarie: come è possibile? Il patteggiamento offre lo sconto della pena, non il suo azzeramento. O sono troppi i 16 mesi di Agnelli o troppo soft il trattamento per gli altri. Il che significa, probabilmente, che il saldo finale per la Juventus è stato frutto anche di un ragionamento di sistema che tenesse insieme la stangata inflitta per le plusvalenze, i cui effetti economici sono enormi, mentre per Agnelli si sia scelto di procedere senza tenere in considerazione alcun contesto.
Perché sia accaduto è materia per dietrologi. Di sicuro la posizione di AA dal punto di vista politico è diventata scomoda e debolissima la notte del varo, poi abortito, della Superlega. Rifiutando qualsiasi abiura, Agnelli si è trasformato in nemico e le carte di Torino hanno fatto il resto. Poteva patteggiare e consegnarsi. Non lo ha fatto. Solo il tempo dirà se la sua battaglia solitaria avrà qualche soddisfazione nei gradi di giudizio al di fuori dell'ordinamento sportivo. Oggi esce dal mondo del calcio come il peggiore dei delinquenti; lo dice la somma delle sentenze che lo riguarda, più pesante di quella riservata a chi ha venduto partite e poi è tornato.