L'urban pop italiano domina le classifiche degli album e dei singoli del 2021

Una delle citazioni più famose della serie tv di culto Boris, pronunciata in modo stentoreo da un irresistibile René Ferretti (cinico regista di fiction interpretato da Francesco Pannofino) è «A noi la qualità c’ha rotto er ca**o!». Una considerazione che salta subito all'occhio leggendo le classifiche Fimi degli album e dei singoli più venduti (si fa per dire) del 2021, dove di qualità ne intravediamo davvero poca. L'album più venduto durante i 12 mesi dello scorso anno (un computo calcolato attraverso un mix tra copie fisiche, digitali e streaming premium, cioè mettere insieme le pere con le mele) è Taxi driver di Rkomi, la medaglia d'argento va a Sangiovanni per l'eponimo disco, mentre Teatro d’ira – Vol. I dei Maneskin chiude al terzo posto il podio. Quarto Blu Celeste di Blanco, quinta Madame, sesto Plaza di Capo Plaza, settimo Noi, loro, gli altri di Marracash , ottavo Ahia! dei Pinguini Tattici Nucleari, nono Famoso di Sfera Ebbasta e decimo Flop di Salmo.

Dalla posizione 11 alla 20, il copione non cambia molto: 11 Mace, Obe; 12. Ernia, Gemelli; 13. Vasco Rossi, Siamo qui; 14 Ultimo, Solo; 15. Gué Pequeno e Dj Harsh, Fastlife 4; 16. Gazzelle, Ok; 17. Marracash, Persona; 18. Aka 7even, Aka 7even; 19. Pinguini Tattici Nucleari, Fuori dall’hype e 20. Deddy, Il cielo contromano. Alcune considerazione sparse: i venti album più ascoltati in Italia sono solo di artisti italiani, una sola donna nella Top 20 (Madame), due soli over 40 (Marracash e Gué) e un solo over 60 (Vasco Rossi), il rock, rappresentato dai soli Maneskin e da Vasco, non risorge, come qualcuno sperava. Mentre la trap sembra perdere terreno rispetto agli ultimi 2-3 anni, trionfa il cosiddetto urban pop, un mix tra r&b, rap, trap e pop, più adatto, anche come temi, alla fruizione radiofonica e al pubblico generalista, che domina la classifica degli album e dei singoli: un genere che accomuna Rkomi, Sangiovanni e Blanco. Marracash, Gué e Salmo, con i loro rispettivi album (Marra ne ha addirittura due nella Top 20) rappresentano bene un rap più maturo e consapevole, adatto anche a un pubblico over 30.

Incredibile che artisti del calibro di Ed Sheeran, Coldplay e Abba (il cui atteso album Voyage ha superato ampiamente il milione di copie fisiche nel mondo) non siano entrati nemmeno tra le prime 20 posizioni. Non è molto diversa la classifica dei singoli: al primo posto troviamo Malibù di Sangiovanni (che è anche nono con Lady), seguito da Blanco & Sfera Ebbasta con Mi fai impazzire (Blanco è anche quinto con La Canzone Nostra e sesto con Notti in bianco) e dalla premiata ditta Fedez, Achille Lauro e Orietta Berti con il tormentone estivo Mille al terzo posto. Zitti e Buoni dei Maneskin, canzone trionfatrice a Sanremo e all'Eurovision, è soltanto quarta, la raffinata Musica leggerissima di Colapesce e Dimartino è settima, Nuovo range di Rkomi, Sfera Ebbasta & Junior K è ottava e Voce di Madame è decima. Lungi dal chiedere le quote rosa nella musica, poiché ognuno è e deve essere libero di ascoltare ciò che vuole, ma è davvero singolare che Madame sia la sola rappresentante femminile nella Top 10 degli album e dei singoli: nemmeno le dive internazionali del pop Adele e Taylor Swift (che fanno incetta di dischi di platino in Usa e UK) riescono a fare breccia nelle autarchiche classifiche italiane. Appare davvero sorprendente che, in un anno come il 2021 caratterizzato dalle vendite multimilionarie dei cataloghi di Bruce Springsteen, David Bowie, Bob Dylan e Neil Young e da una timida ripresa delle vendite dei formati fisici (+1,1% di cd acquistati in Usa, non accadeva da 17 anni), veda trionfare in Italia canzoni e album ascoltati quasi esclusivamente in streaming, da un pubblico prevalentemente adolescente o poco più.

Lungi dal voler condannare lo streaming, un metodo di fruizione della musica comodissimo che permette, con pochi euro al mese, di accedere istantaneamente a un catalogo di circa 80 milioni di canzoni, ma è evidente che molti degli album presenti nella Top 20, quasi esclusivamente grazie all'ascolto sulle piattaforme digitali, non permetteranno di generare ricavi futuri alle major attraverso il catalogo. Solo le grandi canzoni e, di conseguenza, i grandi album sono asset in grado di generare profitti costanti nel tempo: forse è bene che le case discografiche, invece che inseguire i trend del momento, i like sui social e a guardare soltanto ai numeri dello streaming, tornassero a investire nello scouting e nelle produzioni discografiche, che richiedono ingenti risorse per musicisti, produttori, arrangiatori e autori di qualità. Perché può anche essere vero che, come diceva René Ferretti, «A noi la qualità c’ha rotto er ca**o», ma è l'unico modo per rendere sostenibile nei prossimi anni il mercato discografico, oltre che per far accrescere la cultura musicale di un paese sempre più ripiegato su sé stesso, pigro rispetto alle novità e poco curioso di ascoltare la musica proveniente al di fuori della Penisola.

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