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February 25 2018
Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio sono le due anime del Movimento 5 stelle. Più guerrigliero e di piazza il primo, più istituzionale e incline al potere il secondo, che ha utilizzato questi anni alla vicepresidenza della Camera per studiare da premier, intessendo rapporti con pezzi lontani dal mondo grillino.
Di Battista pur non essendo ricandidato è pienamente impegnato nella campagna elettorale per le prossime elezioni politiche a fianco di Di Maio che in queste ore sta chiudendo anche la lista dei ministri del primo (possibile e da lui sperato) governo grillino.
Di Battista è rimasto un attivista della prima ora, combattivo dentro e fuori le aule parlamentari, pronto all’attacco senza preoccuparsi tanto delle gaffes che hanno costellato i suoi interventi in questi anni. Ma piace proprio per questo, perché aldilà dei congiuntivi sbagliati di Di Maio, rappresenta l’esponente di battaglia, pronto a sporcarsi le mani nei lavori più umili senza tradire in nessun modo il movimento della prima ora.
Di Maio è più impettito. Anche nelle occasioni più informali del Movimento non ha mai abbandonato la giacca, distinguendosi anche visivamente dagli altri esponenti. Marcando una differenza netta tra gli attivisti e la “classe dirigente” del neo partito.
È l’elemento di governo, quello che rappresenta l’evoluzione dal movimento al partito. Tanto che negli ultimi mesi si è resa necessaria anche una revisione delle regole interne pur di non sprecare l’occasione di formare un esecutivo. Di Maio contrariamente a uno degli architrave fondativi del Movimento, “mai alleanze”, nelle prossime settimane sarà chiamato a cercare appoggio fuori dal perimetro pentastellato e per questo servirà dialogo e capacità persuasiva, che non è detto siano doti in possesso del giovane leader.
Comunque per non cadere in un contrappasso dantesco, l’obiettivo di Di Maio dovrebbe essere quello di non fare la fine di Bersani nel 2013. E vediamo se nelle trattative il Movimento userà lo streaming.
Il passo indietro di Di Battista che comunque rimane un punto di riferimento per l’elettorato grillino si spiega anche in un'altra maniera rispetto alla versione ufficiale del neo papà che vuole girare il mondo e scrivere libri.
Con la regola del limite dei due mandati, Di Battista potrebbe essere il candidato premier da spendere una volta esaurito il mandato di Di Maio. Insomma, i gemelli diversi del Movimento non si pestano i piedi, ma anzi si sostengono l’un con l’altro nella scalata al potere.
Di Maio in qualche modo sta preparando la strada ad Alessandro Di Battista che in caso di elezioni anticipate potrebbe essere il prossimo candidato premier, forse più in sintonia con la base più adusa alla protesta che alle soluzioni di governo.