Lifestyle
April 22 2019
Per rincorrere sé stesso ha partecipato a una maratona nel deserto del Sahara, poi ha attraversato il Mediterraneo e l’Atlantico remando in solitaria per 11 mila chilometri, più di recente è passato al Pacifico: dal Perù fino all’Australia, per dieci fusi orari con l’unica compagnia delle onde. «Avevo difficoltà a comprendere chi fossi. Mi cercavo, mi sono trovato nell’avventura. Quando ci immergiamo nel più totale silenzio, lontano da tutto e da tutti, scopriamo chi siamo davvero» racconta senza enfasi Alex Bellini, di professione esploratore, montanaro infatuato del mare («le mie origini sono nella provincia di Sondrio» racconta).
Barba fitta, occhi che parlano anche quando tace, dopo questa lunga seduta psicologica ai confini della fisicità ha deciso di cambiare obiettivo: «Ho alzato gli occhi che prima erano rivolti verso di me. Ho iniziato a domandarmi che relazione abbiamo con la natura. Al momento, direi che non è sana, né sostenibile. Da qui, come dalla mancanza di consapevolezza che sono le nostre azioni a determinare il cambiamento climatico in corso, nascono drammi quali la deforestazione, il riscaldamento globale, la plastica che si accumula negli oceani».
Proprio quest’ultimo tema è diventato una sorta di ossessione per Bellini, spingendolo a lanciarsi in un nuova temeraria sfida al senso del limite: percorrere su una zattera costruita in autonomia, con materiali di scarto trovati di volta in volta nei vari angoli del pianeta, i dieci fiumi più inquinati della terra. Ha cominciato tra febbraio e marzo con il Gange, in India («tra cumuli d’immondizia, degrado e fetore»), impiegherà circa tre anni per completare il progetto, ambizioso e denso di significato, «di replicare lo stesso viaggio compiuto da milioni di pezzi di plastica». Che noi gettiamo via incuranti delle conseguenze: del loro incontrollabile, tragico accumulo che soffoca e deturpa il mondo sommerso. Si stima che, nel 2050, tali detriti potrebbero pesare di più delle specie marine che popolano gli oceani.
Nel frattempo, quantità spaventose di rifiuti approdano nel «Great Pacific Garbage Patch», un’area del Pacifico grande tre volte la Francia: l’isola di plastica, una discarica galleggiante. Bellini si spingerà fin lì, per documentare. Pensare e far pensare: «Voglio provocare reazioni emotive. È questo, da sempre, il ruolo dell’esploratore. Intendo far capire che viviamo in un ecosistema connesso, in cui il nostro minimo agire ha ripercussioni globali. Non ha senso etichettare i mari: affacciamo su un unico grande oceano». Nella medesima scia rientra il ruolo di Bellini come ambasciatore della «One Ocean Foundation», la fondazione dello Yacht Club Costa Smeralda nata per accrescere la consapevolezza di aziende e cittadini sull’inquinamento delle acque. Essenziale è colmare una distanza psicologica che è una protezione apparente: «Per effetto delle correnti, quello che oggi gravita intorno al Pacifico domani potrebbe arrivare nell’Atlantico, per spingersi fino alla coste di Fregene, Cagliari o Portofino». Sostenere che non ci riguardi, è pura illusione.
Se gli si chiede cosa ognuno di noi può fare per limitare i danni di questa deriva, l’esploratore si accende d’improvviso: «Siamo in uno stato d’emergenza, in cui non possiamo più dire che qualcuno se ne occuperà per me o che posso rimandare il mio agire a domani. Dobbiamo essere consapevoli di questo. Internet è una fonte infinita di informazioni. L’ignoranza è una scelta». Il suo opposto, la conoscenza, rappresenta il punto di partenza: «Se non conosci, non comprendi. Se non comprendi, non te ne puoi prendere cura». Bellini suggerisce d’iniziare dalle piccole cose: lui ha bandito le bottigliette e non dimentica mai di riempire la sua borraccia. «La plastica è talmente radicata, così presente nella nostra cultura da essere diventata una trappola. Ma abbiamo la facoltà di decidere cosa comprare e cosa evitare, a cominciare da quando andiamo a fare la spesa al supermercato». Usarla, questa capacità di scelta, è uno straordinario esercizio di libertà, totalmente alla nostra portata. Non correremo maratone nel deserto, non remeremo per mesi da soli nell’oceano, né attraverseremo il ghiacciaio più grande d’Europa (una delle ultime straordinarie epopee portate a termine da Bellini), ma abbiamo da compiere un’impresa ancora più grandiosa: salvare il pianeta.