Economia
July 19 2018
In quella che ormai non è fuori luogo definire la telenovela Alitalia, sembra essersi aperto un nuovo capitolo che, se possibile, rischia di rendere l’approssimarsi di una soluzione ancora più lontano e difficoltoso. La nuova parola d’ordine infatti, per l’ex compagnia di bandiera che da mesi sopravvive in un regime di amministrazione straordinaria, sembra essere diventata “italianità”.
A rendere chiaro il concetto è stato il ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli, che in un’intervista ha affermato: "L'italianità è un punto fondamentale nel futuro di Alitalia: torneremo a farla diventare compagnia di bandiera con il 51% in capo all'Italia e con un partner che la faccia volare”.
Parole queste che solo a prima vista appaiono in contraddizione con quanto annunciato invece in Parlamennto dal ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio: “Per tutelare al meglio le esigenze dei lavoratori e del Gruppo – ha detto il leader del M5S - mi spenderò in prima persona con tutti i player internazionali per trovare un futuro all'azienda Alitalia".
Questo significa che dunque la ricerca di un partner industriale continua, ma in una nuova logica, quella di un vettore che dovrebbe conservare la sua “italianità” appunto, definita da quel 51% che dovrebbe rimanere entro i nostri confini nazionali.
A fronte di queste affermazioni si è subito aperto il dibattito su quelle che potranno essere le possibili soluzioni di una partita che assegni la maggioranza di Alitalia a qualcuno che ne preservi appunto l’”italianità”. Una discussione tanto più realistica se si pensa che su questo punto, già dal periodo della campagna elettorale, Lega e M5S, le due forze di governo, avevano espresso piena sintonia.
Una cosa non da poco in un contesto politico che invece vede ultimamente i due soci di maggioranza spesso sulle barricate con scontri e confronti anche aspri. E allora vediamole queste possibili soluzioni.
Sul tappeto, al momento, ci sarebbero tre possibili scenari, i primi due dei quali, francamente, appaiono fin d’ora poco realistici. Si parte infatti dalla nazionalizzazione, una parola ventilata in campagna elettorale dai Cinquestelle, ma che risulterebbe sostanzialmente inattuabile.
Così come la possibilità che si crei una nuova cordata di imprenditori italiani disposta a rilevare il 51% di Alitalia, come accadde con i “Capitani coraggiosi” di berlusconiana memoria, ipotesi anche questa decisamente irrealistica.
A questo punto, la soluzione più praticabile sarebbe la terza, quella che vedrebbe l’entrata in scena della Cassa depositi e prestiti, la cui florida liquidità potrebbe essere utilizzata allo scopo.
Certo bisognerebbe superare lo scoglio normativo secondo il quale la Cdp non può investire in aziende in crisi, ma chissà che i nuovi vertici dell’ente, per i quali forse non a caso è in corso una disputa politica furibonda, non trovino una soluzione.
Quel che è certo è che al momento sul tavolo dei tre commissari straordinari rimangono aperti i fascicoli dei tre concorrenti ufficiali in lizza per l’acquisto di Alitalia: la tedesca Lufthansa, l'inglese EasyJet, accompagnata dal fondo americano Cerberus, e l'ungherese Wizz air.
Magari il nuovo partner industriale della nostra ex compagnia di bandiera sarà effettivamente una di loro, ma il contesto a cui si è lavorato finora, ovvero la cessione totale del vettore, potrebbe radicalmente cambiare: la nuova stella polare è infatti l’”italianità” di Alitalia, e forse anche i tre proponenti dovranno farsene al più presto una ragione.