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January 31 2016
C'è qualcosa di fortemente simbolico nel modo in cui Massimiliano Allegri ha aggiunto il suo nome a quello di Antonio Conte nell'albo dei record della storia della Juventus. Dodici vittorie consecutive come il suo predecessore nall'annata dei primati, chiusa con i 102 punti ma anche con la sensazione di non essere stato capace di cogliere l'attimo in Europa.
Allegri ci è arrivato per strade diverse e sembra non aver intenzione di ripetere il cammino di Conte. Continua a ripetere che i numeri non contano nulla se alla fine non si raccoglie il massimo possibile, ma la sua impresa vale molto. Forse qualcosa in più di quella che sancì la superiorità in Italia di un gruppo che, però, aveva già alle spalle due scudetti e che era evidentemente più forte della concorrenza.
Tre mesi fa Allegri era un allenatore sulla graticola, contestato e accompagnato dallo scomodo sospetto di essere solo un capace di gestore del lavoro altrui, fallibile nel momento in cui a fare la differenza sono le proprie idee. Posizione scomoda per uno che aveva chiuso la sua prima stagione juventina a un passo dal tetto d'Europa.
Il calcio, però, è crudele ed estremamente meritocratico. Non erano giuste quelle critiche e la solidità che Max ha ridato alla squadra partendo dai fondamentali (difesa e autostima) alla fine gli ha dato ragione. Aver ascoltato i suggerimenti dei senatori dello spogliatoio è un merito, non un segno di debolezza.
Per avversari e qualità di gioco il suo primato vale più di quello di Conte due anni fa. Questa Juventus, che Allegri ha costruito insieme alla società chiudendo il ciclo precedente anche a costo di assumersi il rischio di sfasciare un giochino vincente, raggiunge picchi superiori a quella feroce di Antonio e ha qualità che allora non c'erano: Dybala e Pogba su tutti.
Aver fatto l'impresa con addosso la pressione di dover rimontare un handicap quasi definitivo è un valore in più. Allegri passava per molle e aziendalista: chi continua a pensarla così alzi la mano, ma il sospetto è che ci sia ridotti a una minoranza molto marginale.
La Juve ha un top anche in panchina, lo sa e ora farà di tutto per blindarlo facendogli dimenticare le sirene inglesi. Non serve un atto di forza come con Conte nell'estate 2014: basta capire che il lavoro è solo all'inizio e la prospettiva è meravigliosa. Comunque vada il duello con il Napoli di Higuain che sta facendo anch'esso qualcosa di storico.
Il punto sulla 22a giornata
* La Juventus non si ferma più: vince largo a Verona, eguaglia il record di Conte e conferma di aver ritrovato Morata nel momento dell'infortunio di Mandzukic. Provvidenziale.
* Sesto successo consecutivo del Napoli e seconda volta in rimonta dopo il vantaggio dell'Empoli. Insigne e Higuain insieme hanno segnato 32 gol, più di 15 delle 20 squadre della serie A.
* Il derby di Milano sancisce la crisi dell'Inter, battuta 3-0 dai rossoneri e scavalcata dalla Fiorentina. Solo 5 punti nelle ultime 6 giornate per Mancini. Mihajlovic torna a puntare alla Champions.
* Prima gioia per la Roma di Spalletti: 3-1 sul Frosinone. Al debutto segna El Shaarawy che comincia la rincorsa all'Europeo.
* La Fiorentina si ferma a Marassi (0-0 contro il Genoa) e dà la sensazione di rallentare. Nervosismo di Paulo Sousa che aveva chiesto rinforzi in difesa, non arrivati.
* Pareggi per 0-0 tra Torino e Verona e a Udine tra i friulani e la Lazio.
* Donadoni è la rivelazione del campionato: il suo Bologna volta e viaggia alla media di quasi due punti a partita da quando ha cambiato allenatore. Vittoria 3-2 sulla Sampdoria in cui Montella ha perso 7 partite su 10.
* Sabato con polemiche arbitrali per i pareggi (1-1) di Carpi-Palermo e Atalanta-Sassuolo. Tensione che accompagna la lotta per salvarsi che si sta accendendo.