Calcio
October 03 2023
Il punto preso a Bergamo dalla Juventus ha nuovamente diviso il popolo bianconero, dando forza ai detrattori di Massimiliano Allegri accusa di aver rinunciato a giocare (soprattutto il secondo tempo) per puntare, come una provinciale qualsiasi, al pareggio. Un atteggiamento che è piaciuto poco ai critici. Non perché il campo dell'Atalanta debba essere terra di conquista per nessuno, ma perché ha certificato una sorta di rinuncia della Juventus a provare a guardare più in là dell'obiettivo minimo dichiarato: un posto nella prossima Champions League.
Se si segue il filo dei numeri, ha avuto ragione Allegri. La classifica non è male, la vetta non è lontana e alcune delle avversarie dirette per l'Europa che conta stanno accumulando distacchi pesanti: Roma (6 punti) e Lazio (7) sono distanti e il gap, tenendo un passo costante, non sarà semplice da chiudere. Rispetto a un anno fa la Juventus ha più punti (4), il doppio delle vittorie, più gol segnati (12 contro 9) e lo stesso numero di reti subite (6). Gli indicatori sono positivi, insomma.
Il problema rimane quale sia l'aspettativa scaricata sulle spalle della squadra e dell'allenatore, la cui conferma a giugno è parsa obbligata per questioni contrattuali più che figlia di una precisa scelta tecnica e progettuale. Gli AllegriOut rimangono partito di maggioranza nel popolo bianconero e serate come quella di Bergamo sono fatte apposta per dare nuova forza alla contestazione. Eppure bisognerebbe almeno ascoltare le parole dell'uomo chiamato a Torino dalla proprietà per aprire un nuovo ciclo, gestendo una fase di transizione in cui la priorità deve essere il riordino dei conti.
Non più tardi di qualche giorno fa, Cristiano Giuntoli ha candidamente ammesso che ci sono tre squadre, il Napoli e le milanesi, superiori a questa Juventus e che la mission è battersi con le romane, la Fiorentina e l'Atalanta. Ha, dunque, ragione Allegri quando delinea il quarto posto come obiettivo stagionale. La società lo condivide anche perché la rosa che è stata consegnata al tecnico è nata in un'estate di sacrifici e scelte al ribasso, presenta limiti evidenti a centrocampo e davanti è affidata al ritorno ad alto livello di Chiesa e Vlahovic.
Anche da questo punto di vista qualche raggio di sole si è visto, in mezzo al diluvio delle critiche (legittime) per la figuraccia col Sassuolo. Il punto è un altro. Il calcio di Allegri può piacere o no, sicuramente c'è di meglio come offerta sulla piazza, ma ostinarsi a pensare che la Juventus debba sempre e comunque puntare allo scudetto per il solo peso della storia che ha alle spalle vuol dire giudicare guardando indietro e non al presente.
Questa Juventus non è da scudetto. Non lo è per Allegri, e non avrebbe senso che se lo ponesse lui come traguardo, e non lo è per proprietà e società. Vive in un limbo, in attesa di poter ripartire. Molto passa attraverso la conquista di un pass per la prossima Champions League, che sarà la prima formato maxi e più ricca. Prima l'ambiente juventino lo metabolizza, meglio sarà. Perché le avversarie sono toste, Atalanta compresa, e anche inseguire il quarto posto nasconde insidie non da sottovalutare per una squadra che negli ultimi due campionati ha faticato a scollinare quota 70 punti.