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January 31 2014
"Mi vogliono in prigione. Ma io sarò latitante". Queste sono state le parole, poche ore prima del verdetto della Corte d'Assise d'Appello di Firenze per l'omicidio di Meredith Kercher, di Amanda Knox pronunciate in un'intervista via Skype al New York Times. Amanda, davanti alla telecamera, è convinta e decisa. "Nulla potrà cancellare l'esperienza di essere stata ingiustamente imprigionata e per questo io non tornerò mai più in Italia" ha continuato la giovane di Seattle che, in attesa della lettura del verdetto, non ha resistito alla tentazione di cambiare il proprio look facendosi persino accompagnare dal parrucchiere.
Ma la studentessa americana che per anni ha convito un’intera nazione della sua innocenza, negli ultimi mesi ha cominciato a perdere credibilità anche tra l’opinione pubblica americana. Per i media statunitensi, infatti, l’immagine granitica della ragazza accusata ingiustamente ha cominciato a sgretolarsi.
Molti giornali e tv, che per anni l’avevano difesa descrivendola come una “vittima” del sistema giudiziari italiano, hanno cominciato a parlare di lei come una persona diabolica, come una perfetta assassina.
Una definizione che la ragazza dal look camaleontico, però, non ha mai accettato. "Io non sono così- ribadisce nell’intervista al NY Times - sono diversa da come mi hanno dipinta". Ma adesso c’è una sentenza, quella del processo “bis”, che la condanna a 28 annie sei mesi di carcere.
E' adesso, però, in considerazione delle sue dichiarazioni e di alcuni precedenti storici tra Italia e Usa che iniziano gli interrogativi: Amanda Knox sconterà la pena nelle strutture penitenziarie italiane? La magistratura italiana riuscirà a riportarla nel Belpaese oppure come pensano la maggior parte degli italiani la bella studentessa americana riuscirà a “farla franca”?
Proprio sull’esecuzione della pena, la storia di Amanda Know sarà destinata a creare polemiche e probabilmente anche attriti diplomatici tra il nostro Paese e gli Usa, come è già avvenuto in passato per altri due casi: la strage del Cermis e l’omicidio dell’agente del Sismi, i servizi segreti italiani, Nicola Calipari.
In entrambi i casi le diplomazie dei due Paesi hanno dovuto ‘lavorare’ per riconoscere le colpe ai cittadini americani. E nel caso del Cermis i quattro ufficiali colpevoli della morte di 20 persone, non hanno mai sostenuto un processo in territorio italiano, Paese dove era avvenuta la strage.
Strage del Cermis: il 3 febbraio 1998 un aereo militare Grumman EA-6B Prowler statunitense trancia il cavo della funivia del Cermis, in Val di Fiemme a Cavalese e provoca la morte di 20 persone. L’aereo era decollato dalla base aerea di Aviano alle 14:36. Durante un volo di addestramento a bassa quota, tranciò le funi del tronco inferiore della funivia del Cermis. La cabina, al cui interno si trovavano venti persone, precipitò da un'altezza di circa 150 metri schiantandosi al suolo dopo un volo di 7 secondi. Il velivolo, danneggiato all'ala e alla coda, fu comunque in grado di far ritorno alla base. Nonostante la presenza di testimoni, la dinamica dei fatti non apparve subito chiara.
Solo la prontezza dei magistrati trentini, che sequestrarono immediatamente l'aereo incriminato nella base di Aviano, ha permesso di chiarire le responsabilità. In effetti l'aereo era già pronto per essere smontato e riparato. I pubblici ministeri italiani richiesero di processare i quattro marines in Italia, ma il giudice per le indagini preliminari di Trento ritenne che, in forza della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951 sullo statuto dei militari NATO, la giurisdizione sul caso dovesse riconoscersi alla giustizia militare statunitense. L'episodio creò un clima di forte tensione tra statunitensi e italiani. Il presidente degli Stati Uniti d'America Bill Clinton si scusò per l'incidente solo alcuni giorni dopo, e promise alle famiglie delle vittime risarcimenti in denaro.Dopo poche settimane il Presidente del Consiglio, all’epoca Romano Prodi assieme ad una rappresentanza del governo italiano, volò in terra statunitense.
Caso Calipari: Nicola Calipari viene ucciso a Baghdad il 4 marzo 2005 da un soldato statunitense duranti le fasi immediatamente successive alla liberazione della giornalista de Il Manifesto,Giuliana Sgrena.La vicenda crea immediatamente forti attriti diplomatici fra Italia e Stati Uniti d'America, come nel caso del Cermis. La magistratura italiana apre subito un'inchiesta sulla vicenda, incriminando il soldato Mario Lozano per l'omicidio di Calipari e il tentato omicidio di Giuliana Sgrena e dell'autista, Andrea Carpani, maggiore dei Carabinieri in forza al SISMI, entrambi rimasti feriti.
Ma furono prodotte due versioni dell'accaduto, una italiana ed una americana, fra loro contrastanti in molti punti. La Procura della Repubblica di Roma il 19 giugno 2006 formalizza la richiesta di rinvio a giudizio per il militare americano Mario Lozano. Ma Mario Lozano risulta irreperibile: è mancata la collaborazione richiesta e non ottenuta dagli Stati Uniti. Le autorità americane respingono anche una rogatoria internazionale presentata dalla Procura di Roma. Con sentenza del 19 giugno 2008, la I Sezione penale della Corte di Cassazione rigetta il ricorso della Procura di Roma, confermando la mancanza di giurisdizione italiana sul caso.
E adesso c’è un altro caso giudiziario che lega l’Italia all’Usa, quello di Amanda Knox.
Avvocato Stefano Toniolo, penalista dello studio legale Martinez e Novebaci, Amanda knox è stata condannata ma lei da Seattle è stata categorica e ha fatto sapere che non tornerà in Italia. Adesso tecnicamente Amanda è latitante?
“No, non è latitante fino a sentenza passata in giudicata, fino alla sentenza della Cassazione. I giudici della Corte d’Assise e d’appello di Firenze nella lettura della sentenza di condanna sono stati molto chiari e hanno specificato che Amanda Knox si trova “legittimamente” nel suo Paese”
Quali strumenti ha a disposizione la magistratura italiana per pretendere il rientro in Italia di Amanda affinché sconti la pena nelle carceri italiane?
“Occorrerà attendere il giudizio della Cassazione e se verrà confermata la sentenza del tribunale di Firenze, potrà essere applicata una Convenzione stipulata con gli Usa nel 1983 ed entrata in vigore l’anno successivo, che regola l’estradizione nel caso in cui la condanna superi un anno di carcere. Non solo, l’estradizione è prevista anche per tutti quei reati che sono considererai tali anche negli Usa, quindi anche il caso di Amanda Knox, fatta la sola eccezione per i reati di tipo politico e militare”.
Molti italiani credono e temono che possa verificarsi un Cermis “bis”?
“La Convenzione del ’83 esclude dal trattato i reati di tipo militare e la strage del Cermis rientrava in questa fattispecie. Questo è un caso completamente diverso e credo che sia difficile che non venga concessa l’estradizione considerando anche i rapporti tra i due Stati anche se in rete, in queste ore, circolano pareri discordanti. Illustri penalisti sostengono che l’estradizione potrebbe essere ostacolata da una incompatibilità tra i trattati Usa-Italia e la Costituzione americana sul giusto processo. In tal caso, se Amanda non venisse estradata, l’Italia ha la possibilità di chiedere l’esecuzione della condanna nelle carceri americane. Credo che quest’ultima sia l’ipotesi più probabile”
C’è il rischio di una tensione diplomatica tra Italia e Usa?
“E’ molto difficile che questo accada ma adesso siamo ancora nel campo delle ipotesi. Forse qualche tensione potrebbe anche verificarsi in considerazione dell’impegno molto forte da parte dei media americani nella lotta per l’innocenza della Knox. Ma ripeto, adesso è ancora molto presto. Dobbiamo aspettare la sentenza della Cassazione”.