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October 16 2017
"Le fiamme modificano le strutture microcristalline delle fibre di amianto rendendole ancora più penetranti ed invasive nell’organismo di chi dovesse inavvertitamente respirarle". Le parole dell'avvocato Ezio Bonanni, presidente dell'Osservatorio Nazionale Amianto (Ona) arrivano a pochi giorni dall’incendio che ha distrutto il capannone dismesso della ditta Scapa Geneaz Alimentari a Trezzano sul Naviglio e a pochi mesi dalla devastazione dell’azienda di rifiuti Eco X di Pomezia.
In entrambi i casi sono state rilasciate nell’aria fibre di amianto, estremamente letali per gli esseri umani.
Nel capannone di Trezzano sul Naviglio le tracce di contaminanti, tra cui ammoniaca e monossido di carbonio, sono risultate inferiori ai livelli minimi di allarme, ma la vera preoccupazione è la massiccia presenza di cemento-amianto con il quale era stata realizzata l’intera copertura dello stabile: il tetto.
"Le fiamme o più in generale la combustione, riescono ad inertizzare le fibre di amianto solo tra i 1000 e i 5 mila gradi di calore - spiega a Panorama.it Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto – un valore che difficilmente viene raggiunto con un incendio di questo tipo. In questi casi, infatti, come per quanto è accaduto in altri incendi dove si è riscontrata la presenza di amianto le fiamme “separano” le fibre dal cemento e le rendono volatili. Quindi estremamente facili da inalare. A questo occorre aggiungere che i materiali, durante l’incendio, cadono e si frantumano, disperdendo ulteriormente nell’aria le fibre".
Purtroppo non sussiste una soglia al di sotto della quale il rischio “amianto” si annulla in quanto anche una sola fibra può essere sufficiente per provocare il mesotelioma e altre gravi patologie tumorali.
La fibra di amianto, una volta inalata provoca un stato infiammatorio che successivamente si trasforma in patologie fibrotiche come l’asbestosi, le placche pleuriche, gli ispessimenti pleurici, oppure cancerogene come il mesotelioma, il tumore polmonare e ad altri organi delle vie aeree e gastrointestinali.
I tempi di latenza della fibra di amianto, per la quale non esiste una cura, possono arrivare fino a 40-45 anni.
L’Ona stima che solo in Italia, nel 2016, sono decedute più di 6.000 persone per esposizione ad amianto. Una stima che è sicuramente inferiore rispetto alle casistiche reali non monitorate.
Ma con gli incendi non c’è solo il pericolo amianto, nascosto nelle strutture costruite prima o durante gli anni ’70, quando aziende e i privati ne facevano largo uso come coibentante o mescolato al cemento, ma anche quello derivante dalle diossine.
"Queste sostanze hanno un effetto cancerogeno ritenuto causa di linfomi e tumori ai tessuti molli data la tendenza ad accumularsi nelle cellule adipose e determinano alterazioni epatiche, neurologiche e polmonari - prosegue il Presidente dell’Ona - determinano anche interferenze con il funzionamento cellulare provocando l’alterazione delle ghiandole endocrine, soprattutto tiroide, timo e ipofisi, e persino il rischio di malformazioni genetiche fetali. Anche per questo in Italia è necessaria una maggiore attenzione in termini di prevenzione primaria, affinché questi incendi non si verifichino più o almeno non con questa frequenza e devastazione - conclude Bonanni – È necessario che siano effettuati dei monitoraggi mirati sugli effetti della contaminazione da parte di questi inquinanti sulle popolazioni e degli screening sanitari sulle forze dell’ordine che intervengono sui luoghi degli incendi".