Televisione
February 11 2020
Lila e Lenù sono tornate ma sono personaggi così forti e potenti che sembra che non se ne siano mai andate. I cultori de L'amica geniale le aspettavano da tempo e i numeri parlano chiaro: i primi due episodi dei Storia del nuovo cognome, secondo capitolo della serie evento tratta dalla quadrilogia di Elena Ferrante, sono stati visti lunedì 10 febbraio in media da 6.800.000 spettatori con il 29,3% di share. Un esordio trionfale per la fiction diretta da Saverio Costanzo, che si conferma uno dei prodotti italiani più belli e internazionali di sempre. Ma cosa c'è dietro il meritato successo di questo titolo? Panorama.it prova a spiegarlo.
L'inizio di Storia del nuovo cognomeè potentissimo. La sera delle nozze tra Lila e Stefano Carracci, gli sposi si avviano verso la loro luna di miele ad Amalfi mentre gli amici tornano in macchina al rione. E nell'abitacolo c'è una Lenù pensierosa, stretta tra la gelosia del fidanzato Antonio e i dubbi scaturiti dopo l'incontro inatteso con Nino Sarratore, che proprio non riesce a togliersi dalla testa. Bastano poche sequenze per calarsi perfettamente nell'universo «ferrantiano», respirare la polvere del rione o sfiorare con la mano il cappotto di panno che Elena indossa per andare al Liceo.
Perché la sovrapponibilità tra le atmosfere dei libri e quelle della serie è incredibile ed è uno dei grandi meriti del regista Saverio Costanzo e del mastodontico gruppo creativo formato da Rai Fiction, Fandango, The Apartment e Wildside e HBO Entertainment, che hanno saputo mixare in maniera perfetta cura maniacale dei dettagli, ricostruzione impeccabile e sceneggiatura fedelissima ai libri (del resto la stessa Ferrante è, con Costanzo e Francesco Piccolo, nel team degli sceneggiatori), applicata con abilità estrema: chi ha letto la quadrilogia ha la sensazione di vedere tradotte in immagini le singole pagine dei romanzi, chi non l'ha letta riesce ugualmente a calarsi in una storia universale e ipnotica.
Ogni scena provoca uno scossone, ogni primo piano un passaggio fondamentale. Nella prima puntata domina la continuità con la prima stagione della serie tratta dai libri di Elena Ferrante ma già si capisce che le due protagoniste saranno chiamate ad affrontare dei cambiamenti che stravolgeranno per sempre le loro vite. Così ci sono tre scene che diventano altrettanti snodi fondamenti per il racconto. La più potente è quella che si svolge durante la luna di miele ad Amalfi, con Lila chiusa a chiave in bagno che guarda dal vetro smerigliato la faccia del marito: gli occhi appena visibili eppure spaventosi, la sigaretta accesa, la voce melliflua di lui (che poco dopo la violenterà in maniera brutale), sembra i pezzi della scena di un horror e il regista riesce a renderli con una potenza cinematografica rara.
Ma ce ne sono altre due che meritano di essere citate. La sequenza in cui Lila guarda con disgusto e raccapriccio la sua famiglia (quando omertosamente le chiedono cosa sia quel livido sotto l'occhio, lei risponde: «Sono caduta dagli scogli»), e poi ancora la scena epica con Lenù guarda le donne del rione, ne scruta ogni dettaglio e prende fatalmente coscienza del fatto che quel mondo non le appartiene più. «Quelle donne era state mangiate nei corpi dei mariti, padri e fratelli, a cui finivano per somigliare sempre di più», dice. Vuole andarsene da lì e troverà il modo di farlo. Magistrale Costanzo.
Un altro segreto del successo de L'amica geniale è senza dubbio il cast e quella che sulla carta sembrava una sfida ostica, ovvero puntare sul talento più che sulla notorietà degli attori (come purtroppo capita in tante fiction italiane), ha sparigliato le carte e si è tradotta in scelta vincente. A cominciare dalle due protagoniste assolute, Gaia Riace (Lila) e Margherita Mazzucco (Elena), diventate se possibile ancora più brave che nella prima serie, due talenti che la Rai ha il dovere di coltivare e far crescere ancora.
La Riace morde il personaggio, lo mastica e poi lo sbatte in faccia al pubblico: la scena della violenza è un pugno allo stomaco ma rende perfettamente la drammatica normalità di una certa Italia a cavallo degli anni '50 e '60 (e ancora attuale, purtroppo), quella in cui indossa il tubino nero e va andare a provocare i Solara (e inevitabilmente tutto il quartiere) mette a disagio e spiazza lo spettatore. Per contro poi c'è la Mazzucco con la sua Lenù che parla a monosillabi, dosa le parole ma i suoi silenzi finiscono per essere inevitabilmente carichi di emotività e significati. È solo l'inizio ma Storia del nuovo cognome già rischia di essere ancora più bello della prima stagione: speriamo solo che dalla prossima settimana evitino di lanciare la pubblicità troncando con l'accetta certi dialoghi o alcune scene fondamentali.