Amori che non sanno stare al mondo, il film - La recensione
Quant’è strana la condizione di Claudia (Lucia Mascino), la quale sembra galleggiare senza speranza in una condizione di post-amore che solo lei si ostina a considerare ancora in dimensione d’attualità sentimentale. E, pure se il suo (ex) soggetto amoroso Flavio (Thomas Tabacchi) ha peso determinante nella sua vita e ne governa ogni oscillazione, è sempre lei il centro gravitazionale di Amori che non sanno stare al mondo (in sala dal 29 novembre, durata 92’).
Anche perché la mano femminile che guida il film si sente eccome: Francesca Comencini, trasformando in film – sceneggiatura sua, di Francesca Manieri e Laura Paolucci - il suo omonimo libro (ed. Fandango), si adopera con ardore nel rappresentare un’infinita, estenuante schermaglia amorosa esplorando a fondo l’animo della protagonista e prendendone affettuosamente le parti pur senza trascurare, drammaturgicamente parlando, le ragioni dell’antagonista maschile.
Il lungo romantico e appartato ménage
Fatto sta che Claudia e Flavio, dopo sette anni di assidua e appassionata frequentazione, si lasciano. S’erano conosciuti stuzzicandosi a vicenda e battagliando – con puntiglio dispettoso specie dalla sponda di lei – in un’aula universitaria dove entrambi esercitavano (e tuttora esercitano) docenza. Poi il lungo infervorato, romantico e appartato ménage, per lo più consumato in un romito casolare in campagna: fino alla frattura.
Frammenti di storia amorosa recuperati in flashback nella memoria odierna di Claudia, ostinata, ansiogena e asfissiante – nonché fiduciosa, sulle prime – nell’impresa impossibile di recuperare un uomo esausto e anch’egli ostinato nel voler mantenere certe sue autonomie rifiutando, ad esempio, un’ipotesi di paternità che mal si coniuga con l’aspirazione materna di lei.
Quei due autonomi processi di “liberazione”
Poi tutto, nel ritorno al presente, precipita, si riordina, si rimpasta e si rigenera: quando ciascuno dei due contendenti, tra attacco e difesa, sembrano avviare autonomi processi di affrancamento e sgombero. Lui trovando nella trentenne Giorgia (Camilla Semino Favro) una sponda liberatoria; lei, dopo tante consolatorie confessioni con l’amica Diana (Carlotta Natoli), incappando nell’improvvisa e illuminante rendez-vous con l’incantevole e anch’ella giovine Nina (Valentina Bellè), sua ex allieva rivelatrice di una nuova irresistibile misura sentimentale. Non anestesia ma, a quanto pare, una via alternativa fatta di vera serenità, pace, complicità e tenerezza.
Una recitazione volutamente sopra le righe
Comencini, tutto questo, lo conduce con piglio delicato e gentile nella la recitazione volutamente sopra le righe di Lucia Mascino, già apprezzata (e molto) l’altr’anno in Fräulein - Una fiaba d'inverno di Caterina Carone: determinando le linee di un film che indaga con grande sensibilità, oltre i bisticci e lo humour a tratti affilato della commedia, una psicologia femminile colorata, fantasiosa e delicatissima sullo sfondo di un amore incapace di resistere a se stesso ma di rispolverarsi in autentica renaissance.
Piacerà alle donne, insegnerà qualcosa agli uomini
Un percorso soprattutto introspettivo, originale e denso, nonostante il passo scattante e agile del racconto rappresenti anche a livello fattuale le evoluzioni di un rapporto a tratti rocambolesco, con tutti gli elementi classici e coinvolgenti della loro dinamica narrativa. Del film, che piacerà alle donne e avrà qualcosa da insegnare agli uomini, si godono insomma l’elasticità e la leggerezza, si vivono partecipando le dinamiche emotive della coppia in una cifra insieme realistica, fantastica e parabolica in toni agrodolci, senza che mai gli umori sconfino nell’autunnale e nel malinconico. Sempre nei paraggi più intimi e “di cuore” della protagonista.
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