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Ancora circondati dall'amianto

Quasi due anni sono passati dall’inchiesta di Panorama «Amianto, dove si nasconde». Ma questo materiale, che degradandosi risulta mortale, è ancora diffuso in tutt’Italia, impunemente. Nonostante i dati siano allarmanti - solo nel 2023, le vittime per malattie connesse alle particelle d’amianto sono state settemila - la situazione resta bloccata tra promesse politiche non mantenute e inerzia legislativa. Il rapporto Ispra sulla gestione dei rifiuti speciali, pubblicato nel 2024 (e riferito al 2022), è l’ennesima conferma: sono state smaltite solo 221 tonnellate di materiali contenenti amianto, con un calo di 108 mila tonnellate rispetto al 2021. Le bonifiche vanno a rilento e restano intatte vere «praterie di asbesto», al suolo e sui tetti. Intanto, le inchieste sui mancati smaltimento si moltiplicano. Sono cinque gli indagati dalla procura di Bari per reati ambientali, dopo il ritrovamento di cumuli di amianto «tombati» in una cava di Monopoli.

Nelle città metropolitana di Firenze, scatta l’ordinanza del sindaco per scongiurare la dispersione delle fibre di amianto sprigionate da un incendio nell’ex Tintoria Etrusca. E questi sono solo due esempi molto recenti di una lista nera lunghissima. Sebbene il materiale sia stato messo al bando con la legge 257 del 1992, si stima che ci siano 40 milioni di tonnellate da bonificare. La mappatura di edifici pubblici e privati con coperture in cemento-amianto avrebbe dovuto essere ultimata entro tre anni dalla legge 257, ben trent’anni fa. Una luce nel buio era apparsa nel 2022, quando il ministero dell’Ambiente e sicurezza energetica (Mase) aveva avviato una collaborazione diretta con Regioni e Province autonome, per l’aggiornamento della mappatura a livello nazionale. A questo scopo, il dicastero aveva stanziato circa due milioni di euro per l’acquisto di immagini satellitari multispettrali ad altissima risoluzione. In particolare, era stato richiesto alle amministrazioni locali di inviare il perimetro delle aree prioritarie, che sarebbero state poi oggetto di indagine. Il risultato delle elaborazioni delle immagini satellitari sarebbe stato messo a disposizione delle stesse amministrazioni per il completamento di questa «geografia del rischio». In seguito, dopo una verifica dei vari enti, i dati sarebbero stati trasmessi al Mase per aggiornare la banca dati Infoamianto PA. Infine, con il supporto tecnico-scientifico del Consiglio nazionale delle ricerche, avrebbero dovuto essere avviate le procedure per l’acquisto delle immagini satellitari e la loro elaborazione. Iter complesso, ma necessario.

L’obiettivo era quello di «terminare il tutto entro il primo semestre 2023 e di acquisire la nuova mappatura nello stesso anno» aveva dichiarato Luciana Distaso, della direzione generale uso sostenibile del suolo e delle risorse idriche. Ma la strada è ancora lunga e incerta, come spiega adesso Distaso: «Nel 2023 tutte le Regioni, a eccezione della Lombardia, hanno elaborato e inviato i dati sulle aree oggetto di indagine. Al momento, pur non essendo stata ancora avviata la gara relativa alle immagini satellitari e la relativa elaborazione dei dati, si è provveduto a raccogliere i fabbisogni sulle aree di interesse». La Regione Lombardia ha scelto di procedere in modo atutonomo. Fin dal 2007, infatti, si è dotata, tramite Arpa Lombardia, di una propria mappatura basata su telerilevamento, aggiornata al 2020. «Integrata con i dati del censimento raccolti attraverso segnalazioni dei proprietari, è stata ritenuta esaustiva e più completa rispetto a quella ministeriale» afferma Dario Fossati, direttore generale Ambiente e clima di Regione Lombardia. E aggiunge: «I dati sono stati messi a disposizione del ministero e anche in colloqui recenti non si sono segnalate criticità. Per questo non abbiamo elaborato ulteriori immagini satellitari ministeriali e ci siamo invece impegnati nella concreta eliminazione dell’amianto dal territorio». La Regione ha finanziato interventi per privati ed enti pubblici per 35 milioni negli ultimi cinque anni, tutti a carico del bilancio regionale.

Tuttavia, nella pagina «Amianto» del ministero dell’Ambiente, sotto la voce «stato di aggiornamento della Mappatura Amianto 2022», la Lombardia è evidenziata in rosso con il monito «dal 2014 non sono pervenuti aggiornamenti». Ma quei dati si trovano in una sezione specifica del Programma regionale gestione rifiuti della Lombardia, visibili dai cittadini… Insomma, la tanto agognata - e necessaria per gli interventi - carta nazionale per l’amianto è ancora un miraggio. In Italia, il 2022 è stato un anno ricco di opportunità per i privati intenzionati a smaltire queso tipo di rifiuti. Ma pochi lo sapevano. «In vigore c’erano l’ecobonus e il superbonus, ma i cittadini vagavano incerti, ubriacati da molta disinformazione e spaventati dai costi di smaltimento. Peccato che lo Stato non abbia comunicato loro la corretta applicazione dei parametri» lamenta Fabrizio Protti, presidente Sportello amianto nazionale. I bonus prevedevano che qualora si aumentasse la classe energetica dell’edificio, sarebbero stati finanziati determinati tipi di interventi. Il 40 per cento comprendeva il rifacimento del tetto, che si portava a traino anche un’eventuale bonifica dell’amianto.

Sempre nel 2022, erano già in vigore i decreti Fonti energetiche rinnovabili: per l’applicazione di fonti green, come il fotovoltaico, veniva riconosciuto un contributo supplementare versato dal Gestore dei servizi energetici di 0,11 centesimi di Kwh prodotto dal nuovo impianto installato. In altre parole, l’installazione di un impianto fotovoltaico di 6 Kwh e la bonifica di una superficie necessaria per la posa dell’impianto, di circa 40 metri quadrati, avrebbe prodotto un extra incentivo di quattromila euro per bonificare il tetto. Ma anche in questo caso le istituzioni preposte sono rimaste in silenzio. Dal 1° ottobre, per esempio, il Comune di Broni (PV), sede di una storica fabbrica per la produzione di manufatti in amianto, metterà a disposizione 122 mila euro a fondo perduto per la bonifica. Un’occasione per i privati, che potrebbero coprire fino al 50 per cento delle spese. Ma quanti lo sanno davvero? E cosa dire degli incentivi pubblici nel 2022? Solo pochi Comuni hanno messo a disposizione aiuti concreti (Rimini, Ragusa, Broni, Stradella) e alcune regioni, tra cui Sicilia, Lombardia, Piemonte, e Friuli-Venezia Giulia, ma solo per gli edifici pubblici e con fondi assai limitati. Viene da pensare che su tali mancanze abbia influito l’analisi del dato. Non avendo idea di dove sia l’amianto, se non in alcuni Comuni che mettono le mani ai bilanci, Regioni e Stato non sono in grado di prevedere quante risorse servono per incentivare lo smaltimento sul territorio.

A testimonianza di ciò, in sede pubblica, «l’Italia deve ancora spendere il 50 per cento dei 440 milioni di euro stanziati nel 2014 con i fondi interministeriali e regolamentati in parte, nel 2019, dal Governo Conte 1» precisa Protto. «Le Regioni avevano a disposizione i fondi per bonificare le strutture pubbliche, in particolare scuole e ospedali. Dal 2014 a oggi, ne sono stati spesi la metà perché avrebbero dovuto presentare un elenco di priorità sulla base di mappature ultimate, e ciò non è accaduto...». Ma una volta rimosso l’amianto dalle città dove si può stoccare? Il riciclo è ancora un’utopia, e le discariche autorizzate stanno diminuendo: da 18 nel 2020 oggi ne restano solo 17. Un piano per la messa in sicurezza dell’amianto è necessario per spezzare una potenziale «politica di cartello». In alcuni Stati europei, infatti, costo per il trasporto e smaltimento in discarica è inferiore rispetto a quello richiesto per conferire l’amianto in un sito italiano vicino a casa. Anche qui, c’è un problema legislativo tramandato da governo a governo: le autorizzazioni per le discariche fanno perdere voti. Come se non bastasse, il 27 settembre 2022, l’ex ministro per l’Ambiente Roberto Cingolani ha introdotto la possibilità di conferire i rifiuti, contenenti fino a 100 mg di amianto per ogni chilogrammo, in discariche di inerti, ovvero quelle che dovrebbero ricevere macerie o calcinacci. Un grosso errore, perché non esiste una soglia di sicurezza per l’esposizione all’amianto. Per cui, immetterne anche piccole percentuali nelle discariche di inerti ci tornerà indietro come un boomerang, colpendo i nostri polmoni. È proprio questo il pericolo: ignorarlo oggi significa pagarne le conseguenze domani.

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