Televisione
October 29 2019
“Chi era D’Annunzio? Un estetista”. Tra strafalcioni da matita rossa, scene cult, pianti e litigi epici, venti nuovi studenti sull’orlo di una crisi di nervi (niente cellulare e disconnessione forzata) sono tornati ne Il Collegio, il docu-reality di Rai 2 prodotto da Magnolia-Banijay Group, un po’ esperimento sociale un po’ specchio dei tempi, con Simona Ventura come voce narrante. La quarta edizione del format, ambientata nel 1982, si conferma un gioiellino televisivo, complice il mix di cast riuscito, montaggio e narrazione senza sbavature. Dopo l’esordio da record, oltre 2,4 milioni (il debutto migliore di sempre), martedì 29 ottobre va in onda la seconda puntata e Panorama.it ha chiesto ad Andrea Maggi – il prof d’italiano ed educazione civica, granitica certezza del programma – qual è la formula del successo.
Professor Maggi, come ha fatto Il Collegio a diventare un fenomeno tv?
I fattori sono diversi. Il realismo assoluto, il fatto che questo programma è al tempo stesso uno specchio che racconta i ragazzi di oggi e un esperimento che li mette alla prova costringendoli a una detox forzata dalla tecnologia.
Il Collegio è davvero un esperimento sociologico?
Più sociale, coi ragazzi calati in un contesto rigido e privati delle loro risorse tecnologiche. S’intrecciano l’intrattenimento televisivo, a tratti esilarante, l’esperimento sociale e un racconto che ruota anche attorno all’amicizia. Per un mese sono lontano da casa, convivono con dei perfetti sconosciuti e sono sorvegliati da adulti che sono degli pseudo tiranni: così i legami diventano fortissimi e duraturi anche dopo il programma. Per i ragazzi di oggi è molto raro.
Però c’è il lato b. Dopo la prima puntata Maggy Gioia, la studentessa “devota” a regole e studio, prima è stata criticata dai suoi compagni e poi è stata insultata e minacciata sui social, con picchi di cyber bullismo vomitevole.
Purtroppo è un chiaro specchio di fenomeni che tocchiamo con mano quasi tutti i giorni. I social sono diventati un sofisticato megafono per esprimere il peggio della società: se noi adulti, soprattutto con il nostro esempio, sapessimo guidarli verso un utilizzo più proficuo, le cose sarebbero diverse. Episodi così sparirebbero o si ridurrebbero.
Intanto la ragazza ha dovuto bloccare i commenti sul suo profilo Instagram.
Ma tutti i protagonisti de Il Collegio, a cominciare dagli studenti, si sono schierati al suo fianco per sostenerla. Io deploro fermamente la reazione dei social perché è vile: quando qualcuno arriva a digitare messaggi di odio, ha bypassato l’immediatezza e va condannato senza sé e senza ma.
I 2,4 milioni di spettatori della prima puntata ve li aspettavate?
I buoni asoclti erao nell’aria ma non in questi termini. Di sicuro c’era molta attesa: dalla fine della scorsa stagione non c’è stato giorno in cui non mi abbiano scritto via social per chiedermi quando iniziava la nuova serie.
Nel suo caso, dove finisce la realtà e dove inizia il docu-reality?
Non c’è distinzione: io sono un insegnante nella vita, non un attore, e tutto ciò che faccio è fatto in maniera spontanea. Sono ciò che si vede e l’unica cosa che si discosta dalla scuola vera è il tratto di rigidità: sono meno severo con i miei alunni.
E riesce a non farsi condizionare dalle telecamere?
Non faccio fatica a calarmi in quel ruolo. Dopo quattro edizioni è facile immedesimarsi e calarsi nel contesto in cui siamo.
Quando torna dietro la cattedra di una scuola vera, i suoi alunni cosa le dicono?
Sono esaltatissimi, vorrebbero sapere di tutto, conoscere i segreti del Collegio e avere le anticipazioni. Ovviamente non posso raccontare nulla.
La domanda più frequente che le fanno?
Vogliono il numero di telefono dei collegiali. E mi chiedono se è tutto vero.
E lei cosa risponde?
Che se avessimo dei giovani attori così bravi, sarebbero pronti per l’Oscar. Per fortuna, o purtroppo, brillano per spontaneità e non per talento nella recitazione.
Ma sono in tanti a pensate che ci sia un copione scritto.
Mia figlia ogni tanto mi gira i messaggi che circolano sui social: “Il collegio è recitato”, è un mantra. Ci ridiamo su.
Sua figlia ha 14 anni: al netto del “conflitto d’interesse”, cosa risponderebbe se le chiedesse di partecipare a Il Collegio?
Le direi di no perché altrimenti non potrei farlo io. Scherzi a parte, al momento non credo le interesserebbe farlo.
Cosa l’ha colpita in negativo dei ragazzi che partecipano al programma?
Il rapporto morboso con le tecnologie. Molti di loro sperimentano per la prima volta il vivere senza cellulare e vanno in crisi perché per loro è il prolungamento della mano.
Tra le scene cult c’è senza dubbio il taglio dei capelli. Perché scattano quei melodrammi epici?
Perché per molti di loro i capelli sono uno scudo. Il ciuffo per un adolescente è quasi uno schermo e privarsene genera una forte crisi, specie in un periodo di grandi cambiamenti. Il taglio di capelli e l’assenza del telefono li costringono a mettersi a nudo: il cellulare in particolare gli permette di presentarsi in maniera migliore al “villaggio digitale”, tanto che spesso le foto sono ritoccate o filtrate.
Negli anni ’80 invece non c’erano i social e nemmeno le chat di gruppo dei genitori degli studenti…
Le chat tendono a fare l’effetto del telefono senza fili e un messaggio mal interpretato può incidere negativamente sulla vita scolastica. E spesso vengono utilizzate per intromettersi in questioni di pertinenza dei ragazzi.
Quanto alla didattica, cosa c’è di eighties ne Il Collegio 4?
Resta la severità delle regole ma si fa più innovativa con l’arrivo dell’informatica: sarà interessante vedere già dalla seconda puntata come gli studenti, abituati alle tecnologie di oggi, si rapporteranno con i computer con 64 kb di memoria.
Tornando ai social, su Instagram ha oltre 300 mila seguaci e molti apprezzamenti. Le arrivano spesso messaggi spinti?
Diciamo che arrossisco continuamente ma mi diverto. All’inizio mia moglie era gelosa, poi abbiamo cominciato a prenderla con divertimento. La vivo con leggerezza: meglio quel tipo di apprezzamenti che gli insulti.
Lei è anche uno scrittore. Ha in mente un libro tratto dalla sua esperienza ne Il Collegio?
Per ora non ci ho pensato. Da poco però ho pubblicato Educhiamoli alle regole, un saggio sull’importanza delle regole da insegnare ai ragazzi: spesso incontro genitori alle prese con adolescenti più forti di loro e così ho buttato giù delle riflessioni, prendendo spunto dalle mie esperienze da insegnante e genitore.