Un anno di Draghi in sette punti, tra luci e ombre.
- La prima ragione di vita di questo governo è la lotta al covid. La gestione della pandemia sul piano delle percentuali di vaccinati non può che dirsi positiva, soprattutto rispetto agli sfaceli della coppia Conte-Arcuri. Oltre il 90% degli italiani si è vaccinato almeno una volta, numeri superiori alla media europea. Non ci sono stati altri lockdown, ma è pur vero che il green pass rafforzato – strumento unico nel panorama occidentale – ha colpito duramente esercenti, ristoratori e albergatori, generando un effetto psicologico negativo. Inoltre, a fronte del pugno duro contro i novax, sul fronte scuola si è fatto poco o nulla in ordine alla logistica, tant’è che molti studenti sono costretti ancora a far ricorso alla Dad. Stesso dicasi per il potenziamento dei trasporti pubblici. Insomma, la difesa della salute a tutti i costi, anche con provvedimenti paradossali e poco ragionevoli (cioè la dottrina Speranza) sembra avere avuto la precedenza rispetto agli investimenti concreti in termini di strutture sanitarie, scolastiche e di mobilità.
- La seconda missione è l’incardinamento del Pnrr. Sono stati rispettati i tempi previsti, ma siamo solo all’inizio di un lungo e periglioso viaggio. Negli anni a venire i progetti finanziati dovranno essere messi a terra, cioè cantierizzati, in assenza di un nuovo codice degli appalti efficace. In seguito le opere dovranno essere messe in produzione e opportunamente monitorate. Sul piano macro, numeri alla mano, l’aumento del Pil di oltre 6% è soprattutto l’effetto del rimbalzo post 2020, e tutti gli indicatori quest’anno parlano di una crescita intorno al punto percentuale. Nulla di miracoloso, insomma.
- Sul fronte fiscale, il panorama non è florido. Quella che doveva essere un’organica riforma del fisco si è ridotta a una piccola rimodulazione delle aliquote. Un taglietto che si è potuto operare tra le pieghe di bilancio. Abbiamo poi la legge sulla concorrenza, arrivata solo ad ottobre, che non dispiegherà i suoi effetti se non alla fine del 2022. L’assegno unico universale, scattato quest’anno, sembra più una manovra redistributiva che non un deciso intervento a favore della natalità.
- Sul fronte caldo del caro-energia, il governo Draghi è intervenuto con stanziamenti per 8,5 miliardi. Ma l’allarme sta diventando catastrofe per interi comparti industriali. Servono provvedimenti emergenziali di ben altro tenore, che l’esecutivo non ha ancora sfoderato.
- Sul lato assistenziale, Draghi ha cercato di imporsi limitando i danni, ma ha dovuto necessariamente scendere a compromessi con i partiti. Il lato meno nobile della finanziaria del governo è costellato di bonus rubinetti, bonus tv, fondo pasticcerie e bonus edilizi. Senza contare lo spettro del reddito di cittadinanza, che continua ad essere un sussidio più che uno strumento per alimentare l’occupazione. Tutti se ne lamentano, eppure il reddito resta.
- Sulla delicata partita della giustizia serve più coraggio. Le riforme della macchina dei tribunali sono attese al varco dei decreti attuativi. Mattarella di fronte al parlamento ha rimesso la riforma della giustizia tra le priorità, ed è ora che il governo estragga dal surgelatore la riforma del Csm, che ponga fine alle guerre tra correnti. Vedremo se il regno draghiano riuscirà a tener testa alle barricate della parte più intransigente delle toghe.
- Tutto questo è stato fatto, il più delle volte, a colpi di decreti e questioni di fiducia., spesso pretendendo dal parlamento un voto a scatola chiusa. Osservando come si è ridotto il parlamento, forse era inevitabile. Del resto il governo Draghi resta un governo d’emergenza . Quando questa emergenza debba lasciare il posto alla normalità, resta un enigma di cui nessuno al momento conosce la soluzione.