Economia
April 26 2017
I tassi di interesse del prestito, i costi delle coperture assicurative, le commissioni da versare a un fondo di garanzia e il tempo che manca al compimento dei 66 anni e 7 mesi di età. Ecco le quattro variabili che influiscono sull'Ape Volontaria, l'anticipo pensionistico che dovrebbe partire ufficialmente da maggio. Si tratta, per chi non lo conoscesse ancora, del nuovo sistema che permette ai lavoratori italiani di andare in pensione un po' prima del previsto, cioè con almeno 63 anni di età.
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Mettersi a riposo prima, però, comporta dei sacrifici giacché chi si avvale dell'Ape Volontaria subisce un taglio alla pensione piena, quella che sarebbe maturata ritirandosi a 66 anni e 7 mesi come prevede la Legge Fornero. Per capire di quanto verrà decurtato l'assegno, bisogna fare alcune premesse. Innanzitutto, occorre tener presente che chi usufruisce dell'Ape chiede un prestito a una banca o a un istituto finanziario i quali, seppur indirettamente attraverso l'Inps, anticipano al lavoratore tutte le rate di pensione che gli mancano prima di raggiungere i 66 anni e 7 mesi. Più lunga e la distanza da questa soglia anagrafica, maggiore sarà l'importo del finanziamento. Il pensionato poi restituirà le somme prese a prestito nell'arco di 20 anni con una trattenuta sugli assegni Inps, come fossero le rate di un mutuo.
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Va tenuto presente, tuttavia, che per l'importo della somma finanziata è previsto un tetto massimo, in modo da evitare che la rata non sia troppo alta. Per chi va in pensione un anno prima del previsto, la somma presa a prestito con l'Ape non potrà superare l'85% della pensione piena. Per chi si ritira due anni prima, il tetto massimo è dell'80%. Per chi si mette a riposo 3 anni prima, invece, l'importo del prestito arriva fino al 75% della pensione piena. A parte quest'ultimo dettaglio, però, ciò che interessa di più agli aspiranti pensionati è avere una risposta a questo interrogativo: di quanto viene tagliata la pensione piena, avvalendosi dell'Ape?
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La risposta dipende appunto dalle variabili citate sopra: il tasso d'interesse applicato sul debito (che dovrebbe essere attorno al 3% annuo), il costo di una copertura assicurativa contro il rischio di morte del pensionando e una commissione dell'1,6% sull'importo del prestito che serve per alimentare un fondo di garanzia, con cui lo Stato ripagherà le banche e le finanziarie che erogano i soldi, in caso di eventuali insolvenze. Tenendo conto di tutti questi fattori, le stime più accreditate parlano di un taglio di quasi il 5% circa alla pensione piena per ogni anno di anticipo del ritiro dal lavoro rispetto alla soglia dei 66 anni e 7 mesi. Chi va in pensione a 63 anni e 7 mesi, cioè 3 anni prima del previsto, subisce per esempio una decurtazione del 15% che corrisponde a un taglio di 300 euro circa su un assegno di 2mila euro netti al mese e di 225 euro su una rendita di 1.500 euro mensili. Ritirandosi con due anni di anticipo, invece, la decurtazione scende a circa il 10%, equivalente a un taglio attorno ai 200 euro per un assegno di 2mila euro netti e di 150 euro su una rendita di 1.500 euro.