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March 23 2016
La sera del 23 marzo 1976 a Buenos Aires si spense quell'ultimo barlume di democrazia che ancora rimaneva in Argentina.
La presidente Isabel Peròn fu arrestata dall'esercito poco dopo aver festeggiato il compleanno della sua assistente. A dare l'ordine di deposizione fu una giunta militare capeggiata dal generale Rafael Videla e dall'ammiraglio Emilio Massera. L'ultima propaggine del peronismo era giunta al capolinea dopo un'agonia durata 3 anni dal ritorno di Juan Peròn dall'esilio spagnolo. Il giorno dell'arrivo in Argentina dell'ex presidente, il 20 giugno 1973, si compì un massacro presso l'aeroporto di Ezeiza dove Peròn avrebbe dovuto tenere un discorso. Furono i cecchini della destra peronista capeggiata dai terroristi dell'Alleanza Anticomunista Argentina (tripla A) ad aprire il fuoco e a cancellare per sempre ogni forma di alleanza tra peronisti di sinistra e di destra. Juan Peròn fu presidente per pochi mesi. Alla sua morte nel luglio 1974 gli succedeva la terza moglie Isabel in un clima di forti tensioni politiche e sociali aggravate da una situazione economica di profonda crisi. La neo presidente, prima donna al mondo a ricoprire la carica, si affidò quasi completamente alla guida di José Lopez Rega, già consigliere del marito durante l'esilio in Spagna. Ferocemente anticomunista, Lopez Rega fece piazza pulita dei peronisti di sinistra capeggiati dall'ex presidente Càmpora. Massone ed esoterista, Lopez Vega era stato affiliato anche alla P2 di Licio Gelli e nella Spagna franchista aveva organizzato una rete segreta per la lotta anticomunista tra cui figurava anche l'ex ufficiale delle SS Otto Skorzeny.
Tra il 1974 e il 1976 Isabel Peròn iniziò la persecuzione sistematica dei sindacalisti e degli intellettuali di sinistra, accelerando la repressione del movimento ex peronista di estrema sinistra dei "Montoneros".
Isabel e il suo consigliere Lopez Rega non furono tuttavia in grado di controllare il rapido deterioramento dell'economia argentina. L'inflazione nel febbraio 1976 salì al 566% gettando il paese nel baratro. I vertici dell'esercito, tra cui Videla, invitarono Isabel alle dimissioni, che rifiutò. La sera del 23 marzo 1976 fu arrestata e imprigionata in condizioni durissime. Solo nel 1981, per intercessione del Nunzio Apostolico, fu esiliata in Spagna.
Per l'Argentina iniziava un incubo. Videla e Massera continuarono ed estesero la repressione di tutti i presunti oppositori del nuovo regime, applicando il metodo terroristico della tortura e dell'eliminazione fisica degli avversari tramite rapimenti perpetrati dalla polizia segreta. Il fenomeno dei "desaparecidos" montò esponenzialmente durante il regime. Non si hanno dati certi sulle sparizioni ma si stima una forbice dalle 9.000 alle 30.000 vittime. Il nucleo organizzativo dei rapimenti fu l'ESMA, la scuola di applicazione dell'esercito di Buenos Aires, che fu anche uno dei più tristemente noti centri di detenzione degli oppositori. La vicenda dei "desaparecidos" è legata all'orrore dei "voli della morte". I prigionieri venivano caricati su aerei militari dopo un iniezione di tiopental sodico che li riduceva in stato di incoscienza e quindi gettati dai velivoli in mare aperto o nel Rio De La Plata.
La segretezza delle operazioni e delle detenzioni fece sì che l'opinione pubblica mondiale reagisse in ritardo alle atrocità commesse in Argentina, dove nel 1978 si svolsero persino i mondiali di calcio. Fu soprattutto l'impresa eroica delle Madri di Plaza de Mayo, l'organizzazione delle madri dei desaparecidos, a tenere viva l'attenzione del mondo sulle atrocità del regime di Videla. Tutti i giovedì a partire dal 1977 le madri si radunavano di fronte alla Casa Rosada con un fazzoletto bianco in testa, in una pacifica protesta alla ricerca della verità sulla scomparsa dei loro congiunti.
All'inizio del nuovo decennio le tensioni all'interno della stessa giunta portarono all'allontanamento di Videla. Nel 1981 il generale fu sostituito dal suo pari grado Roberto Eduardo Viola. L'interminabile crisi economica e la folle avventura della guerra delle Falkland sotto la presidenza di Leopoldo Galtieri segnarono la fine dell'esperienza della giunta militare. Nel 1983 la giunta fu costretta a reintrodurre le elezioni libere, vinte dal radicale Raul Alfonsìn.
Nel 1984 si aprirono i processi contro la giunta e i militari coinvolti negli omicidi del regime. Questi ebbero una brusca battuta d'arresto dopo l'amnistia concessa dal presidente Carlos Menèm nel 1989 su pressione dei vertici militari. Videla sarà posto ai domiciliari in quanto sospettato di aver ordinato il rapimento e l'uccisione di neonati delle detenute durante il regime. Sarà il presidente Kirchner a dichiarare incostituzionale l'amnistia e a riaprire i processi nel 2005. Dal 2007 Videla viene incarcerato a Buenos Aires. Deve scontare l'ergastolo. Farà solo pochi anni di prigione fino alla morte avvenuta il 17 maggio 2013. Senza alcun pentimento da parte del generale.