Atlantismo e presidenziali: Giorgia Meloni a New York

Se ci fossero ancora dei dubbi, possiamo fugarli definitivamente: no, Giorgia Meloni non è affatto isolata sul fronte internazionale. Prova ne è il “Global Citizen Award 2024” dell’Atlantic Council, che il presidente del Consiglio ha ricevuto a New York da Elon Musk. Un premio che certifica ulteriormente la solidità delle relazioni tra l’attuale governo italiano e gli Stati Uniti.

“Non dobbiamo vergognarci di usare e difendere parole e concetti come nazione e patriottismo, perché significano più di un luogo fisico; significano uno stato d’animo a cui si appartiene condividendo cultura, tradizioni e valori”, ha detto l’inquilina di Palazzo Chigi. "Per me, l’Occidente è più di un luogo fisico [...] L’Occidente è un sistema di valori in cui la persona è centrale, gli uomini e le donne sono uguali e liberi, e quindi i sistemi sono democratici, la vita è sacra, lo stato è laico e basato sullo stato di diritto", ha proseguito, per poi esortare l’Occidente stesso a tenere un atteggiamento più umile nei confronti del Sud Globale. “Il cosiddetto Sud Globale chiede maggiore influenza”, ha detto, “Le autocrazie guadagnano terreno sulle democrazie, e noi rischiamo di sembrare sempre più una fortezza chiusa e autoreferenziale”. Una sottolineatura, questa, ovviamente propedeutica alla logica su cui poggia il Piano Mattei: quel Piano Mattei che, non a caso, la Meloni ha citato. “In Italia, per invertire questa rotta, abbiamo deciso di lanciare il Piano Mattei per l’Africa, per esempio, un modello di cooperazione su base paritaria per costruire un nuovo partenariato a lungo termine con i Paesi africani”, ha dichiarato.

Insomma, il succo del discorso del premier è stato quello di un atlantismo conservatore, attento al Sud Globale e al Mediterraneo: un atlantismo improntato ai valori e alla concretezza. “GiorgiaMeloni ha tenuto un discorso molto importante in cui ha dato una sveglia all’Occidente, che secondo me serve”, ha detto a Panorama.it il deputato di Fdi, Giangiacomo Calovini, che era presente alla premiazione newyorchese. “Mi permetto anche di sottolineare la buona considerazione, a livello internazionale del presidente del Consiglio: c’erano settecento persone presenti che volevano incontrarla. Un grande considerazione, aggiungo, anche nei confronti dell’Italia. Erano presenti tante persone e grandi aziende, come Enel, Leonardo e Fincantieri”, ha proseguito Calovini.

A livello generale, è chiaro che il discorso della Meloni si inserisce innanzitutto in un'ottica di rafforzamento dei rapporti istituzionali con gli Stati Uniti: d’altronde, l’Atlantic Council è uno dei più importanti e influenti think tank d’Oltreatlantico. Certo, qualcuno ha storto il naso per il fatto che il premier si sia fatto premiare da Elon Musk, che, oltre ad aver dato l’endorsement a Donald Trump, potrebbe anche entrare in una sua eventuale amministrazione. Eppure è evidente che, al di là del lato istituzionale, questo discorso della Meloni ne ha avuto anche uno collegato alla campagna elettorale per le presidenziali americane. Non che il premier si sia esposto con un endorsement, sia chiaro: d’altronde, ha sempre avuto un ottimo rapporto con l’amministrazione Biden, grazie soprattutto al suo impegno a favore dell'Ucraina e per aver evitato di rinnovare il controverso memorandum sulla Nuova via della seta. Il punto è che la Meloni non può non tener conto delle dinamiche politiche in vista di novembre. E quindi, pur tenendo buoni rapporti con tutti, è verosimile ipotizzare che sotterraneamente non guardi affatto male a un eventuale ritorno di Trump alla Casa Bianca.

Il candidato repubblicano intrattiene innanzitutto solidi rapporti sia con Andrzej Duda sia con Viktor Orban, esponenti rispettivamente dell’Ecr e dei Patrioti. Ne consegue che un’eventuale vittoria di Trump rafforzerebbe l’ala destra dell’Europarlamento e metterebbe in difficoltà la maggioranza Ursula (soprattutto su immigrazione, green e rapporti con l’Iran). In secondo luogo, una nuova amministrazione repubblicana entrerebbe probabilmente in rotta di collisione con l’asse franco-tedesco su commercio e relazioni con Pechino: una situazione, questa, di cui Roma potrebbe indirettamente beneficiare. Ma soprattutto, se Trump tornasse alla Casa Bianca, la Meloni potrebbe integrare il Piano Mattei con il rilancio degli Accordi di Abramo, qualora questi ultimi dovessero essere estesi al Maghreb (timidi segnali in questo senso erano arrivati, alcuni mesi fa, tanto da Tripoli quanto da Tunisi). Tutto questo, tenendo presente i buoni rapporti dell’inquilina di Palazzo Chigi con Benjamin Netanyahu, come testimoniato dalla sua visita a Roma dell’anno scorso. Infine, la stessa figura di Musk è significativa. Sì perché, al di là della sua solida relazione politica con Trump, il magnate, attraverso SpaceX, vanta importanti contratti di appalto con il Pentagono. Questo vuol dire che probabilmente anche alcuni pezzi di apparato americano guardano con simpatia a un eventuale ritorno del tycoon.

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