Dal Mondo
February 23 2021
Mentre l'aereo militare inviato dalla Presidenza del Consiglio per riportare in patria i corpi dell'ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci, è arrivato a Goma da dove dovrebbe ripartire già nella tarda serata di oggi, nonostante siano passate 24 ore dai drammatici eventi nei quali ieri intorno alle 10 ore locali (le 9.00 in Europa), nei pressi della città di Kanyamahoro, a pochi chilometri a nord della capitale regionale Goma hanno perso la vita l'ambasciatore italiano in Congo, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l'autista Mustapha Milambo uccisi da un commando armato non ancora identificato,restano molte zone d'ombra e veri e propri misteri su quanto accaduto.
Il primo; perché le due auto del "World Food Programme" (ma c'è chi ha parlato di tre), non erano blindate? Perché non erano scortate da uomini armati ? Per quale motivo gli occupanti dei veicoli non indossavano dei giubbotti antiproiettile? Secondo mistero; per quale motivo non erano stati attivati i contatti radio tra il convoglio che secondo alcune ricostruzioni era partito da Goma e si dirigeva a Rutshuru dove c'è una scuola interessata dal progetto del "WPP, e le autorità locali? Ma cosa intende dire chi parlato di "missione non ufficiale?" Qui c'è forse il mistero più grande visto che se inizialmente i funzionari dell'Onu avevano dichiarato che il convoglio in transito in un delle zone più pericolose al mondo poteva contare sull'autorizzazione delle autorità congolesi, nella serata di ieri il governo di Kinshasa (ex Léopoldville) in un lungo comunicato in francese a firma del ministro dell'Interno, Aristide Bulakali Mululunganya, ha smentito seccamente questa ipotesi "I servizi di sicurezza e le autorità provinciali non hanno potuto assumere delle misure di messa in sicurezza del convoglio, né venire in loro soccorso tempestivamente, dal momento che erano all'oscuro della presenza del convoglio su cui viaggiava l'ambasciatore in una regione ritenuta instabile e dove si registrano attività di gruppi ribelli armati nazionali e stranieri".
E come si sono svolti davvero i fatti? Mentre sul web iniziano a circolare dopo le cruente foto anche alcuni filmati girati durante l'assalto armato, le versioni si sprecano; c'è chi ha parlato di un assalto mirato all'auto dell'ambasciatore ucciso immediatamente con il carabiniere e l'autista, e c'è chi ha dichiarato che le vittime sarebbero state prima catturate e poi uccise in una zona boschiva dove erano state portate dal commando composto (forse) da 7-8 persone.
Altri dubbi: chi erano gli assassini e quanti facevano parte del commando? Dei predoni locali oppure erano terroristi islamici? E qui la storia si complica di nuovo perché sempre secondo quanto dichiarato dal ministro degli Interni congolesi, a compiere il massacro sarebbero stati i miliziani delle sanguinarie "Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda" (FDLR), ribelli di etnia Hutu attivi nel nord-est del Congo, ma nemmeno il tempo di battere la notizia che il gruppo si è fatto vivo per comunicare che i loro combattenti hanno avuto niente a che fare con gli omicidi chiedendo alle autorità congolesi e alla missione di pace dell'Onu denominata MONUSCO di "fare luce sui responsabili di questo vile omicidio invece che ricorrere ad accuse affrettate". Vero o falso?
A queste latitudini è quasi impossibile poter contare su qualcuno che racconti come siano andate davvero le cose tuttavia, è davvero possibile che miliziani dell'FDLR non c'entrino nulla con quanto accaduto perché secondo alcuni cronisti locali non sarebbe questa la loro zona di attività. Ma anche qui occorre andare con i piedi di piombo. Ma allora chi è stato? Forse una delle moltissime bande di delinquenti che volevano rapire l'ambasciatore per ottenere un riscatto? Possibile, e perché ucciderlo? Misteri, false piste e tanta confusione in una drammatica vicenda sulla quale i pm di Roma Sergio Colaiocco e Alberto Pioletti che hanno aperto un'indagine per sequestro di persona con finalità di terrorismo, dovranno fare luce. Il tempo pero' è tiranno perché come visto molte altre volte le prime 72 ore sono determinanti per assicurare alla giustizia i colpevoli. Almeno questo è dovuto a Luca Attanasio, Vincenzo Iacovacci e Mustapha Milambo morti senza un perché.