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April 08 2023
Si chiamava Alessandro Parini aveva 35 anni ed era di Roma la vittima dell’attentato terroristico rivendicato dalla Jihad islamica di ieri sera a Tel Aviv (Israele). Il giurista romano era arrivato in Israele con un gruppo di amici ieri mattina e intorno alle 21.00 di ieri si trovava nel parco Charles Core che costeggia il mare insieme a tanti turisti, famiglie, coppie che passeggiavano la sera del Venerdi Santo. Improvvisamente un auto lanciata a forte velocità ha investito la folla prima di perdere il controllo dell'automobile e di ribaltarsi.
Alla guida c’era Yousef Abu Jaber 44 anni cittadino arabo israeliano di Kafr Qasem, a nord est di Tel Aviv che una volta uscito dall’auto ha iniziato a sparare prima di essere ucciso dalla polizia. Almeno altre cinque persone sono rimaste ferite, tra loro ci sono altri due italiani e due inglesi, fortunatamente non gravi.
La Jihad Islamica è un gruppo terroristico finanziato dall’Iran che opera nella Striscia di Gaza (al pari di Hamas) che nel suo comunicato di rivendicazione scrive che « l’operazione eroica è una risposta naturale e legittima ai crimini dell'occupazione contro il popolo palestinese». I terroristi di Hamas nemici-amici della Jihad islamica hanno espresso la loro soddisfazione «per l’operazione di alto livello nel cuore della entità sionista, a Tel Aviv che dimostra il livello raggiunto dalla resistenza dei giovani per colpire gli occupanti».
Poche ore prima nella Valle del Giordano un attentatore aveva ucciso due sorelle israeliano-britanniche di 21 e 16 anni, ferendo gravemente la madre. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu per fronteggiare l’emergenza ha richiamato in servizio altri riservisti dopo quelli dell'aviazione. Ieri mattina il ministero della Difesa d’Israele aveva reso noto di aver colpito obiettivi appartenenti al gruppo terroristico palestinese Hamas nel Libano meridionale (10 postazioni) e nella Striscia di Gaza (3 postazioni). Lo Stato ebraico ha reagito dopo che dal Libano e dalla Striscia di Gaza è arrivata una pioggia di razzi (34 missili partiti dal Libano verso la Galilea occidentale), e altri sette lanciati direttamente dalla Striscia di Gaza. Israele accusa i gruppi palestinesi legati ad Hamas di essere responsabili e la pioggia di missili lanciati da Hamas rischia di far riesplodere il conflitto in Medio Oriente. L’esercito israeliano ha reso noto che dei 34 missili 5 sono stati intercettati e abbattuti dal sistema antimissile Iron Dome, mentre 5 missili, superando la difesa israeliana, hanno provocato danni materiali e due feriti mentre non si è a conoscenza del luogo dove sono caduti altri 4 missili. Il portavoce internazionale delle Forze di difesa israeliane (Idf), il tenente colonnello Richard Hecht, ha dichiarato che «gli attacchi israeliani sul sud del Libano si sono concentrati principalmente contro obiettivi palestinesi nell'area da cui ritengono che i razzi siano stati lanciati contro Israele». In una nota l’Idf scrive che «non consentiremo all'organizzazione terroristica di Hamas di operare dall'interno del Libano e riteniamo lo Stato del Libano responsabile di ogni fuoco diretto proveniente dal suo territorio». Il Libano a sua volta ha dichiarato che presenterà una denuncia ufficiale al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, definendo «gli attacchi di Israele una flagrante violazione della sovranità del Libano». Uno strano concetto della violazione della sovranità da chi fa lanciare dal proprio territorio 34 missili contro la popolazione civile israeliana. Il notiziario al-Manar, sostenuto dall'organizzazione paramilitare e politica Hezbollah, ha riferito che tre attacchi israeliani hanno colpito un'area aperta nella regione di Tiro. La Lebanese National News Agency, agenzia di stampa nazionale libanese, ha affermato che l'area era prevalentemente agricola e ha riportato danni a case e automobili, un recinto per il bestiame e altre infrastrutture. L'esercito libanese ha confermato che alcuni razzi sono stati lanciati dal sud del Paese ma non ha detto chi li abbia lanciati. Su Twitter ha scritto che «una nostra unità ha trovato lanciamissili e un certo numero di razzi destinati al lancio nelle vicinanze delle città libanesi di Zibqin e Qlaileh, e stiamo attualmente lavorando per smantellarli». In precedenza l'esercito libanese aveva dichiarato di aver trovato «anche un lanciarazzi e missili inutilizzati nell'area meridionale di Marjayoun». Gli Hezbollah, che dominano militarmente e politicamente la regione del confine meridionale del Libano, non hanno negato e neppure rivendicato la responsabilità del lancio di razzi su Israele. Tuttavia, il potente gruppo armato sostenuto finanziariamente e militarmente dall'Iran, giovedì scorso aveva fatto intendere che qualcosa era in preparazione: in una dichiarazione aveva avvertito che «centinaia di milioni di musulmani sono pronti a versare sangue per al-Aqsa». Inoltre, negli ultimi mesi Hassan Nasrallah, capo di Hezbollah, ha più volte affermato che «le violazioni nel complesso della moschea nella città vecchia di Gerusalemme causerebbero l'inferno nella regione». Tutto avviene in mezzo alle crescenti tensioni degli ultimi giorni dopo che la polizia israeliana ha fatto irruzione nella moschea di al-Aqsa a Gerusalemme, terzo luogo più sacro dell'Islam dopo Mecca e Medina, proprio durante le preghiere islamiche nel mese del Ramadan. Contrariamente a quanto affermato dalla propaganda palestinese non si è trattato di una provocazione dell’esercito israeliano. Un concetto sostenuto anche alle nostre latitudini, ad esempio su Twitter dall’ex presidente della Camera Laura Boldrini, ma di un blitz resosi necessario per sgomberare un gruppo di estremisti che si erano asserragliati armati fino ai denti all’interno nel complesso. L'esercito libanese ha confermato che alcuni razzi sono stati lanciati dal sud del Paese, ma non ha precisato chi li abbia lanciati, si limitato ad affermare su Twitter che un'unità aveva trovato «lanciamissili e un certo numero di razzi destinati al lancio" nelle vicinanze delle città libanesi di Zibqin e Qlaileh, e stava "attualmente lavorando per smantellarli». Venerdì,l'esercito libanese ha dichiarato di aver trovato anche un lanciarazzi e missili inutilizzati nell'area meridionale di Marjayoun. Hezbollah, che domina militarmente e politicamente la regione del confine meridionale del Libano, non ha negato né rivendicato la responsabilità del lancio di razzi in Israele. Ma il potente gruppo armato sostenuto dall'Iran sembrava accennarlo in una dichiarazione giovedì scorso nella quale avvertiva che «centinaia di milioni di musulmani sono pronti a versare sangue per al-Aqsa»; inoltre negli ultimi mesi Nasrallah ha più volte affermato che«le violazioni nel complesso della moschea nella città vecchia di Gerusalemme causerebbero l'inferno nella regione». Come scrive stamattina The Times of Israel, martedì scorso il capo dello Shin Bet (l'agenzia di intelligence per gli Affari interni dello Stato di Israele) Ronen Bar ha affermato che le forze di sicurezza hanno sventato più di 200 attacchi terroristici dall'inizio del 2023. Parlando a un brindisi prima della Pasqua insieme al primo ministro Benjamin Netanyahu, Bar ha affermato che «sono passati solo tre mesi e quest'anno sono stati sventati più di 200 attacchi significativi, tra cui circa 150 attacchi con armi da fuoco, 20 attentati con bombe, speronamenti, rapimenti e altri». Secondo Ronen Bar un'unità d'élite che ha descritto come «l’ultima risposta per prevenire attacchi imminenti è stata richiamata 14 volte finora nel 2023». Netanyahu ha promesso che «alla fine arriveremo a ogni terrorista e l'Iran è responsabile del 95% delle minacce alla sicurezza contro di noi. Coloro che vengono a farci del male dovrebbero sapere che avranno il loro stesso sangue sulla testa». Le tensioni sono aumentate nella regione nell'ultimo anno quando le forze israeliane hanno aumentato i raid di arresto e altri sforzi antiterrorismo in Cisgiordania a seguito di una serie di attacchi terroristici. Gli attacchi terroristici palestinesi in Israele e in Cisgiordania negli ultimi mesi hanno provocato la morte di 15 israeliani e il ferimento grave di molti altri. Almeno 86 palestinesi sono stati uccisi dall'inizio dell'anno, la maggior parte di loro durante attacchi o durante scontri con le forze di sicurezza, anche se alcuni erano civili non coinvolti mentre altri sono stati uccisi in circostanze che sono attualmente oggetto di indagine.