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August 19 2013
La Rustichella ai tempi della crisi. Per capire il concetto basta percorrere uno dei canali preferiti dagli italiani: l’autostrada. Il lungo, eterogeneo, colorato, a volte stanco serpentone di automobili, camion e pullman che si muove lungo la rete autostradale italiana (circa 6 mila chilometri) si ferma regolarmente in una delle 470 stazioni di servizio. Rifornimento, visita più o meno veloce alla toilette, caffè, panino, giornale. Luoghi di sosta che vanno dal baretto a conduzione familiare a veri e propri centri commerciali con negozi, aree per il fitness, lavanderie, ristoranti. Luoghi dove ogni anno transitano centinaia di persone: pendolari, turisti, camionisti, manager.
Sì, l’Autogrill è il posto che raccoglie un ampio e rappresentativo campione della popolazione, che osserva i suoi comportamenti, le sue abitudini, le sue nevrosi. E che registra, spesso prima di tantiistituti demoscopici, gli effetti dell’andamento economico.
Se c’è la crisi, se arriva la ripresa, se c’è la recessione, se i consumi muoiono, se c’è una speranza di ripartenza. In questi anni, diciamo gli ultimi tre, anni in cui la crisi economica si è fatta più dura e soprattutto più generalizzata, proprio l’Autogrill è diventato un osservatorio privilegiato. Panorama ha visitato dieci stazioni di servizio in giro per l’Italia, da est a ovest, da nord a sud. Tremila chilometri in una settimana, alla fine di luglio, per capire cosa succede, a che cosa rinunciano gli italiani, di cosa invece non farebbero mai a meno, come è cambiata la sosta, quale uso si fa del sempre meno tempo a disposizione, quali prodotti non vengono più comprati e quali (al contrario) sono al top. Un viaggio in Italia con alcune conferme, qualche grande sorpresa e una speranza diffusa di ripresa che viene dalla terra alla fine del mondo.
TEMPI DI SOSTA
Due dati significativi preliminari: il traffico sulle autostrade è calato del 13 per cento negli ultimi tre anni e del 7 solo nel 2012 rispetto al 2011. È inoltre diminuito il tempo di sosta: meno giorni di vacanza uguale meno tempo libero a diposizione tra il punto di partenza e quello di arrivo. Dice Massimo Ivancic, 43 anni, direttore della stazione Autogrill di Secchia Ovest, sull’A1 a Modena: «Prima la vacanza iniziava dall’Autogrill, adesso è solo una sosta tecnica per arrivare al luogo di destinazione».
La famiglia Marinelli di Napoli è composta da cinque persone, una tipica famiglia italiana di una volta: padre, madre, due maschi sui 16 e 14 anni e una femmina di 10. Vanno in Trentino per 9 giorni, attaccano alla settimana di ferie il weekend partendo il venerdì sera, appena i due genitori hanno staccato dal lavoro. Sono le 20 quando si fermano a San Nicola Est, alle porte di Caserta: «Abbiamo poco tempo, fate tutti pipì che poi non ci si ferma fino a Trento» dice il papà. La moglie compra i panini per il viaggio: due Camogli per i ragazzi, un Bufalino per lui, una Rustichella per la bambina e un Apollo per sé. Acqua minerale naturale per tutti, mentre i figli piagnucolano per la Coca-Cola. Poi un pacco di biscotti in offerta perché «i biscotti attoppano» cioè riempiono lo stomaco, e un caffè doppio per il capofamiglia che deve guidare. «Due o tre anni fa avremmo comprato anche il gelato, avremmo mangiato qui al bar con più calma ma adesso devo guidare di notte così risparmiamo due notti d’albergo».
Dice ancora Ivancic: «Se 4 o 5 anni fa c’era il grande esodo di agosto adesso è molto più spalmato, la gente va in vacanza a settembre o giugno o luglio, che costa tutto meno.
E comunque il cambiamento più grande è nel minor tempo a disposizione». Le fa eco Tamara Simiele, 39 anni, direttore della stazione Autogrill di Limena, vicino a Padova: «Gli italiani? Sono più frettolosi, tendono ad arrivare, essere serviti velocemente e andare via. L’esigenza più importante è quella di risparmiare tempo più che denaro, conoscono già i prezzi e sanno già cosa prendere e spesso arrivano alla cassa con i soldi contati».
TAGLI DI SPESA
Minor tempo significa dunque minor spesa. A cosa rinuncia l’italiano in Autogrill al tempo della crisi? Dice Pietro Menafra, 35 anni, responsabile della stazione Chianti, vicino a Firenze: «Consumano anche un 30 per cento in meno rispetto a 3 anni fa. La famiglia c’è sempre, ma quelli che arrivavano con l’ombrellone e la sdraio non si vedono più.
Quelli tra i 24 e i 45 anni vogliono mangiare subito, velocemente e spendere poco. E la mia risposta è il Burger king, dove la spesa media è di 6 euro, mentre al ristorante stai sui 12. Ma le famiglie che si siedono al ristorante e mangiano certo è difficile che prendano la tagliata di Chianina. Il panino al bar ha ancora un’altra clientela, sono quelli che disprezzano l’hamburger ma non hanno i soldi per salire al ristorante. Il tempo è diventato fondamentale. I pasti sono calati del 40 per cento. Rinunciano al dolce, e infatti l’abbiamo messo in offerta a 1 euro. Pasta e frutta vanno, secondo e dolce meno. Vino zero. Abbiamo provato a nascondere l’acqua per promuovere altre bevande, ma sono terribili, la scovano subito e allora è inutile. Ho percepito che c’era la crisi quando al market la gente ha cominciato a controllare il prezzo. Li vedi che osservano, si fanno due conti, calcolano il prezzo al chilo, la moglie che dice al marito: “È buono, è addirittura più conveniente che al supermercato”. E allora, forse, comprano. Col parmigiano succede».
Il parmigiano è sempre in offerta: 14 euro al chilo per quello invecchiato 30 mesi ed è uno dei prodotti più venduti nei market della rete Autogrill. Gli altri generi sacrificati sono le spremute d’arancia, i giornali, le sigarette, i cd e i dvd (un vero crollo). Perfino le lotterie come il Gratta e vinci (a esclusione delle stazioni del Sud dove la speranza è l’ultima a morire) hanno subito un notevole calo.
QUALITA'
Un barlume di speranza viene comunque dalla ricerca della qualità: Helmut Fischer è un signore tedesco di 58 anni in vacanza con sua moglie. Alla Bottegaccia (si chiama così lo spazio market di ogni Autogrill) della stazione di Sebino vicino a Brescia è lì che controlla uno per uno i prodotti, sistemati in maniera impeccabile come se fosse una boutique del gusto dalla direttrice Monica Melillo («Questo è il mio negozio e ci tengo a fare bella figura»). Helmut sceglie, lei mette nel carrello della spesa: parmigiano (tre confezioni), noce di prosciutto crudo al pepe, olio extravergine di oliva, spumante, pasta di Gragnano. Di un Barolo in offerta a 9,99 euro (anziché 24) non si fida: «Il Barolo a quel prezzo non va bene. Per il resto faccio qui ogni anno la spesa dei vostri fantastici prodotti tipici e li riporto a casa».
Dice Jessica Chierzi, 37 anni, direttrice della stazione di Gonars Sud, vicino al confine con la Slovenia: «Gli stranieri spendono di più e prediligono la qualità italiana. Lo straniero riconosce la qualità e se la porta a casa: pasta, salumi, formaggio, vino. È bellissimo vederlo, fa piacere essere riconosciuti per la qualità, per me è una bella emozione che mi fa sentire orgogliosa». Chi sono gli stranieri più spendaccioni? Russi su tutti, cinesi, indiani, brasiliani. Quelli del Bric, insomma: quelli che fino a pochi anni fa erano considerati Terzo mondo o giù di lì. Poi hanno ricominciato a spendere gli americani e gli svizzeri. A distanza seguono tedeschi, inglesi, spagnoli e francesi, anche loro a fare i conti con la crisi. Dopo i tanti turisti dell’Est, più difficili da accontentare. I più appetibili? I giapponesi: «Quando arriva un pullman di giapponesi è fantastico. Il primo della fila compra una cosa e tutti lo imitano» dice la cassiera dell’Autogrill di Feronia, vicino a Roma. Ovvio che le guide turistiche svolgano un ruolo decisivo. Basta dire al primo: «Questo è il famoso parmigiano cheese...» e l’effetto domino è assicurato.
FURTI IN AUMENTO
Il taccheggio è il modo elegante per definire i furti in negozio. In autostrada ci sono alcune bande organizzate che vanno di Autogrill in Autogrill a fare il pieno di parmigiano, vini e libri da rivendere al mercato nero. Ma, a parte questi professionisti, spesso beccati dai sistemi di videosorveglianza, la crisi ha modificato anche le ruberie. Intendiamoci, il volume complessivo non è aumentato, ma si taccheggiano più prodotti essenziali che gadget. Formaggi, bibite, gelati, perfino bottigliette d’acqua. Dice ancora Chierzi: «La crisi accresce i furti. Chi può si porta fuori qualcosa senza pagarlo. Ma non solo il parmigiano: fregano l’acqua, la Coca-Cola. Gente che rischia per niente. C’è la componente psicologica. Ho visto la famiglia con la mamma che insegna al bambino come non pagare un pacchetto di gomme: “Ecco, prendi, mettilo in tasca, che tanto a te non ti controlla nessuno”. Beh, quando ruba la famiglia è brutto».
Il direttore Massimo Ivancic non è d’accordo: «I furti hanno una incidenza non indifferente, ma non si ruba per la crisi. Si rubano libri, parmigiano, giocattoli. Ma è più la stupidata che la necessità: sono quelli che l’hanno sempre fatto, gente che vuole fare la bravata, magari da far vedere agli amici».
CHE COSA SI VENDE
A fronte dei prodotti tagliati o della grande attenzione alla spesa, ci sono cose che continuano ad andare alla grande. Per esempio i libri, e questa è una notizia confortante, che non conoscono crisi. Certo, l’offerta è limitata ai best-seller, però fa piacere che il viaggiatore frettoloso trovi tempo e denaro per E l’eco rispose, l’ultimo libro di Khaled Hosseini. Il vero boom, comunque, sono gli accessori per i telefonini: «Da quando sono arrivati l’iPhone e gli altri smartphone c’è stata una incredibile richiesta di cuffiette, cover, auricolari, caricabatteria... Ogni mese dobbiamo ampliare la lunghezza degli scaffali dedicati all’elettronica» dice Matteo Roveda, 37 anni, direttore di Piani d’InvreaNord, a Varazze in Liguria. Bene i giocattoli, anche se al gioco da 40 euro si preferisce l’album da colorare a 3 euro. Bene le bibite senza gas, benissimo i preservativi in vendita nei bagni e ottimamente il caffè: 100 milioni di tazzine nel 2012.
LA "NUOVA" STAZIONE
Al di là della crisi, il vecchio Autogrill che offre a tutti sempre lo stesso rosario di offerte (dalla Rustichella al Camogli) è certamente da rivedere. In Italia c’è una stazione di servizio ogni 25 chilometri, contro i 50 degli altri paesi. Non solo: in Italia le società che gestiscono bar e ristoranti pagano ai concessionari circa il 20 per cento del loro fatturato contro il 9 in Olanda, l’8 in Francia, il 6 in Austria e il 5 in Belgio. Questi numeri fanno capire perché la società Autogrill si stia espandendo sempre più all’estero e perché molti bandi per il rinnovo di vecchie concessioni scadute vadano deserti. Per questo stanno nascendo i Mole, veri e propri centri commerciali, dal bel design, e con una offerta molto ampia per le diverse tipologie di clienti. L’esperimento più interessante è la stazione Autogrill Villoresi Est, sull’A8 all’altezza di Lainate sulla Milano-Varese. Entri e non sembra di essere su un’autostrada. Vieni accolto da Giorgia, l’addetta al ricevimento, come in un albergo. A lei e ad altri come lei il compito di illustrare la stazione, le sue offerte, le informazioni sulle strade. Se vuoi, puoi prenotare una doccia o lavare e asciugare il bucato (ottimo per i camionisti). I bagni sono un gioiello: pulitissimi, moderni, addirittura due «family room» con due water, uno normale e uno più piccolo per il bambino, dispenser con generi da toilette.
E poi c’è il ristorante per i frettolosi, la pizza fatta al momento, quello con le specialità della tradizione italiana, quello à-la-carte con il servizio in tavola e uno chef a disposizione. Ancora: menù speciali per vegetariani e vegani. E poi, fuori, un’area per fare ginnastica e stretching, i parcheggi videosorvegliati (scaricando l’app puoi controllare il tuo mezzo da una telecamera a circuito chiuso), il parcheggio riservato alle famiglie e perfino la prima colonnina in Europa per la ricarica gratuita delle auto elettriche. «Siamo la prima grande opera privata per l’Expo di Milano» dice orgoglioso il direttore, Francesco Di Marsico. Qui la diversificazione dell’offerta paga. Dal camionista al manager, dalla famiglia al single, ognuno trova qualcosa da scegliere. Villoresi è stata costruita in 3 anni ed è costata 10 milioni, ma a vedere il fermento (e i numeri realizzati) è sicuramente una scommessa vincente.
Intanto per migliorare il fatturato c’è chi s’inventa stratagemmi di marketing fai-da-te. Alla stazione di Piani d’Invrea Matteo Roveto s’è inventato una «terrazza vista mare», uno spiazzo da dove vedi l’autostrada che scorre col suo traffico e, dietro, il Mar Ligure. Oppure Pietro Santoro, direttore di San Nicola Est, appena fuori Caserta, che ha un accordo con gli autisti di pullman di linea che da Sicilia e Calabria vanno tutti i giorni a Roma, e con molte guide turistiche: «Loro si fermano qui, noi gli offriamo caffè e cornetto e i passeggeri consumano». Banale ma efficace.
LA SPERANZA
Ci sarà una ripresa? Dice Nicola Cirillo, direttore della stazione Feronia, il primo Autogrill «a ponte» costruito sull’A1 alle porte di Roma Nord: «La nostra speranza si chiama Papa Francesco. Di mercoledì e domenica c’è un’invasione di turisti italiani e stranieri che vanno a San Pietro. Da quando c’è lui, il fatturato è decollato».
Un entusiasmo condiviso da tanti altri osservatori del traffico autostradale. Dice Tania Frusone di Casilina Est, vicino a Frosinone: «Il nuovo Papa ha raccolto tantissima gente. Il mercoledì e la domenica qui è pieno di pullman, ci studiamo il calendario delle udienze per sapere cosa succede. Domenica sera c’è la gente di ritorno dall’Angelus, arriva più personale, più cornetti, più latte. E ricomincia a girare denaro».
Non è tanto quello che i nuovi pellegrini spendono, ma come lo fanno. La diagnosi della cassiera dell’Autogrill Chianti è tanto semplice quanto vera: «Negli occhi di questa gente, italiani o sudamericani, tedeschi o spagnoli, polacchi o francesi, vedi l’entusiasmo, la gioia di avere come simbolo una persona speciale come Bergoglio. Sta succedendo, forse anche in meglio, quello che accadeva i primi anni con Giovanni Paolo II. E quando la gente è contenta compra di più, spende meglio. Ecco, è il sorriso insieme con la speranza. Una figura carismatica. Alla gente serve uno che faccia pulizia, uno che sappia ascoltare prima ancora di parlare. Se questa figura c’è, anche se i soldi sono di meno, si torna a spendere perché la speranza porta la vita e la vita chiama il consumo». Anche in Autogrill.