Autostrade allo Stato, ma l'affare lo fanno i Benetton

Nella prima mattina dopo il faticoso accordo in Consiglio dei Ministri, le azioni di Atlantia sono volate alle stelle in Borsa. Segno che secondo il mercato, cioè secondo quelli che muovono i soldi veri, la partita delle Autostrade è stata vinta dai Benetton. A dispetto delle dichiarazioni trionfalistiche di queste ore, "pugno duro di Conte contro la famiglia di Treviso", ci sia perlomeno consentito il beneficio del dubbio su chi ha sferrato il pugno, e chi l'ha incassato.

Sicuramente la sberla la prenderanno i contribuenti italiani, visto che quella che doveva essere una cacciata è diventata praticamente un salvataggio. Altro che revoca della concessione: siamo di fronte a null'altro che un ottimo affare per gli azionisti. Anziché pagare per il crollo del ponte Morandi, i Benetton saranno pagati dallo Stato per la cessione delle quote di controllo, eviteranno il default e resteranno comunque nella proprietà. Non sembra esattamente una bastonata, dal momento che stiamo parlando di una tragedia costata la vita a 43 persone a causa di una mancata manutenzione.

D'altro canto lo Stato, attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, con i nostri soldi, si accinge a comprare una società zeppa di debiti. E almeno in un primo momento dovrà sborsare una montagna di denari per rattoppare le autostrade, curare l'ammodernamento della rete, abbassare i pedaggi e magari risarcire le vittime del crollo del ponte. Se questo è un capolavoro, figuriamoci le fregature. E tutto con buona pace dei cinquestelle, che dopo essersi giocati la faccia sulla Tav, si preparano a trangugiare una dose da cavallo di Tavor sulla pratica Benetton, provocando ulteriori scosse telluriche sulla tenuta dell'esecutivo.

Quanto ci costerà l'ingresso di Cdp in Autostrade, nel lungo percorso che dovrebbe sfociare nella public company? Fondamentalmente non lo sappiamo, e non è un particolare da poco. Oggi facciamo finta di nulla – come se sguazzassimo nei soldi – ma è proprio sull'entità del conquibus che si giudicherà il senso dell'operazione: servirà del tempo per calcolare il valore della rete, e potranno esserci brutte sorprese per le tasche dei cittadini quando si tireranno le somme.

E poi: quanto tempo occorrerà per portare a compimento il piano partorito in fretta e furia alle prime luci dell'alba, dopo due anni di colpevole immobilismo governativo? Settimane, mesi, anni? E quale compagine dirigenziale sarà chiamata a gestire la società? Sono tutte domande senza risposta: ci raccontano di aver trovato in una notte la formula magica che risolve per sempre la questione autostrade, come il famigerato "Si può fare!" del dottor Frankestein. Ma il percorso è disseminato di buche. Sarebbe stato meglio affrontare la faccenda per tempo, senza ridursi all'ultimo minuto, alla luce del sole: non certo avvolti nelle tenebre d'una notte di mezza estate.

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