Economia
March 11 2022
A seguito della recente conclusione dei Giochi olimpici Invernali di Pechino 2022, che hanno ulteriormente evidenziato l’importante ruolo unificatore ed attrattivo dello sport, i padroni di casa hanno passato la bandiera olimpica all’Unione Europea, che ospiterà i prossimi giochi olimpici proprio in Italia a “Milano – Cortina 2026”. Questi giochi avranno come motto “Dualità, insieme”, per un evento sportivo che si presenta all’insegna della sostenibilità.
Quando si confronta il numero delle medaglie olimpiche vinte complessivamente quest’anno dalla Cina con quelle vinte da tutti gli Stati membri dell’ Unione Europea ci rendiamo conto che quest’ ultima si posiziona al primo posto del medagliere olimpico a dimostrazione che anche nello sport come nel business l’ Unione Europea unita gioca un ruolo da protagonista.
Una delle principali caratteristiche del mercato cinese, sin dal momento della sua adesione all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), è stata la sua capacità di mantenere un surplus commerciale rispetto all’UE. Tale surplus è stato anche favorito dall’aumento dei prezzi dell’energia nell’eurozona, che ha determinato una crescita delle importazioni cinesi e, di conseguenza, il più alto deficit commerciale nell’UE sul fronte della fornitura di beni degli ultimi 13 anni. Tale percezione si riflette anche nelle relazioni commerciali tra Cina ed UE (ancora più significative, se si considera che la Cina per le merci è oggi la prima partner dell’ UE, superando gli Stati Uniti nell’ estate del 2020).
Tuttavia rimangono incertezze sull’effettivo e completo rispetto da parte della Cina di pratiche commerciali leali, diritti di proprietà intellettuale e obblighi discendenti dalla sua adesione all’OMC.
Il delicato sistema di equilibrio per le imprese europee
In un momento storico in cui la pandemia Covid-19 ha spinto molte imprese europee a ripensare ai propri rapporti di dipendenza con la Cina quanto ad investimenti e forniture, le imprese europee continuano a restare nel mercato cinese che riserva molte opportunità nell’attuale fase post pandemica.
Tale risultato viene confermato dai dati forniti nel Business Confidence Survey della Camera di Commercio dell’Unione europea in Cina 2021, che alla domanda posta alle imprese “Considereresti di spostare attuali o futuri investimenti dalla Cina ad altri mercati?”, ha registrato una risposta affermativa solo dal 9% delle imprese intervistate (numero tra i più bassi degli ultimi anni).
Questo non vuole dire che il mercato cinese sia esente da significative sfide da affrontare. Tra queste, si citano le problematiche relative al trasferimento forzato di tecnologia ed il furto della proprietà intellettuale, una lunga “negative lists” che escludono dal mercato alcuni settori, nonché l’attività di concorrenza sleale esercitata da alcune societa’ statali.
Nonostante cio’, al suo mercato guardano con ottimismo gli investitori europei, considerandola un’importante opportunità per lo sviluppo del business visto che circa il 30% della crescita globale da oggi al 2030 e’ prevista che venga creata proprio in Cina.
Ostacoli sulla strada degli investimenti esteri
Le pratiche commerciali sono significativamente migliorate in Cina negli ultimi anni, consentendo lo sviluppo delle imprese europee in questo mercato. Ancorché non su tutti gli aspetti, l’ambiente commerciale in Cina è generalmente favorevole ed in linea con la media dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. La Cina, dunque, si sta muovendo nella giusta direzione e con favore, accogliendo gli investimenti esteri, nonostante sia richiesto uno specifico intervento su determinate aree.
Si consideri, per esempio che la Cina, negli ultimi decenni, per certi versi, è stata cauta sul fronte dell’integrazione nell’economia globale, con esponenti promotori di una politica protezionistica e una politica di favore verso gli attori nazionali rispetto a quelli esteri. In breve, quindi, nonostante aperture e uno spirito collaborativo nei confronti di altri Paesi, non mancano vincoli e burocrazia.
Particolari tensioni si possono evidenziare sul piano dell’OMC. L’Unione Europea, infatti, tra gennaio e febbraio scorso ha avviato due procedimenti per infrazione nei confronti della Cina, per pratiche discriminatorie e mancata protezione dei brevetti standard-essenziali (Standard Essential Patents) delle imprese europee.
In particolare, l’uno riguarda il caso della Lituania, “rea” di aver autorizzato l’ apertura di una rappresentanza diplomatica di Taiwan a Vilnius che ha mandato su tutto le furie la Cina. Sembra che per tale ragione la Cina abbiamo smesso di importare prodotti tipo carne bovina, prodotti lattieri e caseari ma anche altri prodotti #madeinlituania. Tale blocco è stato asseritamente giustificato dall’Amministrazione Generale delle Dogane cinesi come dovuto ad una “mancanza di documentazione” per l’importazione.
L’altro invece riguarda la mancata protezione, secondo l’UE, da parte dei tribunali cinesi dei brevetti relativi alle tecnologie di telecomunicazione.
A fronte di tali dissidi, è importante utilizzare i sistemi di risoluzione delle controversie offerti dall’OMC, di cui sia la Cina che l’UE, sono membri rilevanti.
Il 14° piano quinquennale (che comprende una serie di iniziative di sviluppo sociale ed economico emanate dal Partito Comunista Cinese dal 1953), pubblicato lo scorso marzo ha stabilito obiettivi importanti per ridurre il consumo energetico e le emissioni di carbonio della Cina, il che costituisce un’importante iniziativa per ridurre la dipendenza cinese dal carbone. La Cina ha l’ obiettivo di raggiungere il picco delle emissioni di carbonio entro il 2030, mirando poi alla “carbon neutrality” entro il 2060.
Dal momento dell’annuncio, le industrie e le amministrazioni comunali e regionali hanno iniziato a tendere alla decarbonizzazione, elaborando progetti per il raggiungimento dei due obiettivi per la riduzione del carbonio del 2030 e 2060.
Per gli investitori europei, tale progetto rappresenta nuove opportunità di cooperazione con le società cinesi e naturalmente porta con se anche delle sfide con aziende spinte ad implementare con rapidità le loro strategie di conformità ed efficienza nel mercato.
Tuttavia, queste misure, sostenute da un crescente interesse per l'ambiente, il sociale e la governance, possono già essere condotte dalle imprese europee dal momento che l’UE ha stabilito di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, attuando sistemi di politica climatica tra i più sofisticati al mondo (si pensi al sistema di scambio delle quote di emissione dell’Unione Europea o al Patto Verde Europeo).
Man mano che l’azione per il clima diventa sempre piu’ una realtà determinante per gli interessi economici, le imprese europee in Cina possono giocare un ruolo cruciale per la costruzione di catene di approvvigionamento resilienti e sostenibili con tecnologie a basse emissioni di carbonio per lo sviluppo di un’economia più sostenibile.
In questo insieme di variabili macroeconomiche, dobbiamo ancora una volta sottolineare un dato di fatto: l’UE e, più specificatamente, le imprese europee, continuano ad investire in Cina. Quasi il 60 per cento delle imprese europee prevede di espandere la propria attività in questo Stato, come indicato nel sopracitato Business Confidence Survey, con un aumento di quasi 10 punti percentuali rispetto all'anno precedente.
La crescita economica della Cina dovrebbe ancora alzarsi al 5,2% nel 2022, con il proseguimento di tendenze positive degli investimenti. Tuttavia, è indispensabile mantenere il dialogo tra le istituzioni europee e cinesi procedendo alla ratifica dell’accordo globale sugli investimenti UE-Cina ( CAI ), che è stata bloccata per lungo tempo negando alle imprese un’ ulteriore strumento per muoversi meglio con i loro investimenti.
Prima di concludere va evidenziato che un ulteriore ostacolo commerciale per l’ingresso e la permanenza delle imprese europee in Cina è rappresentato dalle perduranti severe restrizioni di viaggio imposte a partire sin dal lontano mese di Marzo 2020, che ha duramente inciso sulle relazioni soft-business e sulla comunicazione tra partner cinesi ed europei, intessute da molti anni. Per queste ragioni, si auspica veramente l’allentamento di tali misure, con la speranza di rincontrarsi personalmente al fine di risolvere le questioni qui presentate e garantire lo sviluppo del contesto imprenditoriale come una volta.
A cura di: Avv. Carlo D’Andrea, Vice Presidente della Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina