Continuità con il luogo e con le persone

Ha gli occhi vispi e il viso entusiasta mentre racconta la sua storia Carlo Babini che, dopo una carriera in multinazionali come DuPont e Bacardi Martini, nel 2018, a 41 anni, ha preso le redini di Bacamul, l’azienda immobiliare di famiglia, ereditando dal padre Roberto e dallo zio Achille l’approccio cauto e appassionato di chi non ha debiti e non deve rispondere ad azionisti insaziabili. Da quando hanno comprato il primo hotel a Venezia, il Londra Palace nel 1938, al secondo a Firenze, sono passati la bellezza di 65 anni. «Non bisogna avere fretta, passerà un altro treno», è il motto di casa. È infatti il 2003 quando i Babini comprano The Place (ex JK Place). «Un gioiellino, sotto gli occhi di tutti: posizione spettacolare davanti a Santa Maria Novella, una delle basiliche più belle del Rinascimento, poche camere, design raffinatissimo», spiega Carlo. Continuità è la parola d’ordine della famiglia, con il territorio e con le persone. Claudio Meli, ex concierge e attuale direttore dell’hotel, è il loro uomo a Firenze come Alain Bullo lo è nella pole position di Riva degli Schiavoni. Fiorentino il primo, veneziano il secondo (anzi è cresciuto in hotel perché suo padre ci ha lavorato una vita) trattano l’hotel come fosse la loro casa. Nella concezione aziendale, il rapporto di lavoro è un po’ come un matrimonio: richiede investimento da entrambe le parti, ma se c’è un obiettivo comune sano e basato su buoni principi, si raggiunge il successo e, soprattutto, può durare per sempre, come dimostrano i molti contratti più che decennali.

Nel 2011 arriva il terzo albergo, Borgo dei Conti, immerso in un magnifico parco a una trentina di chilometri da Perugia. Di nuovo, è stato un innamoramento a prima vista a convincerli a comprare quel castello diroccato in mezzo al nulla dove si vedeva la luce del tetto filtrare tra le solette sfondate fino al piano terra. Dopo una prima ristrutturazione, francamente un po’ troppo business, il borgo è di nuovo un cantiere che l’anno prossimo diventerà un country resort come si addice alla sua posizione in una regione, l’Umbria, dove il turismo è cominciato con il passo giusto: sostenibile, spirituale e a contatto con la natura.

Ora gli hotel sono tre, e con la nuova idea di centralizzare sotto il medesimo ombrello le singole realtà, all’inizio del 2023 è nata la collezione The Hospitality Experience per condividere la gestione e le missioni dell’azienda: offrire un’accoglienza di alto livello, mantenere un carattere famigliare, valorizzare le unicità dei territori. Tutto il contrario della globalizzazione di cui Carlo Babini si dichiara acerrimo nemico anche come viaggiatore: «Globalizzazione uguale standardizzazione. Mi chiedo perché fare ore e ore di volo e pagare cifre folli per trovare le stesse camere, gli stessi menù, gli stessi negozi a Ginevra, a New York e a Hong Kong. Quando viaggio, spero di sperimentare l’accoglienza locale, assaggiare cibi nuovi, incontrare un artigiano che fa qualcosa di unico».

Riflessioni che già da un paio di anni hanno portato i Babini a concepire i propri hotel come soggetti attivi nel tessuto sociale in cui si trovano, lasciandosi alle spalle le vecchie definizioni di luoghi dove si dorme per qualche notte e basta. L’hotel (e le persone che ci lavorano) è il tramite più diretto e naturale tra turista e destinazione. Così è nata l’idea di The Place of Wonders, una fondazione che salvaguarda e supporta la creatività italiana, per esempio con borse di studio per aspiranti artigiani e artisti.

Il progetto è iniziato al The Place un anno fa, con l’invito agli ospiti a visitare alcune botteghe scelte e con la creazione di un fondo per le donazioni, e ora è pronto a partire al Londra Palace con gli artigiani veneziani. Di nuovo il progetto è frutto della complicità tra direttori profondamente radicati nel territorio e la famiglia, in questo caso rappresentata da Michela Canzi Blanc, moglie di Carlo Babini, il quale ricorda orgogliosamente l’insegnamento della nonna benefattrice: «Agiva senza esibire le sue opere che hanno concretamente aiutato moltissime persone», delle quali il nipote ancora raccoglie la riconoscenza.

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