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May 11 2016
Ancora carneficine a Baghdad, capitale dell'Iraq.
L'Isis torna a colpire nel cuore di Baghdad con tre attentati che hanno ucciso oggi quasi cento persone e ferito, in maniera anche molto grave, più di 150.
L'autenticità della rivendicazione dell'Organizzazione dello Stato islamico, apparsa sui siti jihadisti, non è verificabile ma la dinamica dei tre attacchi compiuti a est, a nord e nel nord-ovest della capitale ricorda in effetti gli attentati compiuti in precedenza dall'Isis e dai miliziani qaedisti.
Nel primo attacco, un'autobomba ha sventrato un mercato all'aperto a Sadr City, sobborgo orientale a maggioranza sciita e roccaforte del movimento politico guidato dal leader radicale sciita Moqtada Sadr.
L'Isis considera gli sciiti - giudicati apostati - il principale bersaglio delle proprie attività terroristiche.
In questo attentato, che secondo i media dell'Isis è stato compiuto con un kamikaze, sono morte 63 persone e 85 sono rimaste ferite. Il bilancio potrebbe aggravarsi perché molti feriti versano in condizioni definite "disperate" dai medici.
#IRAQ#IslamicState Claims 60 Killed In A Suicide Attack In #Baghdad's Sadr City. #TerrorMonitor. pic.twitter.com/rSehjWLkNR
Terrormonitor.org (@Terror_Monitor) 11 maggio 2016
Nel primo pomeriggio altri due attacchi sono stati compiuti nel quartiere settentrionale di Jamiya, dove sono morte 12 persone e altre 46 sono rimaste ferite; e nel rione nord-occidentale di Kadhimiya, anch'esso a maggioranza sciita. Qui sono rimaste sul terreno 18 persone, tra cui cinque poliziotti.
Trentaquattro sono i feriti di questo terzo attacco.
Secondo le autorità irachene in tutti e tre gli episodi sono state usate delle autobomba mentre l'agenzia di notizie dell'Isis attribuisce le esplosioni ad attentatori suicidi.
Secondo cifre fornite dall'ufficio dell'Onu a Baghdad lo scorso aprile ben 741 persone sono state uccise dalle violenze in corso nel Paese. Di queste, 410 erano civili e gli altri erano poliziotti, militari e miliziani anti-Isis.
In febbraio si era registrato il più sanguinoso attacco contro Sadr City, rivendicato anche in quel caso dai jihadisti.
Diversi attentatori avevano seminato il terrore in un centro commerciale uccidendo 73 persone.
Gli attacchi odierni colgono l'Iraq nel mezzo di una crisi istituzionale e politica causata da contrasti locali e nazionali tra le varie forze politiche, ciascuna legata alle potenze regionali di riferimento.
La crisi paralizza da settimane la vita istituzionale del governo del premier, lo sciita Haider al Abadi e del parlamento, con inevitabili ripercussioni sulla capacità delle autorità di far fronte alle emergenze umanitarie e di sostegno allo sviluppo della società civile che resiste alle violenze.
Il confronto fra i sunniti e gli sciiti è il nodo cruciale della disgregazione dei diversi paesi mediorientali ed è un'ipoteca sulle prospettive di pace, in Siria, Iraq e nello Yemen.