Politica
June 25 2024
La vittoria nel ballottaggi della sinistra è chiara. È altrettanto chiaro che certe reazioni post spoglio da parte di diversi esponenti del Pd e non solo, sono esagerate. Soprattutto sono in contraddizione con quanto gli stessi Dem dissero dopo le politiche del 2022.
«Le città hanno bocciato il governo Meloni…» ha detto il segretario Pd, Elly Schlein, che deve aver dimenticato come solo 15 giorni fa hanno visto la coalizione di centrodestra al Governo crescere nelle percentuali rispetto alle politiche. Un errore che derubrichiamo ad «eccessivo entusiasmo causato da una scarsa abitudine al successo nelle urne». Le analisi più fini, opinionisti e politici, tutti assieme senza distinzione, hanno puntato sul «doppio turno», la vera forza dell’opposizione. Che sia Italia, o Francia (cosa quanto mai attuale dato che domenica 30 giugno e domenica 7 luglio, i transalpini saranno chiamati al voto per la nuova Assemblea Nazionale) la salvezza per la sinistra è la seconda tornata, dove vale una ed una sola regola: tutti uniti contro la destra. Dal punto di vista normativo e democratico la cosa è assolutamente legittima; certo, da noi esiste un’altra legge elettorale, ma è evidente che la sinistra a questo punta. Cercare di mettere assieme tutto il rastrellabile a parte i 4 partiti di maggioranza per arrivare a quel voto in più che fa la differenza.
Chiamatelo come volete: campo largo, larghissimo, o coalizione democratica o antifascista, poco cambia e poco conta, la ricetta vincente della sinistra è questa.
Peccato sia una ricetta già vista, vecchia, sconfitta e superata. In passato il Pd è stato abile regista di manovre di palazzo che al grido di «fermiamo la destra» ha creato maggioranze senza alcun capo ne coda. Dal punto di vista dei seggi e dei voti si è trattato di esecutivi capaci anche di stare in piedi (per qualche mese) ma dal punto di vista politico e del lavoro effettivamente fatto per il paese sono stati delle vere e proprie disgrazie. Un comportamento che nelle politiche 2022 gli elettori hanno fatto pagare alla sinistra. Non a caso dopo il voto che ha spalancato le porte di Palazzo Chigi a Giorgia Meloni, diversi esponenti di alto livello (primo tra tutti l’allora segretario Enrico Letta) dichiararono questo: «Basta a governi e governicchi senza alcun programma o ragione politica vera e condivisa. D’ora in avanti solo coalizione degne di questo nome, altrimenti si va all’opposizione, a testa alta…».
Ecco, è bastato un ballottaggio in una manciata di capoluoghi e grandi città per far cambiare idea al partito Democratico, per ritornare a riproporci il tutto insieme. appassionatamente. Da un certo punto di vista spero che la cosa accada davvero. Sono curioso di capire come farà la segretaria con l’armocromista a unire Fratoianni, con la Salis, con il Pd, i grillini (o quello che resta del Movimento 5 Stelle), per finire con Renzi e Calenda, che saranno pure piccoli ma senza dei quali il giochino del “tutti insieme” è sconfitto per semplici regole matematiche e numeriche. Immagino già le difficoltà per conciliare le diverse posizioni sull’Ucraina, su Israele, sulla Nato, sul mondo green, sulla nuova Europa, sulle case occupate, sui migranti, sul Reddito di Cittadinanza, sul Superbonus, sulla maternità surrogata, e ancora ancora ancora.
Mi immagino che alla Schlein servirà più un esorcista ed uno psichiatra che un’esperta di look ed estetica per sopravvivere a tante teste diverse, tutte assieme.
L’Italia è un grande paese e merita dei governi all’altezza; non una cozzagli di persone con una sola idea in testa, idea e coalizione che finisce di esistere il giorno stesso dello spoglio. L’abbiamo già visto, abbiamo visto la triste fine di queste cose. Sarebbe solo l’ennesimo suicidio annunciato.