Bambini, covid e scuola. Le 11 risposte (e consigli) dei medici
Una ricerca da poco pubblicata sul "Journal of Pediatrics", portata avanti da un gruppo di ricercatori del "Massachusetts General Hospital" e del "Mass General Hospital for children" di Boston proietta un'ombra oscura sulla riapertura delle scuole.Numeri alla mano, i ricercatori lanciano l'allarme sul fatto che i bambini, che durante il picco della pandemia sembravano essere stati risparmiati dal virus, possano in verità "contenere" –anche in assenza o scarsità di sintomi- una carica virale altissima, addirittura maggiore degli adulti ricoverati in ospedale in gravi condizioni o in terapia intensiva.
Potrebbero quindi rivelarsi una sorta di super diffusori, e costituire la punta sommersa dell'iceberg di Covid-19.
Ne abbiamo parlato con Alessio Fasano, autore –tra gli altri- dello studio statunitense e Professore di pediatria alla Harvard Medical School di Boston, e Gianvincenzo Zuccotti, direttore del Dipartimento di Pediatria dell'ospedale Buzzi di Milano.
All'inizio della pandemia si è detto che i bambini non diffondevano il virus. È vero?
(Zuccotti) - Non possiamo dire che i bambini non si ammalano, né che non contagiano. Anche perché sarebbe un'anomalia, un'infezione virale che non vede i bambini essere un facile veicolo di diffusione.
Che cosa è emerso dall'ultimo studio americano sulla contagiosità dei bambini?
(Fasano) Lo studio ha reclutato bambini che erano stati in contatto con un soggetto Covid-19 positivo - con l'intento di capire perché non si infettassero - o che vivevano in aree ad altissimo tasso pandemico, o che presentavano sintomi vaghi, raffreddore, un po' di tosse, un po' di febbre. I risultati sono stati sorprendenti: il 25 per cento dei bambini aveva livelli altissimi di Sars-Cov 2 nelle alte vie respiratorie, anche più alti di quelli di pazienti ricoverati nelle terapie intensive: È la conferma di ciò che tutti gli epidemiologi dicono da tempo, e cioè che i casi di Covid-19 diagnosticati sono la punta di un iceberg. C'è una porzione di popolazione che contribuisce alla diffusione del virus ma non presenta sintomi: i bambini sono in questa categoria.
Per la riapertura delle scuole si parla solo di mascherine, distanziamento e igiene. Bastano?
(Zuccotti) No, occorre fare screening sierologici e ripeterli, tenendo monitorati i bambini ogni 2 o 3 mesi perché il virus circola in modo anche asintomatico. Bastano anche i test pungidito, che consentono di eseguire un esatto dosaggio anticorpale, senza tampone. È un test non invasivo che possono fare anche i genitori a casa, ma più affidabile dei test rapidi: danno una sovrapposizione del 99 per cento con il prelievo ematico. Possono essere fatti in tutti i laboratori che eseguono screening neonatali con una capacità produttiva di almeno 30 mila a settimana: ma potrebbero essere di più, e con costi molto bassi.
I test potrebbero evitare chiusure generalizzate?
(Zuccotti) Facendo i test all'inizio della scuola, e ripetendoli dopo due mesi potremmo già avere un'idea di cosa sia accaduto, e fare una differenziazione tra fasce d'età: non è detto che il comportamento sia uguale tra scuola primaria e secondaria. Inoltre se il virus circola, ma in modo asintomatico, non è rilevante: si possono lasciare aperte alcune scuole e chiuderne altre, ma con il discernimento dettato dai dati.
Quando andrebbe misurata la temperatura ai bambini, a casa o a scuola?
(Zuccotti) Sicuramente a scuola, perché a casa i genitori potrebbero usare termometri classici, elettronici etc etc) e non ci sarebbe uniformità. E si potrebbero «nascondere» o minimizzare i sintomi.
Il virus Sars-Cov 2 è meno aggressivo nei bambini?
(risponde Fasano)Il virus ha tre stadi di infezione: un primo stadio, comune a tutti i coronavirus noti e alle influenze, è che la prima colonizzazione avviene nelle alte vie aeree. Clinicamente, queste sono persone stanno bene e non sono visibili ai sistemi sanitari. Questa prima fase coinvolge adulti e bambini in uguale misura: non hanno sintomi o se li hanno sono vaghi e blandi. Segue - in un sottogruppo di pazienti - una seconda fase, quasi unicamente negli adulti: il virus viaggia dalle alte vie aeree a quelle basse, coinvolgendo i polmoni. E lì crea enormi danni, come polmonite interstiziale. I bambini, per motivi ancora non chiari, sembrano non attraversare la seconda fase. Il terzo stadio è invece comune ad adulti e bambini: settimane dopo l'infezione, e in un numero ancora più ristretto di pazienti, si assiste a una risposta immunitaria abnorme, la cosiddetta tempesta di citochine. Nei bambini assomiglia alla sindrome di Kawasaki, anche se abbiamo elementi sembrano suggerire si tratti di due entità distinte anche se clinicamente simili.
C'è un'età fino alla quale un bambino si ammala solo lievemente?
(Fasano) Purtroppo no. I 18 bambini che, nel mondo, hanno sviluppato la sindrome multiorgano, la Kawasaki, erano proprio quelli più piccoli, con una risposta anticorpale contro il virus molto più violenta di quelli che sviluppavano pochi sintomi. E questo apre un'altra preoccupazione: quando avremo un vaccino, e lo somministreremo ai bambini, ci potrà essere un sottogruppo che risponderà al vaccino –che ha proprio la funzione di istigare il sistema immunitario a montare una risposta anticorpale- in maniera anomala, quindi con un aumentato rischio di sindrome multi organo. Chiaramente non sto dicendo che non dobbiamo vaccinare i bambini, anzi. Ma sarà necessaria una sorveglianza attenta nel periodo post-vaccinale.
In Italia c'è l'obbligo di indossare la mascherina dai 6 anni: negli Usa l'obbligo parte dai 2. Cosa è meglio?
(Fasano) Le uniche norme che si sono dimostrate efficacissime per contenere l'epidemia, sono mascherina, distanza fisica e lavaggio frequente delle mani. Se dobbiamo aprire le scuole, e farla in presenza, allora bisogna rispettarle . A 4, 5 anni devono indossare le mascherine, anche se è complicato.
Negli Stati Uniti, così come in Germania, alcuni Stati hanno riaperto le scuole e poi le hanno richiuse. Potrebbe succedere lo stesso in Italia?
(Fasano) È la dimostrazione che se i dati clinici non vengono considerati, se ne pagano conseguenze gravi. Non si possono considerare i bambini come avulsi e immuni da contagi e pandemia. Se bisogna aprire, la densità delle classi deve ridursi: o dividendo le classi a metà con doppi turni mattina e pomeriggio, o metà in presenza e metà in remoto, o con aule separate. E dovranno essere gli insegnanti a doversi muovere da una classe all'altra, non i ragazzi.
Sarà possibile usare le mense scolastiche?
(Fasano) Assolutamente no. Inoltre, ogni bambino dovrà andare a scuola con il proprio igienizzante personale, sempre a portata di mano. È una questione di salute pubblica: occorre proteggere una popolazione vulnerabile come quella pediatrica da una situazione che rischia di peggiorare se non si prendono le giuste decisioni. Non sappiamo ancora le conseguenze a lungo termine dell'infezione da SARS-CoV2, per i bambini così come per i loro genitori e nonni.
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