Economia
October 27 2017
Nessun cedimento, nessun passo indietro.Ignazio Visco, governatore uscente della Banca d'Italia,è stato confermato nel suo ruolo per un altro mandato, cioè per altri sei anni. E' finita dunque in un nulla di fatto l'iniziativa dell'ex-premier e attuale segretario di Partito Democratico,Matteo Renzi, che avrebbe voluto dare il benservito a Visco, imputandogli la colpa di non avere gestito bene le crisi bancarie degli ultimi anni.
Dalla scorsa settimana la Banca d’Italia è infatti al centro delle polemicheproprio perché unamozione parlamentare del Pd aveva chiestola testa del governatore, attirandosi critiche da più parti: da alcuni parlamentari della maggioranza, dalle opposizioni ma anche da autorevoli esponenti del governo come il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda.
L’iniziativa del Partito Democratico si addentra infatti in un terreno molto insidioso, quello dei rapporti tra il potere politico e la Banca d’Italia, che è sempre stata un organismo tecnico e istituzionale sopra le parti e distante il più possibile dalle polemiche. Questa caratteristica è un po’ nel Dna di Bankitalia che nacque nel lontano 1893 proprio in seguito a uno scandalo che vedeva coinvolti diversi esponenti dell’establishment politico di allora e arrivò pensino a lambire uno statista del calibro di Giovanni Giolitti.
Si tratta dello scandalo della Banca Romana, un istituto finanziario che dopo l’Unità d’Italia aveva il potere di battere moneta e che stampo’ illegalmente banconote in eccesso, finite poi in maniera fraudolenta nelle tasche di diversi parlamentari. Dalle ceneri della Banca Romana in liquidazione e di altri tre istituti autorizzati a stampare soldi, e’ nata Bankitalia che è rimasta la massima autorità monetaria del nostro Paese fino al 1999, quando la nascita dell’euro ha trasferito gran parte dei suoi poteri in capo alla Bce.
In oltre 120 anni di storia, il problema dei rapporti tra Bankitalia e la politica è riemerso a intervalli quasi regolari, sfociando a volte in vicende molto turbolente. Memorabile quella che risale al 1979 e che portò all’incriminazione del governatore Paolo Baffi e del direttore generale, Mario Sarcinelli (che fu addirittura arrestato), per accuse poi cadute nel nulla.
Secondo diverse ricostruzioni, si trattava infatti di uno scandalo giudiziario creato ad arte per colpire la Banca d’Italia e la sua fermezza nelle attività di vigilanza sul Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e sulle attività criminali del faccendiere Michele Sindona.
Anche negli anni ’80 del secolo scorso, i rapporti tra Bankitalia e la politica sono stati oggetto di contrapposizioni. Fece molto discutere anche quel che accadde nel 1981 quando fu deciso il cosiddetto “divorzio” dal Tesoro, che fu accompagnato da polemiche al vetriolo tra i ministri Nino Andreatta e Rino Formica.
Nello specifico, fu deciso che Bankitalia non dovesse fare più da garante ultimo dei titoli del debito pubblico (Bot, Cct e Btp) emessi dal governo nelle aste. Lo scopo era proprio dare ancor più autonomia dalla politica alla banca centrale, evitando che facesse da stampella a governi spendaccioni incapaci di controllare il deficit e il debito.
Per garantire una montagna titoli di stato emessi nelle aste, infatti, Bankitalia era costretta a stampare soldi oltre la propria volontà, rischiando così di perdere il controllo della politica monetaria e di essere incapace di tenere a bada l’inflazione.
Ecco dunque perché Bankitalia è sempre stata un organismo che ha conservato gelosamente un ruolo sopra le parti e lontano dall’agone politico. Si è sempre voluto cosi’ evitare che questa authority, invece di gestire la politica monetaria e vigilare sul settore del credito con estremo rigore, usasse il suo enorme potere per compiacere i desiderata dei governi di turno (soprattutto quelli un po’ troppo di manica larga nelle spese) o che chiudesse un occhio di fronte alle malefatte di qualche banchiere amico dei potenti.