Banche: cosa succede se l'Italia va in default

È curioso scoprire come ormai i paesi dell'area euro siano legati tra loro: facendo i dovuti scongiuri, ad esempio, se saltasse l'Italia, la Francia non sarebbe in grado di finanziare i suoi enti locali. Possibile? Proviamo a spiegarlo, illustrando uno studio sullo stato delle banche dell'Eurozona e in particolare del Sud Europa, Italia compresa, che circola da alcuni mesi nelle cancellerie del Nord Europa.

Le banche italiane, infatti, devono difendersi oggi su due fronti. Su quello dei non performing loans (i crediti di dubbia riscossione) la situazione è andata migliorando: stando a Bankitalia sono calati a 130 miliardi a luglio (-21 per cento in 12 mesi). Gli investitori, però, da alcuni mesi sono preoccupati dall'esposizione del nostro sistema bancario al debito pubblico che viaggia al 132 per cento del Pil. Cosa potrebbe accadere nel caso di default parziale dell'Italia?

Lo studio olandese

A dare una risposta al quesito che tutti pensano (soprattutto dalle Alpi in su) e nessuno dice pubblicamente, è stato il governo dei Paesi Bassi. In un paper pubblicato lo scorso maggio, il centro studi CPB Netherlands Bureau for Economic Policy Analysis, braccio del ministero del Tesoro olandese, ha provato a calcolare l'impatto di un default parziale del nostro debito pubblico sul bilancio delle 92 banche europee più importanti, quelle più grandi che ricadono sotto la vigilanza della Bce.

Fari puntati sul bilancio

Gli olandesi, per la verità, non sono i soli a preoccuparsi dello stato del debito pubblico e delle banche del Sud Europa. Che Btp e titoli bancari siano legati a doppio filo, lo si capisce controllando le vendite sui mercati finanziari: sono iniziate proprio a metà maggio, quando si è formata la coalizione giallo-verde, e sono proseguite per tutta l'estate in attesa delle revisioni del giudizio di merito di credito del nostro paese da parte delle agenzie di rating in vista dell'approvazione della legge di bilancio a fine settembre.

Le rassicurazioni di Tria e Conte

Del resto, le recenti rassicurazioni del premier Conte e del ministro dell'Economia Tria sul rispetto dei vincoli e delle regole europee sul rapporto deficit/Pil hanno fatto tornare il sereno, con nuovi acquisti di titoli di stato e a Piazza Affari, dove dal 14 maggio, il lunedì successivo alla due giorni di Milano cha ha visto la nascita del contratto di governo tra M5S - Lega, i titoli bancari hanno perso oltre il 20 per cento del loro valore di Borsa. Il problema del debito sembra non impensierire più? Troppo presto per cantare vittoria: il macigno resta e resterà sulla testa di questo esecutivo e dei prossimi governi che guideranno l'Italia. Proviamo, quindi, a vedere che cosa potrebbe accadere, se avessero ragione i pessimisti.

Lo stress test degli olandesi

Gli esperti del centro studi olandese, che ha sede all'Aia, hanno utilizzato i dati di bilancio dagli ultimi stress testa partire da giugno 2017. La loro analisi considera "solo gli effetti diretti sulla posizione patrimoniale delle banche", tralasciando quelli che dipendono dai cambiamenti all'economia di un paese (come una recessione) o dai prestiti interbancari. Un modo per dire che l'impatto potrebbe essere persino peggiore di quanto calcolato.

Immaginano, i "pessimisti" olandesi, che l'Italia sia costretta in un modo o nell'altro a cancellare (write-off) il 20% dei titoli di stato in circolazione a seguito di una ristrutturazione parziale del debito pubblico. Risultato? Le più colpite, ovviamente, sarebbero le banche italiane, che hanno in pancia 143 miliardi di euro in titoli di stato italiani (le banche francesi ne hanno per 49 miliardi, le spagnole per 29 miliardi, le belghe per 26 miliardi e le tedesche per 24 miliardi).

L'impatto sugli istituti: un buco di 29 miliardi

Il default parziale dell'Italia, insomma, comporterebbe una perdita complessiva di 29 miliardi, una bomba in grado di distruggere poco meno di un terzo (29%) del capitale delle principali banche italiane. Le schegge, però, arriverebbero anche fuori confine e gli altri europei avrebbero poco da ridere: gli olandesi calcolano un impatto in media del 3 - 5 per cento sul capitale delle banche in tutta Europa, ma segnalano almeno due casi eclatanti.

E su quelli belgi e francesi

La più vulnerabile nello stress test è Dexia, la banca belga colpita dalla crisi del 2008 e salvata nel 2011: nel caso di default italiano il suo capitale si ridurrebbe del 15 per cento, cioè di circa 5 miliardi di euro. Ben più triste, invece, sarebbe il finale per la banca d'investimento statale francese, la Sfil, nata nel 2013 per garantire la stabilità dei finanziamenti al settore pubblico locale del paese d'Oltralpe: è molto esposta al debito pubblico italiano e il suo indice di solidità patrimoniale (CET1 ratio) crollerebbe di ben 23 punti percentuali in caso di un parziale default del nostro paese. In altre parole, sarebbe spazzata via.

Per saperne di più

YOU MAY ALSO LIKE