Economia
November 10 2017
Difficile essere ottimisti sulle banche italiane, anche se i segnali positivi non mancano. Prendiamo le ultime quattro settimane in cui si sono susseguite notizie positive e negative (tra cui due bocciature e una promozione da parte delle agenzie di rating), di fronte alle quali è problematico esprimersi sullo stato dei principali istituti di credito italiani.
È anche un po' la solita questione del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto: dipende a che cosa si dà importanza. Proviamo, quindi, a ricapitolare quanto è accaduto nell’ultimo mese.
Prima la doccia fredda: Moody’s (il 17 ottobre) e Fitch (18 ottobre) mantengono un outlook negativo sui 18 principali istituti italiani. Le due agenzie di rating continuano a non fidarsi dei nostri istituti: il livello di crediti non performing, 349 miliardi di euro oltre al 17% degli impieghi contro una media Ue del 5,1%, è troppo alto rispetto all’attuale redditività e capacità di generare capitale del sistema che è ancora debole.
Un giudizio duro che spinge il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, a ricordare che comunque le banche sono migliorate, anche se la strada è in salita, visto che l'ammontare di crediti dubbi da inizio anno è diminuito del 25%.
Passate due settimane, arriva però un inaspettato "dolcetto di Halloween" da parte di Standard & Poor’s (il primo novembre). L’agenzia, in passato poco generosa sull’Italia e i suoi istituti, alza il rating di 11 banche italiane (tra cui Intesa Sanpaolo, Mediobanca, BNL e UniCredit) e conferma il giudizio su altri 7.
"L'economia italiana è ora più resiliente agli shock futuri, nella nostra visione. Migliori prospettive economiche potrebbero anche sostenere il merito del credito nel settore privato, ed è probabile aiuti le banche domestiche a ridurre gli ampi stock di esposizioni non performing".
Questo scrivono gli analisti di S&P sulle banche (prevedono che le esposizioni ai crediti deteriorati scenderanno al 13 – 14 per cento nel 2019), dopo aver promosso pochi giorni prima il rating sovrano dell’Italia a BBB.
A differenza di quanto visto negli ultimi nove anni, le prospettive sull’economia dell’Italia questa volta sollevano le banche.
"Quest'azione rispecchia quella relativa al rating sovrano, dal momento che di solito le agenzie di rating non valutano una banca al di sopra del rating sovrano" spiega Mondher Bettaieb Loriot, responsabile degli investimenti in obbligazioni societarie di Vontobel, in una newsletter destinata ai clienti della banca di Zurigo.
"Gli istituti di credito vengono normalmente penalizzati in caso di default dei titoli sovrani, poiché detengono quantità consistenti di titoli di Stato in valuta locale a fini di liquidità. Il caso italiano ne è un valido esempio". Le banche italiane del resto hanno in mano il 20 per cento circa del debito sovrano italiano, una cifra di circa 440 miliardi di euro.
Ma una promozione forse non basta. È troppo presto, infatti, per festeggiare: Creval in una sola seduta (mercoledì 8 novembre) perde un terzo del suo valore trascinando giù tutto il comparto bancario, anche se è bene ricordare che l'indice di settore (FTSE Italia Banche) da inizio anno ha guadagnato oltre il 20 per cento: gli investitori, dopo il crollo dello scorso anno (-40 per cento), che sono tornati a comprare i titoli delle banche italiane sono ancora di più di coloro che hanno venduto.
L'ultima valanga a Piazza Affari è comunque la reazione dei mercati all’annuncio (martedì 7 novembre, a mercati chiusi) di un aumento di capitale da 700 milioni di euro e di un piano industriale molto aggressivo varato per ridurre il rischio della banca e cedere i crediti deteriorati, un problema quest'ultimo che, secondo alcuni analisti, riguarda anche Carige, Bper e Banco Bpm.
Sullo sfondo, restano le nuove regole europee sulla copertura dei crediti deteriorati che penalizzerebbero le banche italiane tanto da spingere alcuni grandi hedge fund americani a scommettere a suon di miliardi contro i principali titoli finanziari quotati a Piazza Affari.
"La questione degli Npl rimane cruciale ed è ritenuta tale dai mercati oltreché dai regolatori. Così abbiamo deciso di affrontarla una vola per tutte" ricorda Mauro Salvetti, d.g. di Creval. Lo faranno, molta probabilmente, con la stessa decisione anche altri istituti.
Intanto, Daniéle Nouy, che presiede la vigilanza della Bce sulle banche, apre a possibili cambiamenti, soprattutto sulla tempistica di attuazione delle nuove regole. Probabile che la data dell’entrata in vigore, 1 gennaio 2018, possa slittare. Sarebbe un'altra buona notizia per i nostri istituti: il bicchiere non è poi così vuoto.