Economia
January 30 2015
Sportelli chiusi in tutta Italia e manifestazioni in quattro città: Milano, Roma, Ravenna e Palermo. È la giornata dello sciopero nazionale dei dipendenti del settore bancario, il secondo nell'ultimo anno e mezzo, dopo quello già effettuato nell'ottobre del 2013. La protesta è legata al contratto collettivo nazionale di categoria che l'Abi (associazione bancaria italiana) vuole disdettare in anticipo nel prossimo mese di aprile.
La rottura delle trattative tra le parti sociali risale alla fine del novembre scorso quando Alessandro Profumo, presidente del Monte dei Paschi di Siena e delegato dell'Abi per portare avanti il negoziato sui contratti, ha incontrato i sindacati presentando delle richieste che sono state subito respinte al mittente. Nello specifico, i banchieri vogliono tenere sotto pressione i salari, tagliando gli scatti di anzianità e concedendo aumenti delle retribuzioni nell'ordine dell'1,85%, contro il 6% circa richiesto dalle sigle dei lavoratori, che consentirebbe di recuperare l'inflazione dell'ultimo triennio. Inoltre, l'Abi intende rafforzare notevolmente la contrattazione di secondo livello, cioè gli accordi di lavoro stipulati nelle singole aziende, depotenziando invece quelli siglati a livello nazionale dai sindacati di categoria.
"L'adesione allo sciopero èaltissima, attorno al 90%. Gli sportelli sono bloccati in tutta Italia" ha dichiarato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. "Abbiamo la sensazione che l'Abi non esista. UniCredit sta spingendo per avere il proprio contratto aziendale di gruppo". Questo vuol dire che lascerà l'Abi? "Non è indispensabile - risponde Sileoni - ma è chiaro che ci stanno provando. Lo sappiamo per certo e facciamo nomi e cognomi di chi vuole creare un precedente, perchèse passa il principio che il contratto nazionale non vale più niente questo accadrà anche in altri settori", ha concluso, citando l'uscita di UnipolSai dall'Ania. Supporto arriva da Susanna Camusso, leader della Cgil, presente al corteo di Milano. "Se l'Abi non cambia idea continueremo la mobilitazione e gli scioperi" ha detto. "Le categorie ci hanno ragionato e discusso, lo diremo oggi in tutte le piazze''.
Banche: le ragioni dello sciopero di oggi
Alla base dello sciopero, però, non c'è solo una questione di contratti e di mancati aumenti. L'astensione dal lavoro, che ha come promotori i sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil) e quelli autonomi come la Fabi, è legata anche e soprattutto alle profonde trasformazioni che il mondo bancario italiano sta attraversando in questi anni. Dal 2000 in poi, in questo settore sono già spariti 68mila posti di lavoro e altri 40mila esuberi, secondo alcune stime che circolavano già nel 2013, potrebbero essere messi in agenda nei prossimi anni. Anche nel nostro paese, come nel resto d'Europa e del mondo industrializzato, si sta infatti assistendo progressiva migrazione dei clienti verso i conti online gestiti via internet, che riducono l'importanza delle filiali sparse sul territorio. Per questo, i grandi gruppi bancari vogliono tenere sotto torchio le spese del personale, che oggi pesano per oltre il 55% sui costi totali degli istituti di credito.
Banche e Bce: chi perde (e chi no) con la vigilanza unica
Ovviamente, i sindacati hanno buon gioco a ricordare che, quando si parla di stipendi, i primi a farsi un esame di coscienza dovrebbero essere i banchieri e non i bancari. Secondo le stime di Fisac Cgil, infatti, i 5 più importanti amministratori delegati delle banche italiane ricevono un compenso medio (tra parte fissa e variabile) di ben 3,7milioni di euro, mentre per i dirigenti pubblici c'è un tetto annuo massimo di 240mila euro e il governatore di Bankitalia guadagna non più di 460mila euro. Sono dati che la stessa Abi ha contestato, poiché si riferiscono a una ristrettissima platea di top manager mentre la retribuzione media di tutti i dirigenti di alto livello del settore bancario è ben più bassa, attorno a 246mila euro.
Banche Popolari: cosa cambia in 5 punti
A parte le dispute sui compensi, però, ad alimentare le tensioni sindacali nel settore creditizio è anche la prossima riforma delle Banche Popolari che, secondo un decreto da poco approvato dal governo, dovranno trasformarsi in società per azioni entro i prossimi 18 mesi e diventeranno dunque papabili prede di gruppi italiani e stranieri. Con questa riforma, secondo una nota dell'associazione di categoria Assopopolari, potrebbe verificarsi presto un taglio dei costi del personale di 1,5 miliardi di euro e la perita di di 20mila posti di lavoro nel settore creditizio.