Banche: le ragioni dello sciopero di oggi

In sciopero, per la prima volta dopo 13 anni. Oggi hanno incrociato le braccia per l'intera giornata i dipendenti delle banche italiane, cioè più di 330mila persone in tutto, che non si astenevano dal lavoro dal lontano 2000. Il motivo della protesta è legato alla decisione dell'Abi (associazione bancaria italiana) di sciogliere con sei mesi di anticipo il contratto collettivo di categoria, che scade ufficialmente nel giugno del 2014.

GLI ESUBERI NEL SETTORE BANCARIO

Nel settore del credito “made in Italy”, purtroppo, tira una brutta aria: per i prossimi anni, si intravedono all'orizzonte ben 40mila esuberi, che si aggiungono ai 28.500 posti di lavoro persi dal 2008 in poi, cioè da quando è arrivata la crisi economica. Inoltre, molte banche oggi si trovano a dover gestire una montagna di sofferenze , per un valore complessivo di circa 140 miliardi di euro, che pesano come un macigno sui loro bilanci. Come se non bastasse, stanno per arrivare le nuove regole sulla vigilanza europea, che costringeranno diversi istituti di credito a rafforzare il proprio patrimonio e ad aumentare la redditività, per allinearsi ai parametri stabiliti dalle autorità continentali. Per questo, l'Abi ha deciso di stracciare il contratto prima della scadenza, con l'obiettivo di rivederlo significativamente, soprattutto nella parte economica.

Sono i costi del personale, dunque, una delle voci su cui le banche vogliono tenere sotto pressione per recuperare redditività, poiché si sta assistendo a una progressiva migrazione dei clienti verso i conti online gestiti via internet, che riducono l'importanza delle filiali sparse sul territorio. Inoltre, per l'Abi c'è la necessità di rafforzare i contratti integrativi aziendali, con una remunerazione dei dipendenti sempre più legata alla produttività, sacrificando se necessario gli accordi collettivi di lavoro firmati a livello nazionale.

LE RIVENDICAZIONI DEI SINDACATI

Non la pensano allo stesso modo, com'è ovvio, i sindacati di categoria, dalle sigle confederali di Cgil, Cisl e Uil sino alle organizzazioni autonome come la Fabi. In particolare, le associazioni dei lavoratori rimproverano alle banche di voler far pagare ai dipendenti tutti i costi di una crisi causata da altri, soprattutto dai top manager. La metà delleattuali sofferenze del sistema, per esempio, secondo i sindacati è generata dai fidi erogati dai direttori generali, dagli amministratori delegati o dai consigli di amministrazione, spesso concessi agli amici degli amici, e non è certo imputabile ai piccoli prestiti concessi dai funzionari e dai responsabili delle agenzie.

BUONUSCITE MILIONARIE

Inoltre, tra le tante rivendicazioni avanzate dalle organizzazioni dei lavoratori, c'è anche il tema delle buonuscite e dei compensi milionari dei manager, molti dei quali hanno ricevuto degli assegni d'oro anche quando hanno combinato dei mezzi disastri. Senza dimenticare, poi, che alcuni di questi alti dirigenti sono persino in ritardo nel versare il contributo del 4% del loro stipendio destinato al fondo nazionale per l’occupazione, che serve per finanziare l'assunzione di giovani, donne e disoccupati. A confermarlo è stata qualche mese la stessa Abi che, fanno notare i sindacati, non ha pubblicato però i nomi dei top manager morosi.

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