Italia
February 13 2023
A Bari è impossibile mangiare male, è molto probabile mangiare troppo. A maggior ragione se la permanenza in città non supera le 48 ore, si concentra in un fine settimana.
La prima tappa è Bari Vecchia, sintesi di cultura storica e gastronomia: andate a perdervi e a parlare con le persone. Nulla è come una conversazione con chi qui ci vive da una vita. Tutti sono straordinariamente loquaci, hanno storie dentro gli occhi e nelle pieghe delle mani.
C’è Angela che spiega che la ricetta per le orecchiette sono semolino, acqua e abitudine. Le fa da 60 anni, ha iniziato a 7 spiando la mamma, la mattina presto. Le vende, sono un prezioso souvenir.
C’è Donna Carmela che davanti casa, mentre guardi il suo salotto, ti prepara sotto il naso le sgagliozze. Polenta tagliata a scaglie, fritta in olio bollente. Untissima, golosissima.
Fermatevi lì, a Largo Albicocca, spiate con discrezione i sottani, la parte basse di queste dimore storiche, con tutta la vita in piena che ci scorre dentro. Un signore anziano steso dentro a un letto che vi fissa, una famiglia che gioca a carte: nonno e nipote, genitore assieme alla figlia. Tre generazioni riunite attorno a un tavolo in una sera qualunque, non un dì di festa. Un rito, non una ricorrenza. Siete dentro un altro tempo, che non è finto, è vero. Non rincorre uno stereotipo, non avvera una riproduzione. È memoria autentica, intatta, tutta qui.
La domenica mattina, anche se è scontato, anche se lo fanno tutti, andate al Chiringuito (foto in apertura), a incontrare i pescatori che vi guardano negli occhi ma distolgono gli occhi dalla fotocamera dello smartphone, per riserbo più che timidezza.
Guardate i locali che mangiano piattoni di pesce crudo puliti al momento, con solo una scorza di limone a fare da disinfettante, la birra Peroni, il peroncino d’ordinanza. Che quando hanno aumentato il prezzo di pochi centesimi è stata un’insurrezione. Le istituzioni non si toccano.
I panzerotti di Venezia 40 sono formidabili, non costano nulla, sono ripieni all’inverosimile. Attenti quando li mangiate o vi troverete addosso una lava fumante. Le bombette dolci da Gentile, pasta imbevuta nel caffè con sopra zabaione, sono pornografiche.
La focaccia con dentro i pomodorini del panificio Fiore è la sintesi di uno stop prelibato. Andateci presto, prima che finiscano tutto. Prendete la classica, è imperdibile.
Al ristorante Al Sorso Preferito si comincia con un ricchissimo antipasto di crudi di mare, doveroso ordinare riso patate e cozze e le orecchiette con le cime di rapa; si conclude il pasto con gli Sporcamuss, un dolce ripieno di crema da addentare rigorosamente con le mani, sporcandosi la bocca di zucchero a velo.
Il piatto forte è però un altro: gli spaghetti all’assassina. Una pasta bruciacchiata, cotta nel sugo e non nell’acqua, molto piccante. Se non sei abituato, ti fa sudare e piangere allo stesso tempo. Ti danno del dilettante, per giunta, perché ti hanno servito la versione leggera, edulcorata, alleggerita per forestieri. Già, c’è pure l’assassina alla crudele, quella sì arrabbiatissima. Un omicidio per le papille.
Negli Anni Settanta l’ha inventata lo chef Pierino, ancora ai fornelli. È successo per errore: ha dimenticato gli spaghetti sul fuoco, li ha assaggiati bruciacchiati perché non voleva buttarli, erano squisiti, con l’olio piccante ancora di più.
Una volta capito dove riempire lo stomaco, pensate a deliziare gli altri sensi. Organizzatevi per una visita esclusiva a Palazzo Fizzarotti, date un’occhiata al sito ufficiale, le fanno sia in italiano che in inglese.
È un capolavoro di eclettismo, viaggia nel tempo di salone in salone, al suo interno respira la fondazione Heart, che vuol dire cuore ma il palazzo lo vede come un polmone, un propulsore di cultura. Accoglie artisti, organizza eventi, laboratori, momenti d’incontro. È l’immagine di una Bari tenace, sveglia, attiva, che ha voglia di approfondire e scoprire.
Un altro emblema di questo spirito sono il Puglia Design Store e lo Spazio Murat, mondi comunicanti che esibiscono eccellenze, permettono anche di portarle a casa come tracce ed essenze non banali, con la tipicità e la fisicità della Puglia.
Ci sono pezzi di ceramica, oggetti per la tavola in corda, tessuti di lino biologico restituiti a nuova vita, manufatti di artisti in arrivo da tutta la regione. Era un ex mercato delle carni, è stato ristrutturato lasciando in alcuni punti lo scheletro della vecchia struttura.
È un po’ il ritornello qui a Bari: si va avanti senza abbandoni, tenendosi stretto quello che c’era. Crescendo, non solo al centro, ma nei quartieri limitrofi, che di periferico non hanno né la posizione geografica né la spinta creativa.
Eccoci nell’atelier di Arianna Vivenzio, che ricorda il design store del MoMa e altri musei d’arte contemporanea. Un piccolo mondo dove sognare, per com’è e come lo racconta lei.
Ci sono librerie flessibili, borse modulari, bottiglie d’olio in terracotta smaltata trasformate in lampade sospese.
Pochi passi più avanti e arriviamo nell’atelier di Pamela Campagna, che nelle sue tele policrome di cordicine legate tra loro, annoda anche le emozioni.
Fa nascere ritratti, volti da piccoli fili sospesi, altri che si compenetrano, dimostrandosi un’essenzialità reciproca. Una cosmogonia stilistica.
Un linguaggio a sé, come quello di Francesco Granito, che non poteva avere un nome più da predestinato. Ha preso quel cognome, l’ha reso una rottura: racconta la solidità con il massimo della leggerezza. Bolle di sapone, aeroplani di carta, uno straccio appeso a un chiodo, sculture di pioggia e di vento. Spiega: «Attraverso il peso della materia, voglio raggiungere la leggerezza della cultura».
È un’ipnosi, uno stordimento. Bisogna toccare le sue cose per accorgersi che non si piegano, non si dissolvono, non svaniscono. Nel suo atelier, che è casa con davanti un grande giardino dove si trova persino un albero di banane, riposa un castello di carte solido: non vola via al primo soffio d’aria. Se ne sta lì, impilato e immobile. A volte c’è bisogno di un antidoto all’effimero, della certezza della persistenza.
A Bari si riesce ad andare molto oltre i luoghi comuni, più in là, seppure magnifico, del pigro scontato. E sì, la basilica di San Nicola è splendida, con quel bianco puro della facciata a renderla così ieratica, ma anche quella di San Giuseppe nel quartiere Madonnella, con le sue decorazioni sfarzose, il restauro recente che ancora commuove chi l’ha portato a termine e, un aneddoto dopo l’altro, lo ripercorre e lo racconta.
Ci sono affreschi sontuosi, una grotta dedicata alla preghiera che ricorda e omaggia quella di Lourdes.
Ci sono deviazioni che diventano rifugi: per riposarsi e continuare a mangiare bene, sono due gli indirizzi da scoprire, che permettono di raggiungere il centro storico anche in bicicletta, per provare l’esperienza di una pedalata verso il cuore cittadino.
Sono entrambi del gruppo di hotellerie HO Collection, gruppo locale con tre decenni di storia alle spalle. Uno è The Nicolaus Hotel, celebre e celebrato per il suo vanto di servire la migliore colazione di Bari, con una proposta dolce e salata coerente con l’opulenza gastronomica cittadina.
Ecco, non esagerate visto quello che mangerete dopo, o almeno andate al piano di sotto, nella palestra o nella wellness area con piscina coperta, sauna e bagno turco per smaltire un po’.
L’albergo è interessante perché è il preludio delle esplorazioni artistiche che farete prima e dopo: oltre a offrire stanze da cui si scorge il centro storico, è un museo verticale, con opere a ogni piano e mostre temporanee che si affiancano ai pezzi permanenti. Ci sono spesso eventi, è parecchio popolato da giovani coppie, è riuscito a fare quello che all’estero è la norma: diventare un attrattore di gente locale, non solo un crocevia di forestieri, turisti e uomini d’affari.
Un’alternativa non distante, un filo più easy, è l’Hi Hotel Bari, campo base smart per una visita di un fine settimana o per lavorare qualche ora nelle aree comuni, sulle scrivanie dedicate allo smart working. Quando la temperatura lo consente c’è una piscina all’aperto dove bere un cocktail, dietro la hall si trova pure un bar hi-tech: ci si serve da soli, si paga tramite un tablet. Mentre la focaccia servita la mattina a colazione, comprata freschissima da una panetteria vicina, è più buona di molte altre blasonate che si trovano in città.
Da Bari si riparte con addosso un po’ di nostalgia e un promemoria prezioso: ricordarsi di apprezzare le piccole cose. E con tre chili in più in 48 ore, ma questa è un’altra storia.