Economia
June 06 2018
[UPDATE: Post pubblicato da Redazione Economia il 14 settembre 2016 e aggiornato da Massimo Morici il 6 giugno 2018]
L'acquisizione di Monsanto da parte della tedesca Bayer è decisa: il 7 giugno nasce il nuovo colosso dell'agrochimica che controllerà il 24% del mercato dei pesticidi e il 29% del mercato dei semi al mondo. La partita si è chiusa a un prezzo di 63 miliardi di dollari, tenendo conto del debito di Monsanto.
A comunicarlo in una nota è stato il gruppo di Leverkusen spiegando che "tutte le autorizzazioni pubbliche necessarie per il completamento dell'acquisizione sono sul tavolo adesso" e che il colosso tedesco della chimica giovedì "diventerà l'unico proprietario della Monsanto Company", si legge in una nota della Bayer. È la maggiore acquisizione di un'impresa tedesca all'estero, fanno presente i media nazionali, ricordando che al progetto si lavora da due anni.
L'ultima importante autorizzazione è arrivata dall'ente sulla concorrenza degli Usa nei giorni scorsi, mentre a marzo c'era stata l'approvazione dell'Ue. Novità sul fronte dei brand delle due multinazionali: Bayer ha fatto sapere che eliminerà il nome Monsanto dal suo marchio in un'operazione di rebranding. "Il nome dell'azienda resterà Bayer. Monsanto, invece, non sarà più il nome della compagnia" ha specificato l’azienda in una nota ufficiale. "I prodotti acquisiti conserveranno il nome del loro brand e diventeranno parte del portfolio della Bayer".
La statunitense Monsanto a settembre 2016 aveva accettato l'offerta d'acquisto in contanti da 66 miliardi di dollari, pari a 128 dollari per azione, avanzata dalla tedesca Bayer, dopo aver rifiutato le precedenti offerte dei tedeschi (la prima, a maggio 2016, era pari a 122 dollari per azione) considerandole insufficienti. "È un'opportunità per gli azionisti di Monsanto'' aveva affermato l'amministratore delegato di Bayer, Werner Baumann, la prima volta che l'ipotesi di nozze si era presentata, sottolineando che l'accordo offre agli investitori "valore immediato e sicuro".
Per Bayer si tratta della maggiore acquisizione della sua storia, e anche la maggiore in contanti mai vista sul mercato, superiore all'acquisizione di InBev da parte di Anheuser-Busch. Per finanziarla, Bayer raccoglierà 6 miliardi di euro in contanti tramite emissione di nuove azioni per finanziare l'operazione, sostenuta da un accordo con un consorzio di 20 banche. Il colosso tedesco della chimica, inoltre, è pronta ad emettere un bond senior in dollari ed euro, per un ammontare totale di 20 miliardi di euro, che però rischia di far aumentare il debito a oltre 30 miliardi di dollari.
Bayer prevede un contributo positivo all'utile base per azione a partire dal 2019. Dal 2021 in poi, il contributo dovrebbe essere una percentuale a due cifre. Aggiustata per le cessioni, Bayer prevede che le sinergie forniranno un contributo annuo di 1,2 miliardi di dollari all'Ebitda a partire dal 2022. Baumann ha definito questa acquisizione "una pietra miliare strategica per rafforzare il nostro portafoglio di aziende leader nel campo della salute e della nutrizione".
Il debito della società tedesca nel 2016, quando è andata in porto l'operazione, era pari a 17,45 miliardi di euro, più del doppio dei 7 miliardi di euro del 2011. E l'elevato indebitamento continua a preoccupare gli investitori, tanto da spingere S&P a tagliare il rating di due gradini passando da A- a BBB. "Siamo pronti ad affrontare livelli più elevati di debito con la volontà di ridurlo successivamente con un forte cash flow" aveva rassicurato Johannes Dietsch, il chief financial office di Bayer, durante l'annuncio dell'operazione nel 2016.
Grazie all'acquisizione Bayer potrà realizzare il grande piano di riorganizzazione per concentrarsi sulla farmaceutica e sull'agricoltura (Monsanto è il leader mondiale degli Ogm), dopo aver ceduto tutte le attività di business sulla plastica al concorrente tedesco Basf. In particolare, Bayer punta a raddoppiare l'attività agricola e a creare un "motore di innovazione leader" nell'agrochimica.
Negli ultimi anni questo settore ha sperimentato un'ondata di consolidamento con le nozze fra Dow Chemical e DuPont e di Syngenta con ChemChina. Monsanto aveva cercato di inserirsi nella corsa alle acquisizioni, tentando senza successo per tre volte l'affondo su Syngenta, per poi finire tra le fauci dei tedeschi. Questo scenario, tuttavia, preoccupa i coltivatori. In Italia, Coldiretti fa notare che ora "il 63% del mercato delle sementi e il 75% di quello degli agrofarmaci è concentrato nelle mani di sole tre multinazionali con un evidente squilibrio di potere contrattuale nei confronti degli agricoltori".