Economia
July 21 2017
Ci sono due dati, uno deludente e l'altro incoraggiante, che ieri hanno fatto da sfondo al discorso di Mario Draghi, al termine della consueta riunione mensile dei vertici della Banca centrale europea (Bce) dove è stato deciso di mantenere i tassi d'interesse invariati attorno allo zero. Il primo dato, quello incoraggiante, riguarda l'andamento dell'economia europea, che finalmente è tornata a viaggiare a ritmi abbastanza soddisfacenti, anche nei paesi come l'Italia dove la crescita sembrava un miraggio. L'altro dato, quello deludente, riguarda l'inflazione, ben lontana dal livello-obiettivo del 2%, che la Bce persegue per statuto.
Nel 2017 la crescita economica media del pil dell'intera Eurozona dovrebbe attestarsi attorno all'1,9% e in Italia, che da anni è il fanalino di coda del Vecchio continente, si posizionerà probabilmente un po' più in basso, tra l'1,3 e l'1,4%. Non è tantissimo, è vero, ma è comunque, il livello più alto dell'ultimo decennio, cioè da quando è arrivata la grande crisi economica del 2008. Inoltre Draghi ha fatto notare ieri che il pil di Eurolandia è cresciuto complessivamente del 3,6% da quando è iniziato il quantitative easing (Qe), cioè il programma di acquisti di titoli di stato e di obbligazioni europee effetuato dalla Bce, per un valore pari a 60 miliardi di euro al mese.
A fare da contraltare ai dati sul pil,ci sono quelli sull'inflazione. Gli ultimi dati di Eurostat di giugno hanno calcolato che il caro-prezzi nell'area euro è calato all'1,3% dall'1,4% di maggio. Si tratta di un dato ben lontano dal 2% fissato come obiettivo dalla Bce per preservare la stabilità dell'Eurozona. Osservando l'inflazione, dunque, Draghi è giunto ieri ha una conclusione: la ripresa è robusta ma i tassi di interesse non vengono alzati perché c'è ancora bisogno di stimoli all'economia.
Non è chiaro quando il quantitative easing giungerà al capolinea ma, per molti osservatori, ci vorranno ancora diversi mesi prima di veder calare in maniera consistente gli acquisti di titoli di stato e di bond dell'Eurozona da parte della Bce. “Appare evidente che la banca centrale europea sta agendo in modo cauto rispetto a qualsiasi possibile annuncio di riduzione degli stimoli di politica monetaria”, commenta Anthony Doyle, direttore investimenti per il segmento del reddito fisso della casa di gestione britannica M&G Investments, il quale ritiene che i tassi d'interesse rimarranno invariati ancora per qualche tempo, fino quando l'inflazione non tornerà a correre davvero.
Per veder risalire i prezzi all'interno dell'Eurozona, però, occorre che ripartano in maniera sostenuta pure i salari, per il momento ancora compressi dopo un decennio di ripresa economica. “Oggi molti Paesi in Europa stanno beneficiando del forte livello di fiducia delle imprese e dei consumatori”, aggiunge tuttavia Doyle, che dunque vede all'orizzonte un irrobustimento dell'economia del Vecchio Continente. Più o meno allo stesso modo la pensa anche Draghi che tuttavia, almeno per adesso, non alza i tassi e continuerà con il quantitative easing fino alla fine dell'anno o anche oltre. Per il presidente della Bce, insomma, è meglio procedere così: con ottimismo ma con cautela