Musica
October 05 2017
L’autunno del 1962 è ancora oggi ricordato in Inghilterra per essere stato uno dei più freddi di sempre, ma anche per il calore e la gioiosa semplicità di Love me do, primo 45 giri dei Beatles pubblicato dalla Parlophone il 5 ottobre del 1962. In pochi, allora, avrebbero scommesso che quei quattro allampanati ragazzi di Liverpool sarebbero diventati la più grande band di tutti i tempi.
In soli otto anni i Fab Four sono diventati il gruppo più importante del “secolo breve”, riscrivendo le coordinate del beat, del pop e del rock, ma soprattutto trasformando la musica leggera da artigianato a vera e propria arte. Perfino le copertine dei 33 giri, a partire proprio da Revolvere poi con Sgt.Peppere Abbey Road, diventarono esse stesse opere d’arte.
Eppure la loro prima canzone, Love me do, era acerba e arrangiata in modo non impeccabile (come confermato dalla stesso McCartney), costruita su due semplici accordi, ma caratterizzata da una freschezza e da un sound che nessun brano pop del 1962 poteva vantare.
Il primo singolo dei Beatles è stato composto da Paul McCartney a soli sedici anni, in una mattinata del 1958 nella quale aveva marinato scuola al Liverpool Institute, e poi completata insieme all’amico John Lennon.
I Beatles avrebbero voluto incidere come primo singolo How do you do it che, però, con il suo ritmo twist-beat suonava già datata.
Il titolo gergale, l’armonica blues di Lennon, l’atmosfera quasi bluegrass e la sua immediatezza convinsero George Martin che Love me do era la canzone giusta per lanciarli sul mercato discografico.
Martin non era però soddisfatto della batteria, tanto che si alternarono nella registrazione Pete Best, Ringo Starr ed Andy White. Nella versione con White, Ringo, accusato di non sincronizzare correttamente la grancassa con il basso di McCartney, fu "retrocesso" ai tamburelli. La versione con Starr compare come facciata A del 45 giri, quella con White nell’album di debutto Please Please me.
La canzone arrivò solamente fino al 17esimo posto nei singoli più venduti in Inghilterra (sembra anche grazie al cospicuo numero di 45 giri acquistati dallo stesso George Martin), ma fu il primo, decisivo tassello di una rivoluzione copernicana nella musica pop.
È impossibile immaginare il rock, il pop, il beat, la psichedelia e buona parte della musica che ascoltiamo oggi senza i Fab Four che, tra l'altro, sono stati anche tra i precursori dell'heavy metal nell'adrenalinica Helter Skelter.
Secondo una classifica della rivista ‘Rolling Stone‘ il migliore album della storia della musica leggera è Sgt.Pepper’s Lonely Hearts club band, mentre 4 dei primi 10 dischi sui 500 recensiti appartengono ai Beatles.
Al di là delle classifiche, non c’è dubbio che i Beatles sono il gruppo che vanta la maggiore influenza musicale nella storia del rock, con decine di band epigone. Nessuna, però, neanche i loro eredi naturali Oasis e Blur, è riuscita a ripetere la magia delle loro canzoni, veri e propri classici che non risentono dell’usura del tempo
Eliminando la figura del frontman unico, i Beatles sono diventati inconsapevolmente le icone di una rivoluzione epocale, non solo in campo musicale. George Martin, colpito dallo spirito cameratesco, dall’energia e dall’ironia dei quattro giovani artisti di Liverpool, comprese che non c’era bisogno di rimettere in discussione quella solida unione, cementata nel periodo dei concerti ad Amburgo, con la scelta di un solo cantante, a scapito del collettivo, il loro punto di forza.
A partire da Revolver, pubblicato il 5 agosto 1966, i Fab Four iniziarono una rivoluzione copernicana anche nel modo di incidere gli album.Prima il disco era una raccolta di singoli, uguali in tutto e per tutto alle canzoni che il gruppo proponeva nei concerti dal vivo.
Con Revolver lo studio di registrazione diventa esso stesso uno strumento, grazie a manipolazione di nastri, sovraincisioni e filtri. Le tecnologie non erano neanche lontanamente paragonabili a quelle di oggi, ma la creatività della band sopperiva ampiamente il gap tecnologico, grazie soprattutto al talento di George Martin, encomiabile nella sua capacità di tradurre in musica le geniali intuizioni di John Lennon e di Paul McCartney.
I Beatles hanno inciso 211 brani, di cui 186 composti direttamente dai Fab Four, la maggior parte firmati dalla coppia Lennon-McCartney. Ciò che impressiona è che oltre la metà sono canzoni straordinarie, tanto che nessuna raccolta da 20-30 brani può ritenersi sufficiente a rappresentare la magia della musica dei Beatles. C'è un altro gruppo per il quale non basterebbe una tripla raccolta per essere rappresentativa della loro discografia?
La band di Liverpool è stata tra le prime a credere nella forma del concept album, che fu poi magistralmente riproposta anche dagli Who e dai Pink Floyd. I dischi non erano più una raccolta casuale di singoli, ma un’opera in sé compiuta, con un filo conduttore e con una ispirazione complessiva che permeava ogni singolo brano, quasi fossero parti di un’unica sinfonia.
Ma forse la rivoluzione più importante dei Liverpool è stata quella di essere il primo gruppo di ragazzi che cantava espressamente per i ragazzi. Prima di loro, la musica leggera era affidata a cantanti impettiti, che interpretavano canzoni svenevoli con l’entusiasmo e con la partecipazione emotiva di un manichino. Non esisteva una musica scritta e composta appositamente per i giovani, i quali si arrangiavano con i 45 giri più “digeribili” presi in prestito dai genitori.
Dal 5 ottobre del 1962, data di uscita di Love me do, tutto è cambiato nel mondo della musica leggera. Se nessun gruppo, negli ultimi 55 anni, è mai riuscito a scalzare i Beatles dal loro trono, un motivo c'è, ed è lo stesso motivo per cui non smettiamo mai di emozionarci quando ascoltiamo le loro canzoni.