Berardi e il modulo-Ventura: non può stare fuori dalla Nazionale

Domenico Berardi ha compiuto 22 anni lo scorso 1° agosto e ha già ha raggiunto quota 40 reti segnate in serie A come nessun'altro dal 1994. Ha iniziato la stagione alla grande (7 gol nelle prime 6 partite), trascinando il Sassuolo dei giovani italiani alla storica qualificazione nel girone di Europa League e al primato in classifica dopo le prime due giornate. La conferma di essere davanti a un giocatore con mezzi tecnici notevoli, forse il migliore della nuova generazione.

Berardi, che in passato ha solo sfiorato la maglia azzurra dei grandi, non è stato convocato da Ventura nella tornata che segna l'inizio della nuova era della nazionale. Non perché infortunato, anche se risponderà alla chiamata dell'Under 21 nonostante l'acciacco al ginocchio, ma per scelta tecnica come il ct debuttante ha spiegato con grande trasparenze nella sua prima a Coverciano.

Questione di adattabilità al 3-5-2 che per Ventura è una sorta di coperta di Linus e il discorso vale anche per El Shaarawy: "Finchè il modulo è questo, gli esterni offensivi troveranno difficoltà di collocazione". Sulla carta poco da dire, se non fosse che il nostro calcio attraversa un momento di grande povertà di talenti. Pensare di rinunciare in partenza a quello di Berardi o, comunque, di vincolarne la traiettoria azzurra all'accettazione di un credo differente dal suo appare operazione tafazziana: integralismo che non può diventare il limite di un ciclo in cui bisognerà raccogliere le forze per andare oltre l'ostacolo (alto) della difficile qualificazione al Mondiale di Russia.

Berardi avrà certamente modo di aggiungere al suo bagaglio anche i movimenti che servono per adattarsi ad altri modi di giocare e Ventura, altrettanto sicuramente, userà un po' più di flessibilità una volta superato lo scoglio di un debutto difficile nel quale preferisce ancorarsi alle certezze che hanno fatto fare bella figura all'Europeo di Francia. Però il messaggio merita di essere lanciato chiaro e netto: Berardi, miglior talento italiano oggi in circolazione, può e deve far parte del prossimo ciclo azzurro. Senza se e senza ma. Decidere a tavolino il contrario sarebbe un controsenso. Un lusso che non possiamo permetterci e che rappresenterebbe uno spreco difficile da digerire.

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