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January 17 2022
da Berlino
Anche se il muro è caduto da un pezzo, Berlino rimane ancora divisa in due, quantomeno da una barriera temporale che separa le tracce evidenti del passato dagli slanci di futuro. Basta prendere a parametro due delle piazze principali: Alexanderplatz, con il paesaggio decadente e un po’ sfasciato dei palazzoni sullo sfondo, parcheggi sventrati, contorsioni di cemento, quel senso (in parte voluto) d’incuria e abbandono che ne scolpisce il fascino; Potsdamer Platz, con le torri di vetro che luccicano la sera e rilanciano il sole di giorno, il Sony Center sotto le vele di una cupola, un’avanguardia architettonica che testimonia un’idea parallela di metropoli.
Lo stesso doppio si ripete al Pergamonmuseum: anche se il celebre altare che gli dà il nome è al momento inaccessibile perché in fase di restauro, l’intrigo di avere ricostruito al chiuso enormi complessi architettonici della storia permane e lascia sbalorditi. La colossale Porta di Ištar che trasporta i fasti di Babilonia in Germania, con i suoi colori vivi, le sagome d’animali, il lungo corridoio che l’anticipa, sa tanto di macchina del tempo. Viaggia all’indietro, mentre a lanciarsi in avanti è il Pergamonmuseum Das Panorama, costola dell’esposizione principale, aperto da pochi anni a un niente di minuti dall’edificio principe.
Qui l’imponenza è racchiusa in una sala sovrabbondante, dove l’artista Yadegar Asisi ha ricostruito il paesaggio a 360 gradi dell’antica metropoli di Pergamo. C’è una copia dell’altare, sullo sfondo arrotondato di uno stanzone circolare che culmina in un tetto a cupola; giochi di luci e di suoni suggeriscono come trascorrevano le giornate gli abitanti, tra feste, sacrifici di animali, abbandoni al piacere e scorci di vita quotidiana. È un po’ troppo americano, nel senso della spettacolarizzazione estrema del termine, ma ai più piccoli e ai bulimici degli stimoli piacerà parecchio. Come la lunga scalinata che conduce fino in cima e, piano dopo piano, permette di apprezzare i tanti dettagli dell’opera. Per una pausa, c’è una squisita caffetteria al piano superiore (il doppio espresso è più che dignitoso). Unica avvertenza: il prezzo applicato non corrisponde a quello esposto, già di suo abbastanza siderale.
All’opposto, per risparmiare, valga un piccolo trucco per un pieno di cultura: sul sito Visitberlin.de è possibile acquistare un biglietto cumulativo a prezzi convenienti (19 euro l’intero; 9,50 euro il ridotto), che dà accesso a sei strutture dell’isola dei musei, il bellissimo polo espositivo e patrimonio UNESCO della città costruito sul fiume Sprea, che offre una lunga passeggiata tra ponti, banchine, angoli da cartoline: da fare comunque, anche senza entrare da nessuna parte.
Con il tagliando collettivo in tasca e un filo d’organizzazione (occorre prenotare lo slot d’ingresso online), si possono vedere tanti capolavori nel giro di una giornata. Oltre al Pergamonmuseum con la sua costola, suggeriamo la Alte Nationalgalerie, una raccolta quasi eccessiva di dipinti e statue ospitate in sale magnifiche. Si va veloce, ma i quadri di Caspar David Friedrich meritano un’attenta sosta, per scatenare inquietudini nell’anima. Per scuotervi passate alla Neue Nationalgalerie, accessibile direttamente dal palazzo che conduce all’esposizione principale del Pergamon: il busto di Nefertiti protetto sotto una teca è un capolavoro di cura, raffinatezza, bellezza. I reperti del periodo egizio, un altro viaggio nel tempo.
Se non siete ancora paghi, qualche ora – magari del secondo o terzo giorno, c’è un limite alla frenesia – merita di essere dedicata all’Hamburger Bahnhof (una stanza, sotto), ex stazione ferroviaria trasformata in una collezione di arte contemporanea. Tanto interattiva quanto contemplativa: qui le opere sono da camminare, attraversare, osservare in piedi, da seduti, sdraiati su grandi cuscini disposti sul pavimento.
Alcune creazioni restano imperscrutabili, altre esondano emozioni. E l’edificio in sé, con la sua imponenza, già di suo costituisce un’attrattiva. Come lo è l’attuale stazione centrale, la Berlin Hauptbahnhof, con i suoi tanti piani, una selva di binari protesi verso approdi multipli. Compreso il nuovo aeroporto, il Berlin Brandenburg, enorme ma ben organizzato, raggiungibile da qui in una mezz’ora con collegamenti continui e a prezzi più che popolari. Lasciate stare il taxi per questo spostamento, farete un favore all’ambiente e al portafogli. Per muoversi in città, in generale, i mezzi pubblici sono puntuali, puliti ed efficienti (su alcuni autobus ci sono pure le porte usb per ricaricare il cellulare). Ed economici: il biglietto valido per 24 ore per le due zone principali costa meno di 9 euro. Quando avete fretta, le applicazioni di Uber e di Bolt fanno arrivare un’auto in pochi minuti, nel punto esatto in cui vi trovate, a prezzi trasparenti, comunicati sul display prima d’iniziare la corsa.
Altre tappe immancabili sono il Duomo: si può salire in cima, come nel Palazzo del Reichstag, con la cupola trasparente. Per una passeggiata tranquilla spingetevi fino a Nikolaiviertel, il quartiere con echi medievali, con le sue stradine piccole e oziose, tirate a lucido. Il contrasto con il brulicare delle vie circostanti fa quasi impressione, sa un po’ di finto ma le orecchie potranno rifiatare da clacson, auto e cigolii dei tram. Poco distante ha preso forma l’Humboldt Forum, l’ultimissimo polmone culturale della città, dialogo tra arte e scienza su 30 mila metri quadri in edifici eleganti e ben curati.
L’East Gallery sta invece un po’ appassendo, diventando l’emblema della gentrificazione selvaggia: accanto ai pezzi del vecchio muro ricoperti di opere d’arte – compreso il celebre bacio tra Breznev e Honecker, popolatissimo per i selfie e le foto ricordo, ma c’è di meglio tra le visioni intorno – stanno nascendo palazzetti e palazzoni, condomini con reticoli di balconi affacciati sul fiume, sedi di start-up arrembanti e alberghi con rooftop chic. L’incanto del luogo risulta un po’ spezzato dagli eccessi edilizi, che sollevano inedite barriere architettoniche. Il nuovo muro di Berlino.
Il passato ritorno a splendere nei pressi dell’Oberbaumbrücke, il ponte a due livelli con torrette svettanti. Conserva un fascino ipnotico, mentre uno scatto con la vecchia metropolitana gialla che lo percorre ogni pochi minuti rimane uno dei souvenir più cari della visita alla capitale tedesca.
Ecco, se le vestigia della East Gallery hanno lasciato un po’ delusi o non hanno restituito appieno la memoria della barriera, si può fare tappa al Gedenkstätte Berliner Mauer (foto sopra): qui l’atmosfera è più tranquilla, quasi ieratica. Varie targhe svelano i dettagli e le fasi delle costruzioni della fortificazione che ha spezzato in due la città e sancito il potere di due filosofie politiche, mentre il sito omaggia chi ha perso la vita tentando di passare da una parte all’altra. Le sensazioni qui sono decisamente più autentiche, quasi tangibili rispetto allo sgonfio Checkpoint Charlie distante circa una mezz’ora, tanto celebre quanto deludente.
Il culmine del Gedenkstätte non è tanto il muro in sé, quanto le porzioni in cui si sventra, si spalanca, s’interrompe. Diventa un quasi niente, una fila orizzontale di piccole travi di sostegno distanziate ma non troppo, quanto basta affinché sia possibile attraversarle con il corpo. Un gesto semplice, un tempo proibitissimo, fatale. Una di quelle tante libertà che oggi diamo per scontate e che Berlino, nel punto esatto in cui ritorna a sé stessa, in cui supera il suo passato senza dimenticarlo, riesce a restituire con splendente intensità.