News
November 04 2013
A Roma e nel Lazio è già dato vincente Gianni Cuperlo. I suoi al momento in modo prudente prevedono che possa superare di poco più il 50 per cento. E lo stesso governatore Nicola Zingaretti, in privato, avrebbe assicurato: «Io Matteo Renzi non lo voto manco morto». Solo un gossip incontrollato, per ora, mentre anche qui infuria la polemica sul gonfiamento delle tessere Pd. Ma nella capitale c’è una variabile di non poco conto che potrebbe anche sparigliare giochi: Goffredo Bettini, ovvero «il re di Roma», ritenuto il potente regista occulto delle elezioni dei sindaci, del puzzle delle nomine, e quant’altro.
Il «re» è un alto borghese ex comunista ingraiano, uomo di vaste letture e dal cervello fino, legato ai cosiddetti poteri forti della capitale. Un’estate fa «Goffredo», cervello fino e modi gioviali, mise i piedi nel piatto mettendo il cappello su Renzi. Poi, contrordine «compagni». A settembre ha fatto un’iniziativa al teatro Eliseo dove ha invitato tutti i concorrenti delle primarie dell’ 8 dicembre. Andarono Cuperlo, Pippo Civati, Gianni Pittella. Il sindaco di Firenze non si abbassò a partecipare. Perché evidentemente avrebbe voluto avere la scena tutta per lui. Ma il potente «Goffredo» non gliela concesse. Innanzitutto perché proprio lui «il re di Roma» del Pd, lui l’artefice dell’elezione a sindaco del renzianissimo Ignazio Marino (raccolse Bettini ben 1200 firme in un giorno per farlo vincere alle primarie), non poteva ridursi a fare la parte del supporter del «fiorentino». E, poi, narrano i maligni, «Goffredo», anzi «Goffredone», vista la stazza fisica, non gradì affatto quella improvvisa piroetta del ministro Dario Franceschini su Renzi. Insomma, troppi galli a cantare nel pollaio pro-Renzi. Di più: Bettini, sempre secondo i maligni, si sarebbe legato al dito la sua mancata candidatura al parlamento europeo voluta dall’allora segretario del Pd Franceschini.
Ma «il re di Roma» del Pd, alla fine se ne frega e va avanti. Ecco perché a Roma c’è la stranezza di avere più di due candidati, come invece al contrario avviene nel resto d’Italia. A Roma concorrono come segretari provinciali il cuperlian-dalemiano, giovane turco, Tommaso Giuntella, il renziano Tobia Zevi, ma anche il sessantenne Lionello Cosentino, con una gran curriculum alle spalle a Roma e nel Lazio. Tanto che Massimo D’Alema sarebbe stato sentire fare un battuta ironica del tipo: «Cosentino? È un po’ come se io mi candidassi al circolo Mazzini, diciamo…».
Cosentino, già consigliere regionale ed ex di innumerevoli altri incarichi, ha uffcialmente detto che comunque andranno le cose alla segreteria di Roma, lui voterà per Cuperlo poi alle primarie. Ma c’è c’è chi teme, che poi deciderà come vuole «Goffredo», vero ago della bilancia delle primarie romane. Al di là di Cosentino, se mutevole è Bettini «il re di Roma», molto più mutevoli si rivelano i suoi «beneficiati» e con molta meno classe del «re» rosso, che in ogni caso agisce sempre sulla base di un disegno politico, con al centro naturalmente se stesso. Un aneddoto, che ancora genera qualche sorriso nel Pd romano: Marino, incominciò a diventare noto al mondo politico dopo che la rivista Italianieuropei lo lanciò come scrittore sulla sanità in qualità di cardiochirurgo. Poi, il non ancora sindaco di Roma litigò a morte con la fondazione dalemiana. Il perché non si è mai capito. Ma lui si incattivì fino al punto che un giorno passò lì davanti a Italianieuropei, in piazza Farnese, scampanellando alquanto rumorosamente, dalla sua bicicletta… Dentro forse dissero: e poi ci sta Marino… Ma lui tirò dritto, con un forte scampanellio.