Dal Mondo
April 10 2024
L’amministrazione Biden continua a rivelarsi confusa sul dossier cinese. Durante il suo recente viaggio in Cina, il segretario al Tesoro americano, Janet Yellen, ha assunto toni piuttosto distensivi nei confronti del Dragone. "Una completa separazione economica non è né pratica né auspicabile", ha detto venerdì la Yellen. "Rifiutiamo l'idea di disaccoppiare la nostra economia dalla Cina”, ha aggiunto. Il segretario al Tesoro ha poi auspicato che le relazioni tra Washington e Pechino viaggino verso una “una direzione costruttiva”.
Certamente non sono mancate critiche a Pechino. La Yellen si è lamentata dell’eccesso di produzione da parte della Cina di prodotti energetici green, accusando inoltre il Dragone di “pratiche sleali”. Non solo. Il segretario al Tesoro ha anche minacciato delle “conseguenze significative” se le aziende cinesi “sosterranno la guerra della Russia contro l’Ucraina”. Tuttavia, al netto di queste divergenze, è evidente che le parole del segretario al Tesoro contro il “disaccoppiamento” vanno lette come una significativa mano tesa a Pechino. Tra l'altro, nella giornata di sabato, la Yellen ha concordato con il vicepremier cinese, He Lifeng, di avviare dei colloqui a favore di una crescita economica “bilanciata”.
Il viaggio del segretario al Tesoro è avvenuto pochi giorni dopo l’ultima telefonata tra Joe Biden e Xi Jinping: una conversazione in cui, pur dicendo di voler cooperare su alcuni fronti, i due leader sono apparsi piuttosto distanti su Taiwan, TikTok, pratiche commerciali e crisi ucraina. Lo stato complessivo delle relazioni tra Washington e Pechino è d’altronde altalenante. Pochi giorni fa, funzionari militari statunitensi hanno incontrato i loro omologhi alle Hawaii per “discutere del sostegno alla sicurezza operativa e alla professionalità marittima e aerea”. Eppure, a fine gennaio, il Pentagono ha inserito una decina di aziende cinesi nella lista delle società sospettate di collaborare con l’Esercito popolare di liberazione. Lo stesso Biden ha spesso avuto degli atteggiamenti ai limiti della contraddizione nei confronti del Dragone in questi anni (si guardi soprattutto alla questione taiwanese). Una situazione, questa, che affonda le sue radici nel fatto che l’attuale amministrazione americana è internamente spaccata sul dossier cinese.
Non è un mistero che, all’interno dell’amministrazione Biden, la Yellen rappresenta uno dei profili maggiormente inclini a tenere una linea soft nei confronti del Dragone. Su posizioni distensive era collocato anche l’allora inviato speciale per il clima, John Kerry: posizioni distensive incarnate altresì dal suo successore, John Podesta. Dall’altra parte, il consiglio per la sicurezza nazionale americano è orientato verso una linea di maggiore severità verso il Dragone. Il problema è che la debole leadership di Biden non è finora riuscita a trovare una sintesi efficace tra queste posizioni discordanti: il che, come accennavamo, ha prodotto una serie di atteggiamenti contraddittori. Atteggiamenti contraddittori che hanno contribuito a indebolire la deterrenza statunitense nei confronti del Dragone (basti pensare che, a partire dal 2022, la pressione militare cinese su Taiwan è significativamente aumentata).
Ma questo è solo un lato del problema. Sì, perché all’orizzonte emerge anche un nodo di natura elettorale. La coalizione elettorale che, nel 2020, ha portato Biden alla Casa Bianca è spaccata sulla questione cinese. Da una parte, ci sono le grandi realtà economiche che, da Wall Street alla Silicon Valley, premono per una distensione con Pechino: è proprio di questi mondi che si fa principalmente portavoce la Yellen. Dall’altra, i colletti blu della Rust Belt invocano un approccio duro sul commercio: un approccio più vicino a quello che fu adottato dall’amministrazione Trump. Si tratta di un dilemma rilevante per Biden a pochi mesi dalle elezioni presidenziali.