Biden fa marcia indietro sulla svolta green

“Avvierei una transizione dall'industria petrolifera, sì. L'industria petrolifera inquina in modo significativo. Deve essere sostituita con energia rinnovabile nel tempo”. Queste furono le parole pronunciate il 22 ottobre 2020 dall’allora candidato presidenziale dem, Joe Biden. Parole che, nel tempo, sono invecchiate molto male. L’attuale presidente americano ha infatti recentemente approvato il Willow Project: un mega piano di trivellazioni in Alaska, che sarà condotto dal gigante petrolifero ConocoPhillips. Il progetto aveva ottenuto inizialmente il via libera dall’amministrazione Trump nell’ottobre del 2020 ma era stato sospeso l'anno successivo da una corte distrettuale.

La recente mossa di Biden ha scatenato un putiferio nel mondo ambientalista americano, che ha accusato il presidente di aver tradito la sua promessa elettorale contro gli idrocarburi e che ha già fatto causa per cercare di bloccare il progetto. A nulla sembra essere valso il tentativo, da parte della Casa Bianca, di bilanciare l’ok al Willow Project con delle significative misure ambientaliste, come la riduzione del numero di piattaforme originariamente previste e il divieto di ulteriori trivellazioni su ben 16 milioni di acri nel territorio e nelle acque dell’Alaska: gli ambienti del progressismo green americano sono sul piede di guerra e critiche a Biden, negli scorsi giorni, sono arrivate anche dall’ex vicepresidente degli Stati Uniti, Al Gore.

Il Willow Project è un piano dal valore complessivo di otto miliardi di dollari e, secondo il Washington Post, punta a produrre tra i 576 e i 614 milioni di barili di petrolio nei prossimi trent’anni. Il progetto ha ricevuto l’endorsement bipartisan dell’intera delegazione parlamentare dello Stato dell’Alaska, mentre ConocoPhillips stima che potrebbe garantire fino a 17 miliardi di dollari di entrate per il governo statale e federale, creando oltre 2.800 posti di lavoro in loco.

Ora, è chiaro che, dal punto di vista politico-elettorale, l’ok al Willow Project rischia di danneggiare seriamente Biden. Non solo ha sconfessato una sua promessa del 2020, dando il via a un progetto che era già stato benedetto dal suo predecessore. Ma, più nello specifico, rischia di alienarsi una parte di quel voto giovanile che lo sostenne alle ultime presidenziali: un bel grattacapo per lui, soprattutto in considerazione di un’eventuale ricandidatura alla Casa Bianca. Eppure, a inizio presidenza, Biden sembrava voler dare seguito alle sue promesse green, tanto che, appena insediatosi, decise di bloccare la realizzazione dell’oleodotto Keystone Xl. E quindi? Che cosa è successo?

È successo che il presidente americano ha dovuto fare i conti con la realtà: una realtà che si è rivelata più forte delle sue promesse demagogiche e dell’ideologia settaria di certo progressismo ambientalista. La Casa Bianca sembra, insomma, essersi accorta che, oltra al lato giustamente ambientale, la sostenibilità deve presentare anche una valenza socioeconomia e (soprattutto) geopolitica. Il tema dell'indipendenza energetica è infatti sempre più avvertito negli Stati Uniti. E, ad agosto del 2021, Biden si attirò aspre critiche per aver chiesto all’Opec di aumentare la produzione petrolifera: gli ambientalisti, anche allora, lo tacciarono di tradimento, mentre i repubblicani sostennero che stava mettendo a repentaglio la sicurezza nazionale.

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