Big Fish & Begonia, si apre la porta del cuore – La recensione
È tutto così avvolgente e seduttivo in Big Fish & Begonia (in sala dal 21 giugno, durata 107’) da liberare la migliore fantasia e ritrovare gli aromi croccanti delle favole antiche. L’animazione è cinese, i registi sono due, Liang Xuan e Zhang Chun, l’effetto è sospeso a mezz’aria tra i fratelli Grimm e Hayao Miyazaki, grafiche tradizionali e sviluppo digitale, razionalità e sentimento, metempsicosi e taoismo sugli sfondi di una trascendenza e di un concetto di trasmigrazione dominanti lungo tutto l’arco del film.
Detta così, la cosa sembrerebbe complicata. Specie per il pubblico dei piccoli cui l’opera appare diretta in termini di utenza privilegiata. In verità la storia è semplice, fruibile, di certo incantatrice; e la sua platea ideale è molto vasta. Affascinante anche alla sola superficie di visione, il manufatto si apprezza assai nei suoi contenuti e nella struttura narrativa, nei colori e nella magia emanati costantemente dalle dinamiche di un racconto che, a momenti, sembrerebbe ricondurre, a parti ribaltate, all’epilogo della fiaba di Biancaneve. Naturalmente in tutt’altra cornice mistica.
Viaggio in un mondo arcano a due dimensioni
Gli elementi che costituiscono l’habitat della storia sono tre, l’acqua, l’aria e la terra (ci sarebbe anche il fuoco ma incide pochino); i personaggi principali sono due, la sedicenne Chun, la Begonia del titolo e un giovane pescatore che le grandi leggi dell’universo, perfino infrante, fanno prima perdere poi ritrovare. In un mondo dalla doppia dimensione, quella terrestre che conosciamo e quella ultra-submarina, ben più misteriosa e spirituale, dove i paciosi abitanti – generati da pesci discesi dal cielo per popolare il Mare Primordiale – hanno il compito di proteggere e conservare le anime degli umani.
Quell’esperienza terrena come un rituale iniziatico
Colà vive, appunto, Begonia. La quale, compiuti 16 anni, secondo le regole della sua gente, deve attraversare il portale del tempo e dello spazio in una sorta di rituale iniziatico per visitare, trasformandosi in delfino rosso, la sfera degli umani e farne esperienza prima di tornare col suo popolo al nuovo schiudersi del varco spaziotemporale. Se non che la delfinetta dal cuore sensibile, già incantata a prima vista dal giovane pescatore e dal suono fatato del suo flauto, si confonde un po’ e perde la rotta del ritorno, restando pure incastrata tra le maglie di una rete e rischiando di perdere l’appuntamento col portale.
Un pescatore generoso che merita di rinascere
In suo soccorso, richiamato dagli squittii d’aiuto, arriva proprio il pescatore, che lottando con le onde e il dimenarsi del pesce in trappola, riesce a liberarla ma ci rimette le penne, pagando con la vita quell’atto di eroismo. Sarebbe finità lì se Begonia, una volta tornata nel suo mondo grazie alla generosità del suo salvatore, non ripensasse al ragazzo in termini diversi dalla semplice riconoscenza, preda di strane e sconosciute vibrazioni sentimentali. Tanto intense da indurla a infrangere le leggi del proprio universo rintracciando l’anima del giovane per riportarla in vita nelle forme di un delfino, il Big Fish in futuro capace, chissà, di trasmigrare a sua volta nel corpo del pescatore.
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