Musica
May 03 2020
Bob Dylan, con quasi settantanove primavere sulle spalle, non ha più la voce ammaliante degli anni Sessanta, ma conserva intatti un carisma e un'intensità interpretativa che non ha eguali nella musica contemporanea, come confermano anche i recenti brani Murder most foul e I contain multitudes, che hanno illuminato questi strani giorni di quarantena. Dylan è il cantautore più influente della storia del rock, che da portavoce del movimento pacifista degli anni Sessanta, quasi suo malgrado, è diventato via via un'icona di straordinario carisma.
Non sono stati né la voce, né il virtuosismo strumentale, né le strutture musicali piuttosto semplici a rendere Dylan una leggenda, ma un aspetto a cui purtroppo oggi si presta sempre meno attenzione: la parola. In un periodo, l'inizio degli anni Sessanta, nel quale i testi erano poco più che un pretesto, Robert Zimmerman, ha dichiarato al mondo che la poesia non era solo quella che si leggeva nei libri, ma anche quella che giungeva attraverso la radio. Le sue canzoni erano evocative, ricche di metafore e di figure retoriche, spesso oscure, indubbiamente di grande fascino. Per questo Dylan è stato insignito nel 2016 del Premio Nobel per la Letteratura, con la motivazione di aver "creato una nuova espressione poetica nell'ambito della tradizione della grande canzone americana". Ai suoi primi album si deve la rinascita del folk, in un periodo in cui le classifiche erano dominate dai ritmi sincopati del beat, per poi attirarsi, nella seconda metà degli anni Sessanta, le critiche degli integralisti del genere, che non accettavano l'uso della chitarra e dell'armonica amplificate. Blonde on Blonde, pubblicato il 16 maggio del 1966, è il coronamento di una prima parte di carriera straordinaria e irripetibile, con sei capolavori su sette album pubblicati.
L'album, in un periodo in cui i 33 giri erano formati da 8-9 brani, conteneva ben 14 brani, quasi tutti di durata superiore a i 5 minuti. Per questo fu necessario stamparlo su due 33 giri, cosa mai accaduta prima d'ora, apparentemente un suicidio commerciale, visto il costo del disco. Per questo Blonde on Blonde è il primo doppio album della storia del rock, seguito ad agosto da Freak out di Frank Zappa. Il sound rock-blues di Blonde on Blonde, descritto da Dylan come "sottile, sfrenatamente mercuriale", fu esattamente quello che Dylan aveva già in testa fin da Highway 61 Revistited, ma qui ancora più compatto e rifinito. Merito degli straordinari musicisti che lo accompagnarono in studio: la Band al completo, l'organista Al Kooper, il chitarrista degli Hawks Robbie Robertson e turnisti locali come il batterista Kenneth Buttrey e il pianista Hargus "Pig" Robbins. Durante una delle session negli studi Columbia di Nashville dà un piccolo contributo anche Johnny Cash, anche se il suo nome non appare nei credits del disco. Il nome di Dylan non è il primo a venire in mente quando si pensa alla stagione del rock psichedelico, eppure il bardo di Duluth ha candidamente confessato di aver assunto molte droghe durante le sessions di Blonde on Blonde.
Emblematico, in questo senso, è il brano di apertura Rainy Day Women #12 & 35 in cui Dylan afferma, con voce evidentemente alterata da sostanze psicotrope, "everybody must get stoned". Sono in molti a sostenere che alcuni dei migliori testi mai realizzati da Dylan, si pensi a Visions of Johanna, una visione dilatata del mondo di notte piena di amarezza e misoginia,Just like a woman e a Rainy Day Woman #12 and 35, si trovino in Blonde on Blonde. È incredibile la facilità con la quale l'artista scriveva canzoni indimenticabili, una dopo l'altra, chiuso in studio di registrazione mentre i suoi musicisti giocavano a carte, in attesa che il brano fosse pronto. Si pensi alla magnifica Just Like a Woman, che si vocifera sia stata scritta per Edie Sedgwick, alla lunghissima Sad-Eyed Lady of The Lowlands, dedicata alla moglie Sara, quasi un manifesto dei cuori spezzati, alla sensualeTemporary Like Achilles, alla festosa Most Likely You Go And I'll Go Mine, al surrealismo bluesy di Stuck Inside of Mobile With the Memphis Blues Again, all'incalzante Absolutley Sweet Marie, caratterizzata da due indimenticabili assoli di armonica. Non è certo un mistero che John Lennon fosse un grande ammiratore di Bob Dylan, che qui, in 4th Time Around, sembra quasi ricambiare a sua volta l'ammirazione con un brano lisergico che strizza l'occhio alle atmosfere di Nowegian Wood, pubblicata dai Beatles un anno prima nell'album Rubber Soul. L'irresistibile rock 'n' roll di I want you piacque così tanto a Dylan che fu tentato di chiamare così l'intero album. Nella prima edizione americana di Blonde on Blonde si trovava nell'artwork interno anche una foto della nostra Claudia Cardinale, ma lo scatto con l'attrice italiana è stato eliminato nelle successive edizioni, come quella rimasterizzata del 2003 oggi in commercio. L'iconica immagine di copertina con il volto beffardo di Dylan, realizzata dal fotografo Jerry Schatzberg, è volutamente sfocata, mentre la musica di Blonde on Blonde è perfettamente a fuoco.