La lezione di Boeing che licenzia i vertici dopo i guai e gli errori
L’amministratore delegato della Boeing Dave Calhoun ha annunciato l’intenzione di dimettersi entro la fine dell’anno. La decisione è emersa nel contesto di una radicale revisione delle alte linee dirigenziali del produttore di aerei mentre l’azienda lotta ancora per risanare la propria reputazione dopo le vicende degli ultimi anni, fino all’episodio della perdita di un portello sul B-737 Max che operava il volo 1282 di Alaska Airlines, avvenuto il cinque gennaio scorso. A lasciare lo storico costruttore aeronautico sarà anche Larry Kellner, presidente del consiglio di amministrazione, che ha sottolineato come l’avvicendamento sia necessario per “completare nei prossimi mesi il fondamentale lavoro in corso per stabilizzare e posizionare l’azienda per il futuro”.
Mentre gli incidenti tragici del Max avvenuti a causa del software associato al sistema Mcas sono ormai considerati superati, nonostante i 346 morti, il drammatico incidente dell’Alaska Airlines, seppure non abbia causato decessi tra gli occupanti del velivolo, ha costretto a terra ben 171 jet del tipo Max-9 per diverse settimane causando, alla sola compagnia dell’Alaska, 150 milioni di dollari di mancati incassi. La sequenza di dimissioni è comunque cominciata da settimane con quelle di Stan Deal, capo della divisione commerciale di Boeing, sostituito da Stephanie Pope, direttore operativo del gruppo. “Gli occhi del mondo sono puntati su di noi e so che supereremo questo momento diventando compagnia migliore”, ha detto Calhoun, “rimarremo totalmente concentrati sul completamento del lavoro che abbiamo svolto insieme per riportare la nostra azienda alla stabilità dopo le straordinarie sfide degli ultimi cinque anni, con sicurezza e qualità in prima linea in tutto ciò che facciamo”.
Steve Mollenkopf, che è stato Ceo e direttore tecnico della società di telecomunicazioni Qualcomm, fa parte del consiglio di amministrazione della Boeing dal 2020, è stato candidato a sostituire Kellner come presidente e delegato a guidare la ricerca del sostituto di Calhoun. Ciò che stupisce in questa vicenda è che fino a oggi, nella maggioranza degli avvicendamenti, è sempre stata privilegiata una scelta interna, contrariamente a quanto tendono a fare altri grandi costruttori aeronautici.
Ma il motivo è legato essenzialmente alle forniture militari, che da sole nel 2023 hanno portato nelle casse dell’azienda 25 miliardi di dollari e al controllo delle azioni: nel febbraio 2019 il loro valore era arrivato a circa 440 dollari, mentre a fine settembre 2022 erano sprofondate a 121. La notizia delle dimissioni del vertice aziendale ha portato nella giornata di lunedì 25 marzo a un lieve rialzo, e nel momento in cui scriviamo sono quotate 191.2 dollari. La sola divisione degli aeromobili conta oltre 60.000 addetti, mentre la somma delle tre divisioni (aeromobili commerciali, difesa, spazio e sicurezza) ne totalizza 145.000. Dopo un 2020 più che impegnativo a causa degli effetti della pandemia, il triennio 2021-2023 è stato ripresa per i due maggiori produttori di velivoli, ovvero Airbus e Boeing, ma quest’ultima ha ancora molta strada da fare prima di stabilire nuovi record di consegne, mentre Airbus potrebbe tornare ai livelli pre-pandemia già a giugno di quest’anno. Secondo gli analisti di Forecast International e Honeywell, nel 2024 Boeing e Airbus avrebbero dovuto consegnare rispettivamente oltre 600 e più di 850 jet commerciali, incluse le varianti militarizzate come le aviocisterne e i pattugliatori, ovvero aeromobili derivati da modelli civili.
Ma dopo gli eventi di gennaio il colosso statunitense aveva deciso di rinunciare a pubblicare le previsioni di produzione per concentrarsi sui miglioramenti al processo produttivo e alla sicurezza.
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