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Difesa e Aerospazio

​Boeing pensa allo stop dei programmi non indispensabili, rischio cessione per la divisione Spazio

“Fare meno e fare meglio” queste le parole del numero uno di Boeing Kelly Ortberg, che ha così sintetizzato la ricetta che intende applicare per rimettere in ordine i conti del costruttore aerospaziale statunitense. La dichiarazione è avvenuta ieri, dopo che sono stati resi noti i pessimi numeri riguardanti il bilancio del terzo trimestre di quest’anno, chiuso con una perdita di 6,17 miliardi di dollari, la peggiore dal 2020, su ricavi per 17,8 miliardi, con un flusso di cassa risultato negativo per 1,3 miliardi. Durante la presentazione Ortberg ha evidenziato la necessità di un “cambio culturale fondamentale per integrare nuovamente la dirigenza aziendale con l’attività e con coloro che disegnano e producono i nostri prodotti”.

Poche ore dopo, i lavoratori che erano chiamati a esprimersi sulla proposta per terminare lo sciopero in corso dal 13 settembre l’hanno rigettata, dando così un colpo durissimo sia a Boeing, sia all'amministrazione Biden, che ha lottato per una risoluzione della controversia. Nella notte italiana il 64% dei 33.000 membri del sindacato International Association of Machinists and Aerospace Workers ha votato per respingere il contratto con questa dichiarazione: “Dopo 10 anni di sacrifici abbiamo ancora molto da recuperare e speriamo di riuscirci riprendendo prontamente le trattative.” L'ultima proposta contrattuale includeva un aumento salariale del 35% nel corso del contratto quadriennale, il ripristino dei bonus, l’incremento del contributo aziendale e un bonus di ratifica di 7.000 dollari. Risultato, le azioni Boeing sono scese di un altro 3% portando la riduzione di valore a -40% rispetto a un anno fa.

Riguardo il prossimo futuro, Ortberg, che è alla guida di Boeing da agosto, sostiene che gli aeroplani commerciali e soprattutto militari rimarranno al centro della produzione aziendale, ma che “alcune cose marginali” potrebbero non essere più prodotte. “Ci vorrà molto lavoro e non saremo in grado di agitare una bacchetta magica per sistemare le cose” ha spiegato il Ceo, “abbiamo firmato alcuni accordi e contratti che sono effettivamente problematici”. La realtà è che i programmi di sviluppo approvato con un prezzo fisso hanno trascinato verso il basso il ramo Difesa dell'azienda, causando miliardi di dollari di perdite. Si tratta di uno degli scollamenti più tipici tra la cultura finanziaria, che tende al controllo continuo dei costi, e la realtà dell’ingegneria e della ricerca, che in aviazione è sempre foriera di imprevisti tecnici, compromessi e varianti. La questione è molto complessa perché su questi prodotti Boeing, anche volesse, non può più tirarsi indietro, mentre potrebbe prendere in considerazione tagli ad altri programmi di difesa non essenziali. Avendo già annunciato di dover ridurre la forza lavoro del 10% (circa 17.000 persone), è lecito chiedersi quali progetti militari verranno abbandonati, e stante la necessità di mantenere i programmi di aeromobili e armi, sulla graticola potrebbero finire i programmi spaziali, sempre che qualcuno sia disposto ad acquisirli. Come la società Sierra Space, che tempo fa aveva preso in considerazione l'acquisto di ULA, il vettore spaziale costituito da Boeing e Lockheed, ma di questa operazione non si seppe più nulla. “Decideremo entro l’anno che cosa fermare, cedere o mantenere” ha detto il manager, “poiché per rimettere a posto i conti degli attuali programmi di difesa e preparare i contratti futuri, Boeing deve concentrarsi sulle cose che può controllare, come per esempio il modo in cui stimano il costo totale di un progetto. Sappiamo come gestire questi programmi, ma abbiamo perso un po' di disciplina. Non credo che i nostri dipendenti negli uffici siano abbastanza vicini a quelli che lavorano nelle fabbriche per identificare che cosa ci impedisce di avere successo, e quindi abbiamo apportato alcune modifiche in tal senso.” I maggiori “buchi” nel settore militare, riguardano due miliardi di dollari mancanti e spesi in parte sul progetto dell’addestratore T-7, sul rifornitore KC-46, per la navicella spaziale Starliner e per il rifornitore senza pilota MQ-25. Il capo della finanza aziendale (Cfo), Brian West, ha spiegato agli investitori: “L'entità di queste perdite è aumentata principalmente per i maggiori costi di produzione del programma T-7A, principalmente sui contratti nel 2026 e oltre, e una valutazione aggiornata degli impatti sul programma KC-46A associati allo sciopero e alla decisione di concludere la produzione del B-767 cargo”. Di fatto lo sciopero sta colpendo i programmi di difesa dell'azienda poiché gli stabilimenti fermi sono quelli che costruiscono il rifornitore KC-46 dell'Air Force, che deriva da un modello commerciale, così come i pattugliatori marittimi P-8 fatti per la Marina Militare. Ma la divisione militare, dopo l’allontanamento del responsabile Ted Colbert, non ha ancora un nuovo capo e, interrogato sulla sostituzione, Ortberg non ha voluto sbilanciarsi sulla possibilità di nominare una persona interna o esterna all'azienda.

La riorganizzazione al momento non dovrebbe avere impatto sull’indotto italiano, in quanto Leonardo, che gestisce il sito produttivo di Grottaglie, dove vengono costruite parti del B-787 Dreamliner, ha da tempo messo in atto un programma per differenziare la produzione nonostante Boeing, nella primavera scorsa, avesse confermato piani di crescita grazie agli oltre 500 esemplari dell’aeromobile presenti nel portafoglio ordini. Invece, riguardo l’acquisizione di nuovi velivoli aerocisterne per l’Aeronautica, secondo indiscrezioni interne alla Forza armata, che sta procedendo con le valutazioni, la preferenza cadrebbe sugli Airbus A330-Mrtt al posto di acquisire nuovi Boeing Kc-46 Pegasus (Kc-767B).

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