Economia
July 30 2018
I progetti di Tito Boeri? "Mettere le mani nel portafoglio a milioni di pensionati". Con questa frase, pronunciata il 5 novembre 2015 dall'allora ministro del lavoro Giuliano Poletti, si toccò il punto di non ritorno tra il presidente dell'Inps e il governo di Matteo Renzi, che sentenziò: "Non si tagliano le pensioni". E così fu.
All'epoca, a difesa di Boeri si schierarono i 5 Stelle e persino la Lega. Per dire, Alberto Brambilla, due volte sottosegretario al Lavoro, oggi candidato unico da Matteo Salvini a sostituire proprio Boeri, applaudì a una delle iniziative più osteggiate dai renziani. Ovvero la diffusione, da parte del solito Boeri, della cosiddetta "busta arancione", il documento che stima quanto varrà l'assegno pensionistico a fine carriera. Ecco, la storia del tecnico amico solo se asseconda i desiderata dei governanti è antica come la politica. La sua neutralità non è ben accetta, e anche per i gialloverdi Boeri si è trasformato in nemico da abbattere.
Il prossimo sarà Giorgio Alleva, presidente dell'Istat. Alla guida dell'Istituto di statistica dal 2014, il suo mandato è scaduto il 15 luglio. Ma per nominare il successore c'è tempo fino al 30 agosto. E infatti alla fine di giugno Alleva è stato uno dei primi a essere messi in guardia: ci ha pensato la sottosegretaria all'Economia, Laura Castelli, una 5 Stelle purosangue, a stabilire che l'Istat doveva necessariamente mettere in atto una sinergia "con la politica per il raggiungimento degli obiettivi del contratto di governo".
D'altronde chi ha detto che la statistica deve per forza essere imparziale? Si può tirare da una parte o dall'altra, giusto? Ed ecco perché il governo avrebbe già individuato il sostituto di Alleva: le voci di Palazzo (Chigi) indirizzano verso Gian Carlo Blangiardo, vice-direttore del dipartimento statistica e metodi quantitativi dell'Università Bicocca di Milano. Uno che in passato aveva espressamente criticato Boeri.
Tutto torna, insomma. O tornerà. Infatti, toccherà probabilmente cambiare aria pure a Daniele Franco. Al ragioniere generale dello Stato l'8 maggio è stato prorogato il mandato per un anno dal governo Gentiloni. Spetta a lui apporre il "visto" sui provvedimenti che prevedono delle spese. Ed è stato proprio lui a chiedere a Boeri di stimare quanti posti di lavoro sarebbero andati perduti per effetto della stretta sui contratti a termine contenuta nel decreto dignità di Luigi Di Maio. Da allora è il nemico (numero 2) del M5s.
Come è stato fatto trapelare dai grillini, viene valutato come una delle tante "vipere" da rimpiazzare con "persone di fiducia". E Franco, come da legge dello Stato, può essere rimosso entro 90 giorni dal giuramento di Giuseppe Conte.
I gialloverdi ora hanno preso di mira pure la Consob. Il neopresidente dell'Autority Mario Nava, accusato di "incompatibilità con l'attività di vigilanza", è vittima di un attacco semi-frontale. La sua colpa? Essere "in distacco" dalla Commissione europea, dove ricopriva il ruolo di dirigente prima del trasloco a Roma.
Eppure la sua nomina, avallata dal Quirinale e dalla Corte dei Conti, aveva brillantemente superato tutti gli iter. Il problema, semmai, è un altro: Nava è un europeista di ferro, collaboratore di Romano Prodi quando era presidente della Commissione Ue (2001-2004), con progetti fin troppo ambiziosi, tipo (apriti cielo!) tenere la politica fuori dalla Consob per preservarne l'indipendenza.
Dunque, insoddisfatti dalle circa 350 nomine in enti pubblici a loro disposizione nei prossimi due anni, leghisti e grillini pensano pure di avvicendare chi in bilico non sarebbe. Prendiamo la Consip. Cristiano Cannarsa, amministratore delegato della centrale acquisti della Pubblica amministrazione, dovrebbe scadere a fine 2019. Ha un difetto, però: è stato nominato da Renzi.
E la Consip nell'ottica pentastellata è strategica per dimostrare sugli appalti pubblici un'efficienza che tarda a manifestarsi. Anche per l'opposizione del ministro dell'Economia, Giovanni Tria, a progetti faraonici come il reddito di cittadinanza fa storcere il naso ai gialloverdi. Ma al momento Tria è l'unico "uomo dei conti" intoccabile, pena la reazione furibonda dei mercati. Sennò pure lui, a quest'ora, dovrebbe guardarsi le spalle dai suoi presunti amici.
(Articolo pubblicato nel n° 32 di Panorama, in edicola dal 26 luglio 2018, con il titolo "Ecco tutti gli uomini (dei conti) nel mirino")