Lifestyle
August 06 2017
L'ultima recita senza vittoria per Usain Bolt apre il dibattito. Ha sbagliato il giamaicano, leggenda dello sprint su pista, ad accettare il Mondiale di Londra come ribalta l'addio a coronamento di una carriera da urlo? Poteva (doveva) fermarsi prima? O il bronzo conquistato alle spalle di Gatlin e Coleman è comunque una medaglia da aggiungere alla straordinaria collezione senza indulgere nel rimpianto?
Se si mettono in fila i successi di un decennio da dominatore la risposta è semplice: Bolt ha perso un'imbattibilità che tra Mondiale e Olimpiadi durava dal 2007, anno del ko nella finale dei 200 metri contro Tyson Gay. Nel 2011 a Daegu era stato messo fuori dalla squalifica per falsa partenza nei 100 e l'oro della staffetta olimpica di Pechino 2008 gli è stato tolto per la positività del compagno di squadra Carter.
A Londra Bolt ha perso perché non è mai stato nel pieno della condizione. Lo si era intuito nella marcia di avvicinamento al Mondiale e lo si è capito nel corso dei turni preliminari che lo stesso giamaicano ha attraversato senza entusismarsi. Non solo una questione di tempi.
Nella finale è partito come tradizione più lentamente degli avversari e a differenza di tante altre volte gli è mancato lo spunto da subito per risucchiarli anche se l'oro è rimasto distante di soli 3 centesimi di secondo. A quasi 31 anni non c'è da stupisri, anche se il nuovo campione del mondo Gatlin ha vinto a 35 anni 176 giorni come nessuno mai prima di lui. Però Bolt è parso meno fulmine di sempre.
Bolt poteva vincere ma anche perdere, come poi è accaduto. Poteva anche scegliere di fermarsi prima, alle Olimpiadi di Rio de Janiero e all'ultima magnifica tripletta (100, 200 e staffetta) come a Pechino (poi tolto l'oro della 4x100) e Londra. Poteva ma non l'ha fatto e ha reso un grande servizio all'atletica leggera mondiale e allo sport in generale.
In un'epoca di scandali, doping ed esclusioni che hanno amputato le grandi manifestazioni, è stato lui a reggere il cartellone. Personaggio istrionico, fuoriclasse assoluto in pista, mattatore fuori: il volto pulito in un mondo che ha via via perso i suoi punti di riferimento. Ecco perché anche l'ultima recita era doverosa. L'atletica aveva bisogno ancora di Bolt e lui ha risposto presente.
La prova? Il gelo e i fischi con cui Londra ha accolto l'oro di un personaggio dal passato equivoco come Gatlin, considerato quasi un usurpatore mentre invece, come tanti altri, è semplicemente un atleta rientrato dopo lunga squalifica. Dunque grazie Bolt, anche di essersi scoperto umano nell'ultima notte in pista. Chiuderà con la staffetta, ma il peso dell'eredità che lascia è molto più grande della semplice contabilità dei titoli. Dopo Londra nasce una nuova era. Cercasi protagonista.